In questa foto è possibile osservare la macchina da scrivere “portatile” degli ultimi anni di Luigi Pirandello. Tale “strumento del mestiere”, è conservato nella casa romana dove il grande drammaturgo morì (10/12/1936), in via Antonio Bosio 13b, non distante da Villa Torlonia. Non posso che raccomandare, a chi mi segue sul blog, una visita a questa casa-museo, dove molte cose sono rimaste al proprio posto. La “portatile” cui ho accennato, per esempio, è quella sulla quale si posa un dito della mano di Pirandello in una foto famosa di qualche anno prima della morte, con lo scrittore seduto vicino alla scrivania (anch’essa conservata intatta fino ai giorni nostri). Occorre rammentare che, all’indomani della morte, per precisa volontà testamentaria, il corpo di Pirandello venne adagiato sul carro dei poveri; deludendo non poco il regime mussoliniano che avrebbe desiderato esequie in pompa magna per un premio Nobel: sempre più scomodo, peraltro, col proprio “pessimismo”, per la propaganda fascista. A questo punto, non posso che ripetermi. Provate questo autentico “tuffo” nel passato! ammirando, ad esempio, nello studio di via Bosìo, i dipinti di Fausto Pirandello, pittore famoso e figlio di Luigi; a voler tacere del resto…per quanto mi riguarda, dopo aver visitato un simile luogo, rileggerò con vivo interesse il Mattia Pascal, uno dei romanzi chiave del Novecento europeo (1904). Non a caso, nell’inserto libri del quotidiano La Stampa di sabato scorso 29 gennaio, Guido Davico Bonino ha sostenuto che, in tempi convulsi come i nostri (avversi alla lettura), meglio faremmo a leggere il suddetto libro e La coscienza di Zeno di Italo Svevo, rispetto ai quasi illeggibili capolavori di James Joyce, o dei romanzi-fiume di Proust e Musil. Invito discutibile? e sia, ma col pregio di ricordarci che, un tempo, siamo stati come minimo “europei”; in virtù di scrittori della statura di Pirandello e Svevo, per l’appunto (ogni riferimento allo stato attuale del Belpaese dal punto di vista socio-politico-culturale è puramente voluto).
Carissimo amico,
sei andato a visitare l’abitazione dell’artista che ha riempito le pieghe della mia infanzia!
Ho immaginato il grande Luigi battere sul ‘portatile’ “L’uomo dal fiore in bocca”, la prima novella che lessi a nove anni e che mi impedì di dormire.
E citi “Il fu Mattia Pascal”, il capolavoro dell’adolescenza, l’argomento che trattai nel corso dell’esame di maturità, portando avanti un ingiusto… per l’autore dei Malavoglia… parallelo Verga- Pirandello.
Non riuscivo a concentrarmi sul primo; la capacità di creare situazioni complesse,
doppie identità, vite condotte sul filo del rasoio di Pirandello, mi rapiva in modo totalizzante.
E quanto hai ragione nell’invitare a tornare sui passi di autori come Pirandello e Svevo in un momento in cui si ha il quotidiano dolore di veder svilite le proprie radici!
Sono allineata con te, amico mio… e visiterò quella casa con i brividi a fior di pelle.
Sei l’Ulisse di un blog d’altissimo spessore.
Grazie. Ti abbraccio forte.