Già il 27 gennaio di un anno fa mi sono permesso di ricordare su questo sito come, nella GIORNATA DELLA MEMORIA, fosse dolce rivolgere il proprio pensiero a Wolfgang Amadeus Mozart (nato per l’appunto il 27 gennaio del 1756, a Salisburgo). Ebbene, oggi, a distanza esatta di un anno, parlerò ancora di Mozart, la cui musica è consolazione grande per l’umanità. Per suggerire la lettura di un libro particolarmente illuminante sul compositore: MOZART (SOCIOLOGIA DI UN GENIO), di Norbert Elias (Il Mulino). Perché Elias, grande sociologo tedesco (1987-1990), magistralmente dà conto dell’angoscioso disagio esistenziale del Mozart degli ultimi anni; disagio che indusse il Salisburghese ad arrendersi infine alla malattia, e dunque a morire a 36 anni non ancora compiuti. La tesi di fondo del libro in questione è, infatti, quella di un “genio” sorto in tempi non ancora favorevoli per la libera, individuale espressione della creatività musicale. Vogliamo provare a pensare alla tragedia crescente di un uomo meno “scimmiesco” del personaggio del film di Milos Forman (1984)?… un film -sia detto per inciso- indimenticabile, ma, in ogni caso, fin troppo incline a separare il genio dall’uomo, riguardo a Mozart (Mozart che era, in realtà, poliglotta, dotato di una superlativa cultura musicale, e un “lavoratore” rigoroso per paterno insegnamento…senza voler tacere delle sue avventure galanti e del suo umorismo fecale; quest’ultimo, specialmente attivo nella prima giovinezza, come si evince dall’epistolario mozartiano). Tant’è. Chi scrive, recandosi in più riprese a Vienna, ivi ha percepito quella che un antropologo definirebbe l’ IMPRONTA PSICHICA profonda di Beethoven, considerando le tante dimore beethoveniane custodite nella capitale austriaca; dove aleggia tuttora lo spirito del compositore di Bonn. Ma di Mozart si potrebbe dire lo stesso, a parte la FIGAROHAUS nei pressi del Duomo di Santo Stefano? non a caso, il corpo di Mozart venne gettato in una fossa comune nel cimitero di San Marco! solo i golosi trovano Mozart ovunque, a Vienna come a Salisburgo, volendo alludere ai famosi e prelibati cioccolatini noti come le “Palle di Mozart”…
Bene, mi sono aperto la strada per presentare quella che rimane la mia ultima poesia dedicata al genio di Salisburgo, scritta nel 2007 e tuttora inedita:
LE PALLE DI MOZART
Un funerale di terza classe
in Santo Stefano a Vienna
e poi la fossa comune:
con quell’audace “signor contino”,
troppo hai sfottuto il mondo
dei potenti tre anni prima
della Bastiglia! non voglio
risvegliare in te il fantasma
di un ingombrante genitore,
il primo ad esecrare la tua vena
esplosa in lacerante sol minore.
Gentile omaggio del maggiordomo,
un calcio in culo hai preso
nel ribellarti all’arcivescovo
di Salisburgo: acqua passata, dici,
impralinato e depresso appena.
Andrea Mariotti, poesia inedita dell’agosto 2007.
Caro amico,
è davvero difficile commentare una lirica che in 16 versi riassume l’esistenza di uno dei più grandi musicisti mai esistiti.
I tuoi versi celebrano l’anniversario della nascita di Mozart dando pieno fiato al livore, al sarcasmo e, incredibilmente, al lirismo.
Canti l’uomo scomodo per i potenti e strumentalizzato dal padre Leopoldo, come ha sottolineato anche Elias nel suo splendido trattato di Sociologia evolutiva, che ha pigiato l’acceleratore sulla precocità musicale del figlio, accentuando solo questo dato e non prendendo atto che si coniugava con una particolare rececettività, con la facoltà di far suo ogni stile e soprattutto ignorando come il manifestarsi del genio derivasse, come sempre avviene, dalla combinazione di elementi individuali e sociali.
L’artista e l’uomo comune, come sottolinea il grande Elias di cui tu evidenzi le capacità, sono inscindibili in Mozart, camminano di pari passo.
Lo stesso Leopoldo non fece da scudo al figlio nei momenti goliardici di quest’ultimo.
Tu sei l’artista che si erge fiero a difendere l’uomo e il genio, con tutte le sue stravaganze. Sei colui che prende atto della pochezza degli uomini, incapaci di rendere omaggio a tanta arte sempre e comunque.
“La fossa comune”è il destino ineluttabile del musicista caduto in povertà.
Sanguigno, mordace il tuo tono, ardente di sano e reale attaccamento verso il genio di Salisburgo al quale ti rivolgi come a un parente.
Complimenti e un abbraccio!
Mi fa piacere, cara amica, sentirti concordare con me in merito al lucidissimo saggio (postumo) di Elias, che ha illuminato le mie serate del mese ormai trascorso. Sì, perché tanto per citare un “classico” della sterminata letteratura mozartiana, lo stesso Wolfgang Amadeus Mozart del grande Massimo Mila, deplora in qualche modo l’adolescenziale Mozart, da un punto di vista troppo e scopertamente beethoveniano (avvicinando quindi al Saliburghese una lente di ingrandimento positivistico-evolutiva; laddove la realtà di ogni epoca, lo sappiamo bene, è più complicata). Puoi dunque immaginare la mia soddisfazione per aver scritto, nel 2007, versi ruvidi su Mozart, non angelicanti il divino Amadeus, che conobbe, in verità, sofferenze profonde per il suo crescente insuccesso viennese; col risultato di percepire la propria vita svuotata di significato (come benissimo spiega Elias nel suo libro): desiderando, Mozart, anche la gloria terrena, oltre a quella postuma che la sua coscienza d’artista gli suggeriva sicura. Un abbraccio.
Caro Andrea, ponendo i geni sugli altari – così come gli eroi, e persino i santi (chi più ne ha più ne metta) – non facciamo altro che allontanarli dalla nostra umanità, finendo per non capire un’acca del loro insegnamento. Comprendi bene, tuttavia, che dicendo questo non intendo incoraggiare l’appiattimento di ciò che è eccelso al livello della mediocrità, bensì, al contrario, rendere palese che chiunque può raggiungere le vette (naturalmente secondo le proprie possibilità). Nei tuoi ruvidi versi mozartiani, tu giustamente rivendichi gli aspetti umani della genialità, ma nello stesso tempo, direi, gli aspetti geniali dell’umanità. L’alto e il basso hanno bisogno l’uno dell’altro, ma non potrebbero giovarsi l’uno dell’altro se non fossero diversi o se fossero fusi tra di loro. Bisogna mantenerne le distanze, non per interromperne il dialogo, ma al contrario per consentirne la comunicazione. La genialità ha alcunché di prodigioso, che non si giustifica ricorrendo ai fattori storici, sociali, esistenziali, culturali, anche se in questi e con questi si deve cimentare. Essa è di nascita ed ha in se stessa il proprio propellente ed il proprio motore. Deve tuttavia entrare in relazione con il mondo, perché tutto è in relazione. Il bianco ha bisogno del nero, e viceversa. Così il bene del male e la notte del giorno, così l’assoluto del relativo. Ma affinché due enti siano in relazione, è necessario che siano, si, comunicanti, ma anche separati (non fusi) tra di loro. Spero di essere stato chiaro abbastanza. Se non è così, ti chiedo di scusarmi, anche con i lettori. Un abbraccio
Più chiaro di così, caro Franco! Riflessione intrinsecamente mozartiana la tua -direi- ripensando all’intuizione del Salisburghese nel creare Le nozze di Figaro; nel senso che, in esse, il sublime è nascosto nel basso, nel comico (ricordiamo la prima scena dell’opera, con il “servo” Figaro intento a misurare lunghezza e larghezza della propria stanza nuziale). In effetti, caro amico, l’amore grande che nutro per Mozart è motivato da questo suo spirito moderno, antiretorico, capace di dire le cose più profonde a voce bassa. Se poi penso alle sofferenze di questo Grande, ecco che la commozione può aver trovato -credo- nella ruvidezza intenzionale dei miei versi un minimo di sensibile, non ottusa comprensione. Un abbraccio anche da parte mia.
Caro Andrea,
ricordo come fosse “ora”, lo stupore che mi prese leggendo questa tua poesia. Ricordo anche che sorrisi e non parlai ma, come avrebbe detto Konigsberg: “Le sensazioni sonore sono belle solo se sono “pure”. E a questo pensai nel percepire la precisione dell’assoluto pur nell’umorismo dell’intenzione. Un abbraccio, Mirka
A dire il vero, cara amica, lettore fra i lettori della mia poesia, amo maggiormente Le palle di Mozart rispetto ai versi tratti da Spento di sirena l’urlo (sempre dedicati a Mozart e presentati su questo blog il 27 gennaio del 2010). Il perché è presto detto: il testo delle Palle di Mozart, “avvicina” in qualche modo questo Grande al lettore, non celebrandolo come un santino. Con te che sei una musicista, posso anche permettermi di ricordare che il “lacerante sol minore” cui si allude nel mio testo, è naturalmente quello della genialissima sinfonia K183, scritta da Mozart nell’ottobre del 1773, all’età di 17 anni (sinfonia che accompagna le prime scene del film di Milos Forman e che suscitò la censura di Leopold Mozart nei confronti del figlio, per via di quei “suoni” inconcepibili nella Salisburgo dell’epoca). Vorrei aggiungere ancora una cosa: la poesia qui presentata mi è particolarmente cara in quanto prima prova in libera versificazione dopo la pubblicazione nello stesso anno (2007) di Spento di sirena l’urlo (un libro in cui mi sono totalmente affidato alla metrica della nostra grande tradizione). E così potrei dire, in conclusione, che l’amato Mozart mi ha spinto coi versi a lui dedicati a cercare la mia musica , dopo una rigorosa frequentazione delle regole. Un abbraccio anche da parte mia.
Caro Andrea,
emerge dal tuo scritto con grande intensità la figura di Mozart, questo genio della musica, che ha lottato per affermarsi in un periodo non favorevole. E le difficoltà che ha incontrato lo hanno portato ad una morte prematura, senza che ci si rendesse conto della grandeazza del personaggio, anzi gettandolo nella fossa comune. Fin dalla fanciullezza Mozart ha dovuto dimostrare di essere un genio, ma il ragazzo, l’uomo, l’essere umano come potevano esprimersi, se non attraverso la musica?
Si torna al tema della incomprensione dell’artista, artista che, come Mozart, spesso dà il massimo ma soffre incommensurabilmente della “solitudine” che accomuna molti geni.
Per questo voglio ringraziarti, Andrea, per aver scritto una lirica intensa e ricca di allusioni per un uomo di grande spessore.
Un abbraccio Angiolina
Grazie per questo tuo attento commento, cara Angiolina: nei miei versi ho in effetti cercato l’uomo, sotto la scorza dorata del genio…l’uomo Mozart, intrepido apripista per i “liberi” musicisti venuti dopo di lui. Non a caso, il concerto mozartiano prediletto da Beethoven fu il n.20 (K 466) in re minore, con cui, nel 1785, nel pieno dei suoi fugaci fasti viennesi, il Salisburghese ancora una volta lanciò il suo grido di ribellione; e siccome per lui i suoni erano tutto, ecco il drammatismo indimenticabile dell’attacco del citato concerto, per l’appunto in una “inconcepibile” tonalità minore. Un abbraccio.