Nel “gelo della mattina” di trentaquattro anni fa, moriva a Roma il poeta Giorgio Caproni. Del grande Livornese, mi sembra opportuno proporre oggi i seguenti versi:
ARALDICA
a R.
Amore, com’è ferito
il secolo, e come siamo soli
-tu, io- nel grigiore
che non ha nome. Finito
è il tempo dell’usignolo
e del leone. Il blasone
è infranto. Il liocorno
orma non ha lasciato
sul suolo: l’Ombra, è in cuore.
GIORGIO CAPRONI, 1969, poesia poi inclusa nel MURO DELLA TERRA, 1975.
Ai versi di Giorgio Caproni da te ricordati-Andrea-nell’anniversario della morte del poeta livornese, mi piace accostare quelli della bellissima lirica”Senza esclamativi”(dalla silloge “Il muro della terra”) in cui l’autore esprime la sua desolazione alla caduta dei sogni e delle speranze,tristemente sostituiti dal dolore e dal vuoto del cuore. “Com’è alto il dolore./ L’amore com’è bestia./ Vuoto delle parole/ che scavano nel vuoto vuoti /monumenti di vuoto.Vuoto/ del grano che già raggiunse/ (nel sole)l’altezza del cuore
“Senza esclamativi” è la mia poesia prediletta, Fiorella, che si legge nel “Muto della Terra”…Pier Vincenzo Mengaldo, nel saggio introduttivo al “Meridiano” dedicato al grande Livornese, ne ha sottolineato la particolare bellezza.