Nell’augurare a tutti con leggero anticipo Buon Anno, non posso non pensare alle sofferenze grandi di uomini e cose; a questa nostra Madre Terra capace, nel 2010 ormai agli sgoccioli, di imprigionare -nell’agosto scorso- la Russia in una terribile, inaudita bolla di calore; volendo tacere del catastrofico terremoto di Haiti, del disastro ecologico nel Golfo del Messico. Qua da noi, in Italia, nella fattispecie a Roma, gelate alternate a rabbiose e caldissime raffiche di scirocco o libeccio (fate voi), ad inizio inverno. Così, nell’aver sentito giorni addietro il crepitio delle foglie quasi torturate dal vento, ecco il mio tornare con la memoria ad Ungaretti, a questi suoi versi di francescana purezza e umiltà che meglio non potrebbero esprimere il dolore cosmico:
Foglie, sorelle foglie,
Vi ascolto nel lamento.
Giuseppe Ungaretti, versi estrapolati dalla poesia O notte, 1919, in Sentimento del Tempo (ora in Vita d’un uomo, Tutte le poesie, Arnoldo Mondadori Editore).
P.S. Del resto, come chiudere se non con la poesia di Ungaretti, questo 2010 sul presente blog? i versi citati (a quarant’anni dalla scomparsa del Maestro), credo suggeriscano un viaggio interiore, con l’umiltà dei forti e non dei deboli; non in senso confessionale, piuttosto con lo spirito consapevole della leopardiana GINESTRA.
Caro Andrea,
così care al nostro Ungaretti le foglie…
Incarnano le sue metafore più alte.
Tu affidi ad esse il lamento cosmico, sottolineando quanto siano violentate da un clima imprevedibile.
Il tuo augurio di buon anno ha l’amarezza , velata di malinconia, dell’uomo attento al tempo che vive.
Un forte abbraccio.
Cara amica, sarò lapidario: le tue parole còlgono veramente nel segno! un abbraccio.
Andrea
E’ l’augurio più bello che potevi farmi, questo, caro Andrea.
Lo accolgo con il cuore pieno di speranza, lo celebro – passami il termine – come se il mio essere poeta divenisse, in qualche modo, sacerdotale (nel senso di ministro della natura). E in questa fede, mi piace unirmi a te nel riproporre il nostro caro Ungaretti, il suo canto di sublime “francescana purezza”: spero, per tutti noi, amico mio, che la notte riassorba ogni dramma nella dimensione dell’assoluto.
Ti abbraccio e ti saluto dunque anch’io con i versi del Maestro:
“Ma la notte sperde le lontananze”
che mi sembra il migliore auspicio da farci e da fare a nostra Madre Terra.
Sandro
Ci tenevo molto, caro Sandro, ad un tuo intervento in merito ai versi di Ungaretti da me presentati. Davvero non potevi rispondermi meglio di come hai fatto: citando a tua volta un meraviglioso, moderno endecasillabo (non canonico!) tratto dalla stessa poesia. Ed è in virtù di questo dialogo in versi (del Maestro), che ci auguriamo reciprocamente un sereno 2011; avendo sempre in fondo al cuore, tu ed io, la Poesia.
Carissimo Andrea, quanto siamo folli, noi umani, che pure ci vantiamo di essere le creature più evolute del creato! Nel 1919, circa un secolo fa, Ungaretti ascoltava il lamento delle foglie. Era il tempo in cui “l’erba poteva essere lieta dove non passava l’uomo” ed il mondo vegetale poteva ancora limitarsi a gioire per l’accidentale lontananza del Principe dei Tre Regni. Oggi Madre Terra sta passando al contrattacco, ed è lei ad ascoltare i nostri lamenti. Ma è nel suo giusto, perché deve ristabilire il proprio equilibrio, quell’equilibrio che noi non abbiamo e che in tal modo lei ci insegna a recuperare. Prepariamoci al peggio, dunque, e che il castigo da noi stessi invocato ci sia di insegnamento! Come puoi vedere, io non credo nell’Apocalisse o nella fine del mondo. Tutt’altro! Un grande abbraccio ed un augurio di un 2011 (ma anche 2012) creativo e fruttuoso come non mai.
Franco
Carissimo Franco, quanto mai incisiva questa tua riflessione; nella quale avverto lo scintillio del pensiero, a fronte del fosco contesto che non si può non riconoscere come tale. Ti auguro anch’io un sereno e creativo 2011, di tutto cuore.
Caro Andrea, una riflessione su come stiamo trattando la natura, anzi, su come l’abbiamo trattata da un secolo a questa parte, è qualcosa di cui abbiamo bisogno e farlo attraversando i versi della poesia ‘ O’ notte’ diventa un richiamo che coinvolge ogni sguardo attento al futuro dell’umanità, che, come sappiamo, si prospetta pieno di incognite. Ungaretti ascoltava il lamento delle foglie e forse di ogni altra cosa presente in natura, ma forse si riferiva a qualcosa di diverso, anche se, insieme a ciò che tu stesso hai citato nelle tue riflessioni, è più che mai attuale. Grazie Andrea per queste tue interessanti ‘spigolature’ e che il prossimo sia un anno pieno di salute e di creatività. Roberto
AUGURI,
Andrea, perchè il tuo cuore esulti sempre nella GIOIA di ogni conquista “esplorata”, con la mente soddisfatta per l’autentica ricchezza acquisita, la sola che ci permetterà di sopravviverCi alla polvere che già siamo. BUON PRINCIPIO. Mirka
Anche a te i miei più fervidi auguri, cuore illuminato.
Caro Roberto, quando il gioco si fa duro, nei termini di un contesto socio-politico com’è il nostro attualmente, e quando la natura si palesa più che mai matrigna, a noi che l’abbiamo vilipesa in allegra insensatezza, ebbene un adoratore di Mozart e Beethoven quale io sono, si aggrappa a Bach (sovarano dell’armonia); e, a livello poetico, pur infastidito talvolta da una certa enfasi ungarettiana (che rarissimamente colgo nel più sorvegliato Montale), non posso non trovare il miele più dolce proprio nelle liriche del Sentimento del Tempo…scrivo così, a ruota libera, stasera, augurando agli amici più cari tutto il bene possibile, e tu sei fra loro.