Dopo aver letto ieri sul “Corriere della Sera” uno scritto di Franco Cordelli relativo all’imminente centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini (5 marzo 1922), ecco che si è accresciuto il mio disagio rispetto alle fragorose celebrazioni quasi sul punto di esplodere. Intendiamoci, al cospetto della coscienza forse più inquieta e profetica del nostro Novecento tutto questo sembra giustificato e, direi, inevitabile. Sicché, al più presto, troveremo in edicola tutte le opere dello scrittore “corsaro”, senza tacere della legittima curiosità che appagheremo leggendo il libro di Dacia Maraini “Caro Pier Paolo” (in uscita il 3 marzo prossimo); scrittrice che, come sappiamo, ha conosciuto da vicino Pasolini. Bene, benissimo. Ma come dimenticare l’intollerabile “verità” giudiziaria tuttora agli atti in merito alla tragica scomparsa del grande scrittore e regista? Non è più che grottesco un paese, il nostro, che si appresta a far bella mostra di sé -nella specialità che lo vede eccellere, ossia l’enfasi celebrativa- ma oggettivamente acquiescente con la suddetta “verità” che vuole Pasolini massacrato da un diciassettenne all’Idroscalo di Ostia per prestazioni sessuali rifiutate da quest’ultimo? fango e “damnatio memoriae” perduranti dunque, su un intellettuale che con candore e coraggio, in mezzo alle cose e non al riparo di qualche eburnea torre, era più che verosimilmente a conoscenza di verità scottanti sui “misteri italiani” (caso Mattei in primis) e lo stragismo di stato. Davvero molto difficile è risultato infatti individuare nei giornali del 2 novembre scorso un articolo degno di nota sulla morte atroce del poeta, a quarantasei anni di distanza: cifra non appetibile, non tonda, si potrebbe dire con amarezza. Laddove tondissimo risulta per l’appunto il centenario della nascita pasoliniana del 5 marzo prossimo: colossale, irresistibile lavacro di massa che non farà tornare i conti, dal mio punto di vista, finché non verrà offerta al nostro grande poeta civile onorata sepoltura.
Andrea Mariotti
Concordo pienamente caro Andrea con la tua riflessione sulla tragica fine di Pasolini che resta uno dei tanti misteri insoluti di questo nostro paese e del fatto che non si parli più di tale mistero, perdendo l’occasione del centenario per onorare la verità a distanza di tanti anni .
Un caro saluto.
Marzia
Mi fa piacere, cara Marzia, ricevere questo tuo commento, non potendo sfoggiare il centenario in oggetto alcunché di celebrativo, a fronte della necessità che abbiamo di seppellire con onore Pasolini. Un caro saluto a te
Andrea
Non posso non condividere, Andrea, nel centenario della nascita (5 marzo 1922) il ricordo del grande P.Paolo Pasolini, ”lo scrittore che più’ di ogni altro -nel suo estremistico bisogno di portare al limite ogni esperienza- illumina di luce radiante la vita accidentata della nostra letteratura” (G.Pampaloni in “Storia della Letteratura italiana”, Il Novecento).La varietà delle sue esperienze (poesia, narrativa, critica, cinema),la ricerca di autenticità’ dei sentimenti, l’atteggiamento naturale del suo animo fanno di lui una delle voci più sensibili ed originali del nostro tempo.
Ma tutto questo è ben evidente tra le righe del mio scritto, Fiorella…io ho argomentato altro proprio per l’amore che porto alla figura coraggiosa di Pasolini e a molte delle sue opere; avendo peraltro conosciuto da vicino nel decennio passato persone che non poco debbono al grande scrittore e regista. Bisogna andarci oggi all’Idroscalo, per percepire un senso di desolazione e squallore (altro che parco letterario dedicato alla personalità più inquieta del nostro Novecento!)… un senso di squallore, dicevo, così in linea con l’infamante verità giudiziaria che tuttora pesa sulla memoria di Pasolini. Che paese è il nostro, torno a chiedere? si muoverà l’economia, il 5 marzo prossimo, circoleranno belle parole e scritti acuti, ma la sostanza non cambia. Ripeto quanto ho scritto: onorata sepoltura per il nostro grande poeta civile, prima dei festeggiamenti.