VERSI INEDITI DI UN ANNO FA

Offro alla lettura questi miei anti-arcadici settenari, scritti di getto nel novembre dell’annus horribilis 2020:

 

Tutti in pista a ballare

scacciando un brutto sogno!…

la primavera scorsa

di lutti e di rigore,

come una colombella

s’è lasciata abbagliare

dalla gaudente estate.

Adesso, in tetro autunno,

il nemico alle porte

percuote vite nostre

peggiore di un ariete:

statistiche ferali

ritornano implacate,

del virus che s’infiltra

più subdolo di prima

nei corpi e nelle menti;

schivarlo con le cellule

ha come prezzo i vincoli,

ed è il deserto intorno

e povertà che freme.

No, non ci riavremo

presto; la mutazione

corre, saremo cosa?   

 

 

Andrea Mariotti

 

                                                                                                                                               

 

                                                                                                                                                    

 

                                                        

 

 

3 commenti su “VERSI INEDITI DI UN ANNO FA

  1. FIorella D’Ambrosio

    “L’infinita avventura umana non ammette deroghe alle sue leggi”. Nei versi sofferti e tormentati della tua lirica, Andrea, si colgono con potere suggestivo la tristezza, lo smarrimento e lo sgomento cosmico di un tempo moribondo. Complimenti vivissimi.

  2. andreamariotti Autore articolo

    Ti ringrazio sentitamente, Fiorella, per aver compreso alla radice questo “noi” corale espresso dai miei versi senza appello, dove, come dire, ho torto il collo alla natura musicale del settenario, dilatandolo in chiave quasi narrativa ma giovandomi comunque della sua velocità, per meglio connotare lo stato d’ansia collettiva che ci pervade…non posso negare di avere avuto bene in mente l’infittirsi dei settenari nella seconda strofe del sublime “Canto notturno” leopardiano, laddove campeggia la tragica figura del “vecchierel”… cari saluti

  3. Fiorella D’Ambrosio

    Si, Andrea, nel tono drammatico -di lirica bellezza- dei tuoi “anti-arcadici settenari” dagli echi lucreziani e leopardiani, si coglie il senso della vita umana: un correre affannoso attraverso una strada impervia verso un traguardo assolutamente deludente…”saremo cosa”?

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