Vedendo le immagini spaventose delle campagne annerite dagli incendi nell’ oristanese, e poi le fiamme tuttora non domate in Aspromonte; nonché l’entità del disastro in Grecia, senza tacere di una zona importantissima della Siberia (quale polmone verde del pianeta) che ha cominciato a bruciare (ma Putin ha promesso di raddoppiare gli sforzi per contrastare il fuoco…); vedendo tutto ciò, stavo dicendo, netta è affiorata in me la sensazione, spiacevole e pur pacata, di essere noi, gli umani, a questo punto, veramente di troppo e da subito sulla Terra. Sì, perché non dobbiamo dimenticare, per quel sinistro e attualissimo principio della partita doppia, che le temperature altissime di questi giorni sono propedeutiche alle famigerate bombe d’acqua ( Germania docet!) e grandine a pallettoni che dovranno pur marcare il cambio stagionale (toccando fortemente ferro, è ovvio). Ripeto, non mi si venga a parlare di catastrofismo, a proposito di quanto detto finora: i fatti essendo, al riguardo, molto più eloquenti di me, anonimo osservatore come tutti coinvolto in questa accelerata crisi dell’eco-sistema su scala planetaria. Anche l’ ONU ha esortato non più tardi di ieri i cosiddetti “grandi” del pianeta a fare le persone serie, in merito alla gravità della situazione in atto. Ho appena finito di rileggere, in conclusione, una delle più ispirate “Operette morali” di Giacomo Leopardi, ” Il Cantico del gallo silvestre”, di cui riporto le parole incipitarie e quelle di chiusa: “Su, mortali, destatevi…parimente del mondo intero, e delle infinite vicende e calamità delle cose create, non rimarrà pure un vestigio; ma un silenzio nudo, e una quiete altissima, empieranno lo spazio immenso”…uno spazio che bisognerà iniziare a riempire, in concreto e nei limiti di ognuno, con le gocce della nostra accresciuta consapevolezza; rovesciando, così come ha insegnato meglio di tutti Walter Binni, il pessimismo leopardiano in risorsa energetica e reattiva al servizio di un uomo meno prepotente qui, su questa crosta terrestre.
Andrea Mariotti