Questa primavera prematura, con gli alberi in fiore già a fine febbraio, non deve farci gioire. A prescindere dalle previsioni che indicano il classico colpo di coda invernale entro la prima decade di marzo (con conseguenze disastrose per le coltivazioni), le conosciamo bene, ormai, le conseguenze pesanti anche per il nostro paese dovute alla cosiddetta estremizzazione del clima. Non è questione di catastrofismo a buon mercato, ma, sic et simpliciter, di realismo; nel senso che veramente si sta radicando qui da noi quello scenario che già verso gli anni Novanta veniva abbozzato da una minoranza della comunità scientifica internazionale sovente fatta oggetto di dileggio, per gli evidenti interessi in gioco su scala globale. Questa primavera fatta di grasse nebbie mattutine e poi di un sole già troppo caldo nelle ore centrali della giornata, mi fa pensare infine alla eccessiva spensieratezza dell’estate scorsa, allorché il covid19 sembrava già archiviato o quasi, salvo il suo autunnale ritorno in grande stile.
Andrea Mariotti