Con trepidazione quasi, tornato da Tuscania, ho rivisto ieri sera il film ” Uccellacci e uccellini” di Pier Paolo Pasolini (1966). Ieri, infatti, al cospetto della sublime bellezza della chiesa di San Pietro che dall’alto guarda la bellissima cittadina, ripensavo che proprio su quel prato il grande scrittore e regista aveva realizzato forse la scena più squisita del suo “cinema di poesia”: i saltelli di Totò e Ninetto Davoli nei panni di due fraticelli francescani che, nel Duecento, sono impegnati nella evangelizzazione degli uccelli per disposizione del Poverello di Assisi (vale a dire il “racconto nel racconto” all’ interno del film in oggetto). Ebbene tali saltelli sono dovuti all’intuizione di frate Cicillo-Totò che, per guadagnarsi l’ attenzione dei passerotti, non bisognava imitare i loro cinguettii, bensì il saltellare di essi. E così fanno, i due fraticelli, sul prato antistante la chiesa di San Pietro con successo…una scena baciata da una grazia totale, ripeto, considerando anche la quasi completa cecità di Totò prossimo ormai a morire, e, soprattutto, la raffinata cultura pasoliniana; in virtù della quale, non a caso, la musica che accompagna la suddetta scena è la notevole rielaborazione da parte di Ennio Morricone di un soave duetto di Pamina e Papageno dal primo atto del mozartiano ” Flauto Magico” (laddove una trascendentale ilarità, al suono dello strumento, induce uomini e animali a danzare all’improvviso).
Andrea Mariotti