Sappiamo bene della portata sociale della malattia che, spesso, induce a delle indebite strumentalizzazioni da parte di chi ne è colpito. È il caso, a me sembra evidentissimo, dell’Unto del Signore, qui sulla terra rispondente al nome di Silvio Berlusconi. Il quale, grottescamente, sta facendo “nunc et semper” quello che gli riesce meglio: lo sport pubblicitario/elettorale, nella fattispecie quasi esaltando la carica virale più potente del mondo a lui toccata (volutamente esa…gero, ma a pensarci bene non più di tanto, visto il personaggio); riferendomi ovviamente al covid 19, col quale sta facendo i conti, Berlusconi, nel noto ospedale milanese. Neppure lontanamente l’ animo dell’ Unto è stato sfiorato in questa sua degenza da un desiderio di riserbo, che si sarebbe tradotto simultaneamente nel rispetto della nostra storia recente, i carri dell’esercito a Bergamo e personale sanitario in prima linea, tanto per capirci, nelle tragiche condizioni della primavera scorsa che rammentiamo perfettamente. No, non ci si sbaglia, tutto è mercato, ossessione pubblicitaria senza posa; tale da alimentare costantemente quell’inesorabile inquinamento antropologico del nostro paese che vede proprio in Silvio Berlusconi una sorta di eminenza grigia ben coriacea, dall’epoca della sua “discesa in campo” nel 1994 (Berlusconi da cui i suoi innumerevoli e degradati nipotini politici di oggi ancora tanto hanno da imparare…). Il pensiero corre, non per sterile passatismo bensì per memoria storico-politica, alla metà degli anni Novanta, allorché Massimo D’ Alema, a capo di quella Bicamerale (1996) che avrebbe dovuto disciplinare un macroscopico conflitto d’interessi proprio sulla persona di Berlusconi focalizzato, preferì il cosiddetto “patto della crostata”, nonché le apparizioni veliche in cui troneggiare come skipper (ricordate?). È anche con comportamenti del genere, credo, che si son poste le basi, in un passato recente, di una irrevocabile crisi di rappresentanza politica a sinistra, fino allo squallido teatrino politico di oggi, ricco di gusci vuoti in cui giganteggia il rassicurante sorriso di Giuseppe Conte (nello spazio di un anno capace di compiere, da consumato acrobata, un salto ragguardevole di schieramenti sorretti dalla sua leadership). Nel rivolgere pertanto, tornando a Berlusconi, pensieri di buona guarigione all’uomo, non posso non ripensare ad una mia fissazione artistica, ossia le parole finali dell’ultimo film di Federico Fellini, “La voce della luna” (1990): ” se facessimo tutti un po’ più di silenzio” (un’opera cinematografica a parer mio sottovalutata, in cui fermo è il disgusto atto a denunciare la violenza arrecata all’arte -e non soltanto ad essa- con le interruzioni pubblicitarie). E qui finisco veramente, con l’augurare di cuore a docenti e studenti d’ ogni ordine e grado una buona ripresa dell’attività scolastica, assolutamente prioritaria nell’ agenda del nostro paese a fronte di un virus che ha rialzato la testa.
Andrea Mariotti