“Non ho più ricordi, non voglio ricordare;/ la memoria risale dalla morte,/ la vita è senza fine. Ogni giorno/ è nostro…” Nei versi su citati della lirica “Quasi un madrigale” (da “La vita non è sogno”) -uno dei capolavori della poesia quasimodiana nei suoi profondi sensi e nel respiro creativo che la caratterizza- si coglie una musicalità sorda che consola l’anima. “L’impegno del poeta ora -dopo due guerre- è ancora più grave perché deve rifare l’uomo” scrive Salvatore Quasimodo nei “Discorsi sulla poesia” e pertanto alle memorie del passato sostituisce una visione più lucida del presente con una partecipazione ed una integrazione corale proprie della sua “humanitas”. Quasimodo non indulge più alla confessione privata; all’ io intimistico preferisce il “noi” e alle memorie di un mitico passato sostituisce la lucida visione del presente. Una lirica di intonazione epica, lontana dalla temperie spirituale dell’Ermetismo tanto che si può parlare di frattura tra il primo e il secondo tempo della attività poetica del grande Nobel per la letteratura.
Fiorella D’Ambrosio