C’è, nell’imponente produzione organistica di J.S. Bach, una partitura d’eccellenza, ben conosciuta dai cultori del sommo compositore: la Toccata et Fuga (Dorisch), BWV 538 in re minore, di incerta datazione. Chi scrive, dopo averla ascoltata e riascoltata, non esita a porla, tale partitura, decisamente più in alto della celeberrima Toccata con Fuga BWV 565 sempre nella medesima tonalità minore, questa davvero conosciuta da tutti. Forse si è mostrato funzionale, sempre per chi scrive, dal punto di vista della comprensione della Dorica, il recente lockdown che per due mesi ci ha tenuti relegati dentro le nostre case, a seguito della pandemia da corona virus (nel senso, nel mio caso, di un ascolto più concentrato che mai della musica classica). Fatto sta che la partitura in oggetto esprime in modo supremo le qualità precipue dell’arte bachiana: rigore e potenza espressiva al massimo grado. Così dicendo, però, mi accorgo di riferirmi soprattutto alla Toccata, e cioè al primo movimento della Dorica, in quanto le maggiori sorprese sono riservate a tutti gli effetti dalla successiva Fuga. Essa si sviluppa infatti senza respiro, comunicando il senso di una severità speculativa che scuote nel profondo (per tacere della imponente elaborazione contrappuntistica sottesa). Sovviene al riguardo una esclamazione di Mendelssohn, che del maestro di Eisenach fu com’è noto grande cultore (a proposito d’altra partitura bachiana, ma fa lo stesso): “Bach era veramente terribile!”. Rimane da rammentare il perché dell’appellativo Dorica, per quanto concerne il lavoro organistico in oggetto. Ebbene, tale appellativo allude al modo arcaico del “dorico”, vale a dire all’antica teoria musicale greca. Ma, in conclusione, è del tutto ozioso sottolineare come la patina arcaica, in Bach, si riveli senza tempo all’ascoltatore appena attento; e quindi spiazzante, rivelatrice di poesia sorprendentemente attuale.
Andrea Mariotti
Non posso negare, Andrea, il piacere con cui dedico buona parte del mio tempo libero alla musica: riprendendo talora i miei studi al pianoforte o riascoltando melodie “divine” dei grandi compositori: cara e consolante occupazione che puo’ “nominare l’innominabile e comunicare l’inconoscibile” (Leonard Bernstein). Ieri -sollecitata dal tuo interessante articolo- ho dedicato l’intero pomeriggio a Bach, prodigioso compositore di inesauribile fecondità, potenza espressiva e profondita’ intellettuale. Ho riascoltato la “Toccata e fuga BWV 538 (Dorica)” in re minore e devo dire d’averla trovata anch’io superiore alla piu’conosciuta ”Toccata con fuga BWV 565“ per equilibrio, ricchezza di modulazioni e di contorni melodici variegati. Un caro saluto e buon proseguimento di serata.
Ti ringrazio a mia volta, Fiorella, per la bellissima citazione di Bernstein che non conoscevo…un caro saluto