Premetto subito trattarsi del primo autoscatto -detesto certi anglismi atti a deturpare la nostra lingua!- che propongo sulla Rete, per quanto concerne la foto in oggetto. Ma c’è una ragione per me speciale al riguardo: oggi per la prima volta son tornato a fare un’ escursione, in montagna, a seguito dell’allentamento delle misure restrittive causate dall’emergenza sanitaria. Da solo sono andato in escursione, in quanto sentivo profondamente il bisogno di una riabilitazione psico-fisica nell’ambiente che tanto amo. Col tempo bello, il vento di settentrione e un plus valore di prudenza, ho pertanto ripercorso da Roccagiovine (Parco dei Lucrètili non distante da Roma) l’anello del monte Follettoso (per la stretta Vallicina all’andata); senza forzare il passo e riscoprendo in tutta la sua bellezza un tragitto che conosco a memoria, molto essendomi mancata la montagna dall’inizio di marzo scorso…che dire? toccata la piccola vetta a quota mille con vista sul monte Gennaro (alle spalle il Velino gravato dalle nuvole), ho assaporato con gusto il mio pane e formaggio allietato da un bicchiere di profumato rosso di Montepulciano (ebbene sì, essendo alle spalle l’inverno che a conti fatti è mancato, per una volta ci è potuti consacrare senza rischi a Bacco, in quota!). A questo punto devo riconoscere di aver provato il senso di una compiuta compenetrazione con l’ambiente. Mi sono dilettato infatti a seguire la danza amorosa delle farfalle, a contemplare il lussureggiante agrifoglio che sui monti Lucrètili è particolarmente bello; non infastidito dal ronzio di grave intonazione di un lento moscone (sempre meglio, mi sono detto, della velocissima e temuta vespa vellutina, con la quale i nostri cari mass media hanno inondato la Rete non appena il covid19 si è fatto meno brutale, tanto per farci stare tranquilli…). Basta: oggi ci voleva proprio questo ritorno sugli amati e selvaggi Lucrètili a un passo da Roma, rallegrati dal sole e da un fresco vento di settentrione. Di sicuro oggi mi son tenuto ben lontano dal contagio, si potrebbe dire con banale ironia…ma non è questo il punto, a parte il grande piacere provato nel poter respirare a pieni polmoni l’aria pura. Siccome la natura ci fa da specchio, e più che mai quando prendiamo contatto con essa in modo rispettoso e amorevole, non ho potuto non riflettere molto, oggi, sulla tragedia causata dal virus nel nostro paese, con più di trentatremila decessi e tantissimi casi in cui non si son potuti piangere i propri cari nel modo dovuto, come ben sappiamo. Me ne sono reso conto sia pure molto indirettamente ieri (sto parlando con grande rispetto) allorché ho dato all’aperto -assieme a poche persone rigorosamente distanziate- l’estremo saluto ad una anziana signora che mi ha voluto bene. Così, oggi, in montagna, mi è tornata alla mente la conclusione della seconda strofe di una grande poesia di Eugenio Montale, quella più amata da Carlo Emilio Gadda, ovvero Notizie dall’ Amiata:
“…Son troppo strette le strade, gli asini neri
che zoccolano in fila dànno scintille,
dal picco nascosto rispondono vampate di magnesio.
Oh il gocciolìo che scende a rilento
dalle casipole buie, il tempo fatto acqua,
il lungo colloquio coi poveri morti, la cenere, il vento,
il vento che tarda, la morte, la morte che vive!”
Andrea Mariotti
Niente male il “selfie” (pardon-l’autoscatto) che proponi in rete, Andrea, nel giorno del tuo ritorno, in qualita’ di provetto escursionista, sugli amati percorsi montani! Ma sicuramente toccante e’ l’aver ricordato da parte tua -in occasione del dramma che stiamo vivendo in questi mesi a causa del “coronavirus”- una delle piu’ belle composizioni di Eugenio Montale, il poemetto “Notizie dall’Amiata” (da “Le occasioni”) e precisamente la seconda stanza in cui, nella solitudine di una notte dolorosa inasprita da un desolato paesaggio dintorno, irrompe -da parte del poeta- l’invocazione ricca di tensione interiore al vento del Nord “che rendi care le catene”, mentre nello stillicidio della pioggia il solo colloquio possibile è quello con chi non è piu’ e la morte diventa la sola realtà vitale.
Tornando ieri in montagna, Fiorella, effettivamente prioritaria è stata la consapevolezza felice di sentirsi vivi, ancora vivi, in questa fase storica in cui il confine fra vita e morte si è così drammaticamente assottigliato per tutti.
Caro Andrea, ora ci stiamo riconquistando finalmente un po’ di spazio e di libertà puoi tornare alle tue escursioni e passeggiate, certamente nel rispetto del sacrosanto distanziamento, ma almeno liberi di respirare senza mascherina! Non conosco questa zona del Lazio ma da come la descrivi è sicuramente gradevole
In effetti, cara Monica, si tratta di una catena montuosa, quella dei Lucrétili, molto suggestiva per natura e storia. Non distanti da Roma, essi sono in qualche modo selvaggi e ornati di splendidi faggi centenari nonché esemplari giganteschi del prezioso agrifoglio. Un piccolo paradiso riconquistato, per me!