Ottimamente il Paciaudi come riferisce e loda l’Alfieri nella sua propria Vita, chiamava la prosa la nutrice del verso, giacché uno che per far versi si nutrisse solamente di versi sarebbe come chi si cibasse di solo grasso per ingrassare, quando il grasso degli animali è la cosa meno atta a formare il nostro, e le cose più atte sono appunto le carni succose ma magre, e la sostanza cavata dalle parti più secche, quale si può considerare la prosa rispetto al verso.
GIACOMO LEOPARDI, ZIBALDONE, pag. aut. 29 (1820)
La tua citazione, Andrea, del passo dello Zibaldone leopardiano (Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura pag. 29) in cui il teologo e letterato P.M.Paciaudi definisce la prosa “nutrice del verso”, non puo’ che alimentare e accrescere l’interesse e la curiosita’ sul rapporto tra prosa e poesia, sulle loro funzioni, sulle differenze, sui confini tra le due espressioni dell’arte. Stimolo -per chi ha particolare sensibilita’ e fantasia- a rappresentare la realta’, ad esprimere sentimenti ed emozioni, sia pure ubbidendo a misure, a ritmi e forme di scrittura diversi.