Il Cristo Risorto affrescato da Piero della Francesca -pittore da me amato come nessun altro- a Borgo San Sepolcro e davvero di sovrumana bellezza, ben si addice agli auguri di Pasqua che intendo fare. Nonostante tutto. Nonostante il seguente passo assolutamente tagliente di un romanzo che in molti, credo, abbiamo letto o riletto di questi tempi, ossia LA PESTE di Albert Camus (Bompiani, 2017; tr.it.di Yasmina Mélaouah): “A questo riguardo, i nostri concittadini erano come tutti gli altri, erano presi da se stessi, in altre parole erano umanisti: non credevano ai flagelli. Dal momento che il flagello non è a misura dell’uomo, pensiamo che sia irreale, soltanto un brutto sogno che passerà. Invece non sempre il flagello passa e, di brutto sogno in brutto sogno, sono gli uomini a passare, e in primo luogo gli umanisti che non hanno preso alcuna precauzione”. Può bastare. Per esprimere la consapevolezza della tragedia che stiamo attraversando e che a lungo durerà, coi suoi diversificati e moltiplicati effetti su scala globale, trattandosi per l’appunto di una pandemia; come dire il frutto più avvelenato della globalizzazione. Ma sperare è lecito, oltre che doveroso in quanto esseri umani, prima ancora che umanisti. Nel rispetto delle regole restrittive prescritte a chi si trova nelle retrovie, laddove in prima linea si soffre e si muore, in Italia e nel mondo intero. E dunque auguri, facendosi inondare l’animo, oggi, dalla plastica e monumentale bellezza del Cristo di Piero della Francesca.
Andrea Mariotti