…Come, ahi come, o natura, il cor ti soffre
di strappar dalle braccia
all’amico l’amico,
al fratello il fratello,
la prole al genitore,
all’amante l’amore: e l’uno estinto,
l’altro in vita serbar? Come potesti
far necessario in noi
tanto dolor, che sopravviva amando
al mortale il mortal? Ma da natura
altro negli atti suoi
che nostro male o nostro ben si cura.
GIACOMO LEOPARDI, Sopra un basso rilievo antico sepolcrale (98-109)
Sul tema della natura “matrigna”, la quale -secondo il grande recanatese- ha ben altro di cui curarsi che del male o del bene degli uomini, si concentrano gli ultimi versi della lirica leopardiana da te ricordata, Andrea, “Sopra un basso rilievo antico sepolcrale”: sconsolate conclusioni alle quali giunge il poeta riguardo all’amara dottrina sull’infelicita’ umana, sui vani desideri e le illusorie speranze della vita. Una interessante rilettura di uno dei componimenti “napoletani” più noti dell’ultimo Leopardi, di sicura bellezza lirica.
Quella da me riportata, Fiorella, è a mio avviso una delle più accorate apostrofi leopardiane nei riguardi della Natura, e certamente si sente il cammino anche in termini umani compiuto dal poeta rispetto ai tempi in cui vergava la terza strofe della pur meravigliosa “A Silvia”.