A MIA MADRE
Ora che il coro delle coturnici
ti blandisce nel sonno eterno, rotta
felice schiera in fuga verso i clivi
vendemmiati del Mesco, or che la lotta
dei viventi più infuria, se tu cedi
come un’ombra la spoglia
(e non è un’ombra,
o gentile, non è ciò che tu credi)
chi ti proteggerà? La strada sgombra
non è una via, solo due mani, un volto,
quelle mani, quel volto, il gesto d’una
vita che non è un’altra ma se stessa,
solo questo ti pone nell’eliso
folto d’anime e voci in cui tu vivi;
e la domanda che tu lasci è anch’essa
un gesto tuo, all’ombra delle croci.
Poesia di EUGENIO MONTALE tratta dalla BUFERA E ALTRO, 1956
…ineguagliabile timbro della voce poetica di Montale, in questo epicedio alla madre Giuseppina Ricci morta nel 1942. Il poeta aveva certamente tenuto presente la lirica La madre di Giuseppe Ungaretti del 1930 (inclusa nel Sentimento del tempo, 1933), di grande suggestione e musicalità. Ma, confrontandosi con il tema dei temi, eccolo scrivere un componimento funebre alimentato da fermissima pietas nel dialogo con sua madre, sorretto da quel vocativo (o gentile) che è poi “unico termine esplicitamente affettuoso della lirica”, come ha osservato Luigi Blasucci. Non paradiso ma eliso quindi nei versi del Genovese, per radicato sentimento d’immanenza; e quello che nel tempo colpisce, di essi, è una volta di più la densità meditativa scevra di slanci ultraterreni. Stilisticamente parlando, la frequenza degli oggetti anziché una loro resa alla musica celebrativa. Il rifiuto della retorica già dal grande esordio degli Ossi, rimane insegnamento prezioso di Montale per ogni lettore e ineludibile per ogni poeta degno di questo nome, oggi come ieri.
Andrea Mariotti
La bellissima lirica montaliana “A mia madre” che oggi, Andrea, poni alla nostra attenzione e di cui ci lasci un rigoroso, puntuale commento, non può non richiamarci alla memoria poesie, quali “La madre” di Ungaretti (da te ricordata), “Preghiera alla madre” di Saba; “Supplica a mia madre”di Pasolini. In esse, dove l’ispirazione è concentrata tutta sull’amore materno, ritroviamo espresse -con toni diversi- riflessioni esistenziali legate al tema dello smarrimento di fronte alla morte, al dialettico rapporto tra passato, presente e futuro e al concetto di sopravvivenza del ricordo, della memoria che si lascia in chi resta.
Hai fatto bene a ricordare, Fiorella, le poesie di Saba e Pasolini sullo stessa tema di quella di Montale (e naturalmente ad esse pensavo anch’io scrivendo la mia breve nota sul grande Genovese): fatto sta (scopro l’acqua calda dicendo questo) che solo avendo “interrogato” i testi possiamo ribadire con coscienza e non succubi di uno stereotipo una gerarchia di meriti; alludendo con ciò al ruolo centrale, normativo di Montale nel nostro Novecento, in quanto poeta ispiratissimo ma fermo e asciutto; evocativo ma nel contempo riflessivo e controllatissimo: praticamente perfetto, nella sua prima “maniera” alta. Un grande classico, insomma, come nessun altro.