Il 5 dicembre 1791 moriva W.A. Mozart, a trentasei anni non ancora compiuti. Ebbene, non più tardi di ieri sera ascoltavo del Maestro il Graduale Sancta Maria, mater Dei K 273, scritto nel 1777 e giudicato da Massimo Mila (mai troppo tenero con Mozart) più o meno alla stessa altezza del sublime Ave verum corpus; a rafforzare quell’idea di capolavori perfetti di volta in volta (nel caso di artisti di questa altezza) al riparo da una ingenua esegesi di matrice diciamo così evoluzionistica. A Mozart ho dedicato una poesia nel 2007 volutamente non incipriata (dal lessico “basso”), nel rispetto amorevole di una verità storica che lo vide patire parecchio, prima dell’epoca beethoveniana in cui il compositore conoscerà gli onori dei principi:
LE PALLE DI MOZART
Un funerale di terza classe
in Santo Stefano a Vienna
e poi la fossa comune:
con quell’audace “signor contino”
troppo hai sfottuto il mondo
dei potenti tre anni prima
della Bastiglia! non voglio
risvegliare in te il fantasma
di un ingombrante genitore,
il primo ad esecrare la tua vena
esplosa in lacerante sol minore.
Gentile omaggio del maggiordomo,
un calcio in culo hai preso
nel ribellarti all’arcivescovo
di Salisburgo: acqua passata, dici,
impralinato e depresso appena.
Andrea Mariotti, dalla silloge Scolpire questa pace Tracce Edizioni, 2013.
p.s. il lacerante “sol minore” cui accenno nei miei versi è la tonalità della Sinfonia mozartiana k183, scritta nel 1773 a diciassette anni e per l’appunto deplorata dal padre del compositore, Leopold, per la sua inaudita vena “wertheriana” (ricordate l’attacco musicale del celebre film “Amadeus” di Milos Forman del 1984?)