Finalmente il freddo oggi in montagna sui Lucrètili, per camminare meglio senza sudare troppo (evitando naturalmente quote elevate, ché il crollo termico stanotte c’è stato, fuor d’ogni dubbio, e l’organismo deve adattarsi, nei limiti consentiti dalle brusche variazioni climatiche degli ultimi anni e del 2018 in particolare). In foto un faggio quasi zoomorfo e dorato ammirato questa mattina, a ribadire, credo, la dialettica vitale di piacere-dolore riservata agli umani (rammentando l’effetto ghigliottina degli alberi caduti in gran copia e rovinosamente su persone e cose di recente in varie parti d’Italia). Non è difficile accorgersi della fusione con il sempreverde agrifoglio, a proposito del faggio nella foto. Ciò mi ha fatto venire in mente che non più tardi di un mese fa si faceva ancora il bagno al mare fuori stagione…oggi, invece, un freddo più invernale che autunnale! poteva non tornarmi alla memoria l’Ode stupenda di Orazio (Carmina, IV, 7) “Il freddo si mitiga agli Zefiri,/ la primavera/ cede all’estate che morrà appena/ il fruttuoso autunno avrà effuso i frutti/ e presto torna l’inerte inverno” (9-12; trad. di Luca Canali)? tale Ode non ha bisogno di commenti: è quella in cui leggiamo “Immortalia ne speres…pulvis et umbra sumus”.
Andrea Mariotti
L’avvicendarsi delle stagioni segna l’inesorabile scorrere del tempo e come la natura si esprime manifestandosi in tal senso. Suggestiva la foto che hai postato, ma recentemente abbiamo assistito a immagini tutt’altro che rassicuranti a proposito di clima e natura. Purtroppo i cambiamenti climatici – ormai irreversibili – prodotti dall’uomo hanno cominciato a stravolgere i consueti cicli della natura descritti anche nell’Ode di Orazio, e direi che in questo caso non si può attribuire la colpa alla “natura matrigna”..
Sì, è così, Monica, e sugli alberi non più tardi di fine ottobre vittime (sulle Dolomiti) e carnefici (in diverse città italiane) per via dei massicci cambiamenti climatici ho cominciato a scrivere dei versi…Un caro saluto