Sironi
La foto qui sopra, tratta dal sito Arts blog.it (Fondazione Stelline-Milano 10/22) permette di farsi un’idea del bellissimo dipinto di Mario Sironi, COLLOQUIO, del 1944. Tale immagine può servire allo scopo: rendere pubblica una e-mail da me inoltrata giorni addietro al poeta e filosofo Franco Campegiani, mio ottimo amico. Nella suddetta e-mail, mi trovo a riflettere sul libro da lui pubblicato nel 2001 (FRANCO CAMPEGIANI, LA TEORIA AUTOCENTRICA-ANALISI DEL POTERE CREATIVO, ARMANDO EDITORE). Un libro che ho letto con vivo interesse lo scorso agosto, nel pieno delle mie ultime prove poetiche
:

Caro Franco, eccomi finalmente a parlare del tuo libro, da me letto con piacere e attenzione. Sì, il piacere del testo: non essendo semplice -lo sappiamo bene- esprimere in campo filosofico concetti che possono sovente risultare astrusi, agli occhi del lettore non edotto. Ebbene, nel caso del tuo libro, la tua vocazione di scrittore mi è parsa davvero un valore aggiunto, il sostrato di chiarezza in base al quale poter cucire la trama dei tuoi ragionamenti. Ma, a parer mio, sarebbe riduttivo parlare nella fattispecie di divulgazione filosofica, come le mie parole potrebbero magari lasciare intendere. E ti dico subito il perché. Tu, caro Franco, animato dal sentimento della complessità delle cose, getti su di esse, senza banalizzarle mai, uno sguardo nitido, cartesiano e, nel contempo, plastico, vivo; in virtù -a mio avviso- del tuo buon senso di sapore antico che, già valore antropologico rilevante, viene ad acquisire, nel tuo libro, una dignità speculativa tale da elevare a “proposta filosofica” quanto scrivi. Ciò premesso, devo dirti che mi ha colpito molto, a pag.14, la sorvegliata categoricità con la quale affermi: ” Dio è l’intelligenza sovrana del cosmo. Come tale è inconoscibile e non può essere scambiato col Tutto, né ridotto a Persona. Dio è semplicemente equilibrio, amore. Egli è il Vertice e il Vertice è verso il tutto, è l’armonia del tutto e del nulla, è riunione”…leggendo queste parole, caro Franco, ecco che sono infatti affiorate alla mia memoria certe figure possenti ed enigmatiche di Mario Sironi, in questo caso intente a conficcare vigorosamente nella sabbia del nulla gli ombrelloni al cui riparo è dolce potersi ristorare; bandendo gli assolutismi spiritualistici come pure le scorciatoie in deroga al pensiero (il ben noto credo quia absurdum!): in sostanza, proprio le parole suddette esprimono una posizione forte del tuo spiritualismo critico, argomentato e ragionevole (in quanto costantemente alimentato dal citato buon senso). Ma è a pag.22, a proposito “…del modo di essere creativo dell’eterno, il suo essere sorgente della vita universale. Dico espressamente sorgente, e non causa, perché la sorgente è misteriosa (si vede dove sorge, ma non si sa da dove), mentre la causa è un punto fermo illusoriamente preteso dalla razionalità…”; stavo dicendo, è all’altezza di questa pagina che il lettore può sentirsi stimolato ad uno sguardo rigenerato nei confronti di una razionalità sempre più asfittica e superata, qualora impugnata in modo grossolano. Proseguendo nella lettura del libro, non posso tacere il mio compiacimento a fronte del tuo ricordare, con spirito rigorosamente kantiano (pag.27), la necessità di “affidarsi ragionevolmente, alla ragione, la quale non possiede alcuna verità, ma è uno strumento per tentare di capirla”. Non ti posso infatti nascondere il mio amore per l’autore delle Critiche, colui che più limpidamente di tutti ci ha ricordato che “l’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro”. Talché, con spirito sempre rigorosamente kantiano tu, Franco, a pag.31, puoi stendere il manifesto della creatività, in base ai presupposti del tuo spiritualismo critico: ” Intesa in questo senso, ovviamente, la creatività è qualcosa di più della pura e semplice capacità inventiva, o della cosiddetta fantasia. E’ il battito della verità individuale universale, che scuote l’uomo di passaggio sul pianeta in cui sta compiendo esperienze fondamentali. La creatività coglie ciò che nell’uomo c’è di elementare, di essenziale: l’archetipo, la sua umanità di sempre, il suo spirito, capace di rinnovarsi in ogni attimo, come in ogni età storica, per le proprie esigenze evolutive”. Il filosofo tedesco sorriderebbe compiaciuto, credo, nel sentire così efficacemente riproposto, oggi, l’assunto essenziale della sua Critica del giudizio! Coraggioso da parte tua, inoltre, Franco, affermare (pagg.37-8): “E se fossi stato io…ad avere scelto di venire a questo mondo?”; giacché, di seguito (pag.39), quando deplori la fuga di responsabilità rispetto ai nostri mali, mi hai fatto pensare a un libro da me molto amato e costantemente meditato, e cioè Malattia e destino (sul valore e il messaggio della malattia, testo esimio in mezzo a tante banalità della “vulgata” new-age). Superfluo osservare l’efficacia ergocentrica della tua critica al lamento sartriano (pag.40), tramite la quale ti apri la strada alla disanima dirompente del “nero materialismo” (così come lo chiami); nutrito non poco di quell’egoismo che non è amor di sé (senza di cui, come ci ricorda l’Aquinate, non è possibile “nessun amore per un Dio percepito o pensato, e, per conseguenza, nessun dono d’amore agli altri”). In sintesi, caro Franco, sono davvero parole di verità quelle che scagli contro le “filosofie contemporanee” intese “come odi funebri” tali da “estirpare nell’uomo la sfera del profondo…La spiritualità viene ignorata e il risultato è per l’appunto questo assolutismo del frammento, del limitato, del relativo”. L’artista che è in te, Franco, poi, viene fuori alla grande nel rivestire con una bellissima immagine il concetto della dualità del dubbio e della fede (pag.73): “Bisogna cavalcare un solo cavallo, non due: il cavallo della dualità, il cavallo dai due fianchi armoniosi” (suggestiva metafora erotica, a sancire il fuoco filosofico di Amore). Sempre superfluo sottolineare quanto mi trovi d’accordo la tua critica alla globalizzazione, quale “affermazione di una cultura piatta e priva di valori” (pag.75). Però qui ti chiedo, caro Franco, a proposito di quel popolo “che non c’è più” (pag.76), e che già Marx non considerava più tale dalla Rivoluzione Francese in poi (nella sua Critica dell’ideologia tedesca, laddove il filosofo parla esplicitamente di masse, come termine post-rivoluzionario più adeguato); dicevo, qui ti chiedo, Franco: siamo davvero sicuri che l’individuo abbia ancora qualche carta da giocare contro il feticcio tecnologico? Penso, così dicendo, a quei fenomeni di massa a quanto pare ricorrenti nella storia (fascinazioni dittatoriali in primis: come non ricordare, al riguardo, un testo come Psicologia di massa del fascismo, di W. Reich?); per tacere di quella società liquida lucidamente indagata dal sociologo polacco Bauman, negli ultimi anni… Mettiamola così, dal mio punto di vista: pessimismo della ragione e ottimismo della volontà! ma il tuo libro, caro Franco, sicuramente imprime una scossa a chi abbia la pazienza di leggerlo e meditarlo un poco. Esso, così ben scritto, “lavora” secondo me a livello subliminale, risultando apportatore discreto ma costante del fuoco del pensiero.

Con stima e amicizia

Andrea

2 commenti su “

  1. Franco Campegiani

    Carissimo Andrea, sono fortemente lusingato del tuo coltissimo e lungo commento a “La teoria autocentrica”. I riferimenti che fai, i parallelismi insospettabili, che mi lasciano ammirato per gli orizzonti apertissimi della tua sconfinata cultura, mi hanno obbligato a degli approfondimenti molto utili, ma impegnativi. Voglio partire dal dipinto di Sironi, da te scelto come puntuale commento visivo, con quelle atmosfere di intimità colloquiale che nulla hanno di “intimistico” (l’intimismo si trova agli antipodi della relazionalità e del dialogo, come ben sappiamo). I toni dell’opera, oltretutto, accentuano il respiro chiaroscurale dei miei intenti filosofici, legati al principio dell’armonia dei contrari. Per quel che concerne il Criticismo ed il kantismo che tu noti vagamente nella mia filosofia, c’è un chiarimento molto importante ed opportuno da fare. La condanna del razionalismo metafisico svolta dal grande pensatore tedesco fu dirompente e rivoluzionaria per il secolo in cui venne pronunciata, ma occorre oggi andare oltre, superandone i limiti e portando alle più mature conseguenze quel clima di sfiducia totale nelle pretese della dea Ragione, cui hanno contribuito molte filosofie contemporanee, certamente disincantate e più caute circa le possibilità, sia pure circoscritte e limitate, della Ragione stessa. A cosa servono, infatti, le cautele kantiane, quando si resta comunque prigionieri dell'”imperativo categorico”? Il razionalismo è e resterà sempre dogmatico, in qualunque salsa lo si voglia condire. E a nulla è servito il puerile tentativo di salvare la Ragione concependo la norma morale come “proposizione emotiva”. L’emotività non è che il risvolto passionale ed arbitrario della dea Ragione. Sono due facce della stessa medaglia: lo schematismo dell’intelletto umano. Bisogna superare, ritengo, il moralismo coercitivo e condizionante dell’etica kantiana, non per distruggere i Principi, ma per giungere ad una moralità più sana, dove i Principi non siano subiti passivamente, ma creativamente compresi e adottati dall’animo umano. E’ a questa liberazione interiore che tende l’Autocentrismo di cui io mi sforzo di parlare. Ed è questa, davvero, l’unica e possibile carta che abbiamo contro i feticci tecnologici. Non per distruggerli, perché in fondo sono mezzi che occorrono (prolungamenti indispensabili dell’arido raziocinio umano), ma per contenerne e superarne gli effetti negativi. Ci sarebbero, caro Andrea, mille altre cose da dire, ma il tempo stringe ed io non voglio esaurire in poche battute temi che saranno oggetto di mie prossime pubblicazioni. Grato ancora per tutto, ti stringo forte la mano.

  2. andreamariotti Autore articolo

    Ti ringrazio, carissimo Franco, per la tua risposta; risposta che giustamente rimanda alla necessità di princìpi “creativamente compresi e adottati dal’animo umano”; contro i feticci tecnologici non da distruggere -come puntualizzi- ma da governare, superandone “gli effetti negativi”. Fa chiarezza questa tua risposta, caro amico; spingendomi infatti a pensare al tema della questione morale, così come viene ingenuamente (o strumentalmente?) evocata oggi nel nostro paese in assenza del rispetto delle regole a livello socio-politico-finanziario…ma la scorrettezza di molti, in tutta evidenza, rimanda alla salute morale dell’individuo, giusto? In attesa degli sviluppi della tua teoria autocentrica in prossime pubblicazioni, ti saluto con grande cordialità, ricambiando la tua stretta di mano.

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