Intorno alla sonata per violoncello op.69 di Beethoven
Eccome se le date sono importanti! 1808: l’anno della Quinta Sinfonia op.67, laddove tutto il mondo interiore di Beethoven risulta pienamente dischiuso e sintetizzato in poco più di mezz’ora d’ascolto. Ma nello stesso anno, nasce la sonata in La maggiore per violoncello e pianoforte in tre movimenti: Allegro ma non tanto; Scherzo, allegro molto; Adagio cantabile-allegro vivace. Ebbene, anche quest’opera risulta di durata concisa, pur nella complessità dei suoi temi tenuti insieme da una superiore capacità di sintesi, la stessa a ben vedere della Quinta. Meno famosa e universale di quest’ultima, la sonata in questione trova tuttavia non pochi appassionati cultori soprattutto per via del secondo movimento, lo scherzo/allegro molto, coi travolgenti e diabolici singulti del violoncello (d’una modernità sconcertante e incorrotta!). Il tempo di riprendersi dalla malia di esso, ed eccoci carezzati dal verecondo adagio cantabile dell’ultimo movimento, d’una dolcezza unica e tutt’altro che smielata, in quanto frutto di un genio per definizione tempestoso; a riprova di ciò, la trasformazione di questa stessa dolcezza nello scintillante allegro vivace con cui si conclude l’opera. Che dire? Non si tratterà del Beethoven più sperimentale e inabissato in se stesso della terza sua “maniera” (quella per intenderci della Nona, della Missa Solemnis e degli ultimi quartetti) ma, in tutta evidenza, per il nostro tempo frettoloso e avverso alla meditazione, nulla di più meravigliosamente funzionale della sonata per violoncello di cui abbiamo detto (dotata a conti fatti della stessa travolgente ed estroflessa coerenza che segna l’immortalità della Quinta Sinfonia).
Andrea Mariotti
p.s. (riservato per la pubblicazione sulla rivista Kenavò diretta da Fausta Genziana Le Piane)
“Inter lacrimas et luctum”, la dedica di Beethoven ad un amico sul manoscritto originale della Sonata per violoncello e pianoforte n. 3 in La maggiore, op.69 sembra visibilmente contraddire l’atmosfera di serenità, di pacatezza ed allegria anche (vedi la seconda parte del terzo movimento) che caratterizza l’opera su citata. Ho riascoltato con infinito piacere le note melodiose della Sonata, che -per intensità lirica- si avvicina come a ragione tu hai sottolineato, alla Quinta Sinfonia del grandissimo compositore tedesco, autentico genio della musica.
Tutto vero, Fiorella, e grazie per questo tuo commento che integra al meglio quanto da me osservato sulla sonata beethoveniana. Un caro saluto