“Settembre è il mese del ripensamento/ sugli anni e sull’età,/ dopo l’estate porta il dono usato/ della perplessità./ Ti siedi e pensi e ricominci il gioco/ della tua identità,/ come scintille brucian nel tuo fuoco/ le possibilità.”…così Francesco Guccini nella sua Canzone dei dodici mesi (primi anni Settanta). Meglio non si sarebbe potuto esprimere uno stato d’animo credo non soltanto mio, con l’autunno alle porte! Francesco Guccini, che ha compiuto da poco settant’anni, cantautore italiano tuttora molto amato da ascoltatori di tutte le età, ha pubblicato quest’anno Non so che viso avesse (quasi un’autobiografia), per la Mondadori. Con eleganza Guccini nel citato libro (che rimanda nel titolo all'”attacco” della sua canzone più famosa, ossia La locomotiva), affida all’amico Alberto Bertoni il compito di una radiografia dettagliata di decenni di carriera. Ebbene, a Bertoni, italianista, vorrei ricordare -sperando di non peccare troppo di accademismo- che a parte Guido Gozzano, sarebbe stato necessario fare il nome di Carducci a proposito della gucciniana canzone L’ Isola non trovata, laddove il cantautore modenese dice: “Svanì di prua dalla galea,/ come un’idea”; giacché, nella fattispecie, Guccini si abbandona ad una fin troppo scoperta memoria carducciana: “Sottil, lucida, acuta, in alto splenda/ Ella come un’idea” (versi 37-8 dell’ode Per Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti, vertice della poesia civile di questo nostro “scolastico” ma comunque grande poeta; Carducci, per l’appunto). Di carduccianesimo è infatti intrisa l’abilità versificatrice di Francesco Guccini, mi sentirei di dire; non a caso a suo tempo studente a Bologna ( città dove per decenni Carducci visse e si affermò come prestigioso docente universitario): la stessa celeberrima Locomotiva, in tutta evidenza, deve più di qualcosa non soltanto allo “scandaloso” A Satana, del Carducci; ma anche alla stupenda “barbara” Alla stazione in una mattina d’autunno, laddove “l’empio mostro”, cioè la locomotiva, “sfida lo spazio”; per dire di come la profondissima malinconia carducciana dominante in tale lirica risulti spunto non indifferente per “l’epica” ballata di Guccini. Al quale, in conclusione, devo dire grazie per avermi indotto a rileggere (in virtù della citata autobiografia) un poeta non soltanto scolastico ed enfatico, ma anche in diversi casi veramente grande come Giosuè Carducci (premio Nobel per la letteratura, peraltro, e maestro indiscusso di ars poetica). Ma poi, a parte tutti questi “distinguo”: grazie, soprattutto, Francesco, per la Canzone dei dodici mesi; ricordando la quale ho iniziato a scrivere questo articolo (quanto hai detto riguardo a settembre -ripeto- è terribilmente esatto!). Non posso però dimenticare che proprio oggi è ricorso il dodicesimo anniversario della scomparsa di Lucio Battisti, altra colonna sonora della mia generazione; agli antipodi, all’epoca, rispetto alla “canzone di idee” di Guccini, ma cantore originale e tuttora freschissimo dell’amore, nelle sue infinite sfumature.
Caro amico poliedrico e ricco di inesauribili idee,
quale intuizione celebrare un simbolo della nostra generazione, come il poeta cantautore Francesco Guccini! E quale acume nell’accostarlo al nostro Carducci, sia nella struggente “Canzone dei dodici mesi”, che nella sua ‘bandiera’, ovvero la celeberrima locomotiva. Satana, scrivi, e penso alla strofa: “E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano /che l’uomo dominava con il pensiero e con la mano”… la somiglianza diventa inquietante.
I versi sull’autunno che nella foto sembra giungere fosco e gravido di cattivi presagi, ci riportano all’intimismo del Guccini de “Il vecchio e il bambino” e di tante altre poetiche canzoni. In effetti le stagioni sono da sempre vissute dagli Artisti e forse anche dagli uomini comuni, come le clessidre destinate a scandire le età delle nostre esistenze. Riflettere sul tempo che passa è fisiologico e veder dimuinire il tempo delle possibilità è dolcemente umano.
E mentre Guccini scandisce i suoi mesi, dalla sponda dell’amore Battisti celebra ancora e sempre il suo “Canto libero”….Grazie, Andrea, sei uomo di straordinaria sensibilità, attento a tutte le forme artistiche degne di essere ricordate e valorizzate!
Che dire, cara amica, se non che ci vuole tanta e tanta umiltà nel rivisitare necessariamente le nostre “certezze” in negativo, vedi nel mio caso Carducci? Conoscendolo finora soltanto scolasticamente, avevo di lui un’immagine ovviamente deformata, riduttiva. Confermo qui quanto ho scritto in precedenza a proposito di questa nostra esistenza destabilizzata, liquida, pensando al celebre sociologo Bauman: sussistono in effetti i presupposti per ricreare senso e valori, non volendo mitizzare oltre ogni limite il nostro smarrimento. Mi permetto quindi nella fattispecie di invitare i visitatori del presente sito -nel caso non l’avessero letta- a “immergersi” nella citata ode barbara ALLA STAZIONE IN UNA MATTINA D’AUTUNNO di Giosuè Carducci, davvero meravigliosa nella sua malinconia viva, non ibernata in senso letterario. Cosi può essere superato uno pregiudizio totalizzante nei riguardi di tale poeta, com’è accaduto a chi scrive. Un abbraccio. Andrea
EVOLVERSI
(mettendo vita agli anni e non anni alla vita) è stare dentro al Tempo che muta. Ric-conoscere le nostre necessità e ammetterle, i nostri naufragi in stazioni con il treno che parte, noi muti e incollati col fazzoletto in mano a gurdare il vuoto che attorno si fa. Post importante, Andrea, come perle (vere) i tuoi suggerimenti. Un grande abbraccio. Mirka
Grazie, Mirka, per questo tuo commento profondo e asciutto, a prescindere dal riconoscimento da te riservato al mio articolo. Questione di attimi l’altra sera, tornando a casa: quando si è materializzato come un pensoso tramonto il dire di Francesco Guccini intorno a settembre… il cellulare a portata di mano, una buona foto (credo), ed eccola, tale foto, ad illustrare le mie riflessioni su Guccini e Carducci. Riguardo a quest’ultimo, non mi stancherò di ripetere che non è stato facilissimo, per me, studioso e amante di Leopardi (“nemico mortalissimo dell’affettazione”, Zibaldone, 64), rivisitare un poeta-vate prigioniero del proprio successo. Ma, come spiega benissimo il grande critico Giorgio Bàrberi Squarotti nella sua introduzione a CARDUCCI, Poesie, GARZANTI ED., l’autore di San Martino è stato assolutamente “necessario” per il suo pubblico post-risorgimentale. A noi il compito, debitamente indirizzati, di riscoprire oggi una lirica come la citata Alla stazione in una mattina d’autunno , modernissima e altamente ispirata. Un grande abbraccio anche da parte mia. Andrea.
Caro Andrea,
leggerti sotto qualsiasi forma poetica tu affronti, è senza dubbio una grande emozione. Una scossa, direi al cuore, che forse affievolisce un po’ il suo battito, cosparso ora dalla tristezza dell’estate che ci saluta.
Tu riesci, comunque, ad essere stimolante nel riprendere in un solo quadro Guccini, Battisti e Carducci, facendo di ognuno un protagonista nelle parole delle nostre emozioni e del momento fugace.
Non c’è età, credo, che passi per te inosservata; fermata con la sensibilità che scorre con semplicità e profondità. Per noi poeti, credo non sia importante il tempo che trascorre. Riprendersele le stagioni, le ore, le immagini, le emozioni che esse lasciano, questo è per me ciò che conta di più, solo così eternizziamo e facciamo più ricchi noi stessi e chi ci circonda.
Con affetto grande. Patrizia
Cara Patrizia, mi fa piacere che tu abbia apprezzato questo mio scritto. Debbo peraltro aver percepito qualcosa nell’aria, giacché -parola d’onore- non sapevo prima di sabato scorso (inserto libri del quotidiano La Stampa del 18.9.2010) dell’uscita in libreria di Carducci- Il leone e la pantera, Salerno Editore; prevista per l’appunto per la settimana in corso. Il volume raccoglie una selezione delle lettere d’amore scritte da Carducci a Carolina Cristofori Piva, la musa ispiratrice –Lidia– della citata barbara ALLA STAZIONE IN UNA MATTINA D’AUTUNNO… sì, cara Patrizia: noi poeti sentiamo. Con ricambiato affetto. Andrea