Si ferma il tempo
nel percorso che m’avvicina
in questo luogo risiedi
qui- dove la vita passa nell’attesa.
Il candore della tua pelle m’accarezza
quella pelle tornata bambina
ora che invochi me
come fossi io tua madre.”
(poesia incipitaria della silloge “La casa delle fate” di Cinzia Marulli, ed.La Vita Felice, 2017)
Questa poesia si commenta da sé in quanto a levità e trasparenza; ottenute tuttavia per opera di scavo, in tutta evidenza: talché i versi che leggiamo “contengono” l’intera raccolta, con mirabile pregnanza semantica. In particolare, la rima lontana “avvicina/bambina” ribadisce la forza della poesia capace di rinnovare se stessa grazie al suo strumento in apparenza più logoro; qui mobilitato a esprimere un moto potente di tenerezza nel rovesciamento dei ruoli. Si è appena detto “qui”, citando non a caso l’avverbio della prima strofe (a-capo dell’ultimo verso). Segno linguistico che quasi inchioda il lettore, nel vestibolo del libro, ad un viaggio nel dolore e negli affetti sorretto da serenità non soltanto formale, com’è nelle corde di Cinzia Marulli non da oggi.
Andrea Mariotti
Molto bella questa poesia tratta dal libro di Cinzia Marulli “La casa delle fate”, dal titolo così evocativo ma che invece affronta con coraggio ed amore il lungo percorso nel dolore della perdita. Ottima la tua analisi testuale
E’ proprio come tu dici, Monica, bellezza e coraggio d’una poesia che nella sua sostanza umana non doveva comunque sfuggire all’occhio attento per i valori strettamente testuali. Un caro saluto