La foto qua sopra evidenzia alquanto all’acqua di rose il bivacco di clochard e turisti nei pressi di San Pietro e, soprattutto, di Castel Sant’Angelo (come mi è stato riferito da amici che abitano nei dintorni e come del resto hanno segnalato le cronache cittadine nelle settimane passate). La Capitale è sporca, sempre più sporca e degradata di questi tempi. Ma la mia intenzione, qui, non è quella di prendermela con Virginia Raggi ad un anno di distanza dal suo insediamento quale Sindaca di Roma. Ad altri il compito di scrivere minuziosamente circa le sue responsabilità. Ciò che in effetti mi preme è di esprimere la percezione di una sinergia in negativo (diciamo così) fra la Raggi e papa Francesco; figura comunque di grandissima umanità, Bergoglio, capace di toccare non poche volte il mio animo (ricorderò per tacer d’altro il suo primo viaggio a Lampedusa quattro mesi dopo il conclave, un gesto altamente significativo del suo pontificato). Ma premesso questo, dovrò pur dire di quelle che mi sembrano le conseguenze socio-politico-antropologiche a partire dal 2013 dei “gesti” di Bergoglio: a capo (rammentiamolo!) della Chiesa Cattolica nonché di uno Stato sovrano. Ora, servendomi di un lucido e corrosivo enunciato di Leonardo Sciascia estrapolato dall’Affaire Moro (libro da me riletto recentemente) dovrò esprimermi così: in base alla legge dell’invisibile evidenza, papa Francesco non da oggi sta smantellando di fatto il prestigio di Roma, città le cui sorti per antica storia -piaccia o non piaccia- risultano (e quanto strettamente!) legate alla Santa Sede. Due gesti gravidi di implicazioni da parte di Bergoglio, in particolare: la scelta di Santa Marta come alloggio all’interno del Vaticano; e l’apertura del Giubileo della Misericordia 2015 a Bangui (Repubblica Centrafricana). Ebbene, la trasmissione televisiva di venerdì sera 23 giugno su Rai Tre della Grande Storia per l’appunto dedicata al pontificato di Francesco, oltre a rammentare la scarsa affluenza di pellegrini a Roma per il Giubileo, ha ospitato non poche voci critiche della Curia in merito alle tante, forse troppe aperture del papa argentino (l’Eucarestia ai divorziati, la “sensibilità” eccessiva nei confronti di Lutero, per fermarsi qui). Intendiamoci bene: da laico convinto non penso minimamente ad immedesimarmi con le ragioni della Curia (che forse prega in cuor suo per un rapido esaurimento del “ciclone” Bergoglio…); volendo focalizzarmi sul fatto che, senza rimpiangere la sedia gestatoria, i “gesti” di Bergoglio (in primis quelli sopra evidenziati) hanno comportato e stanno comportando -credo- un processo di marginalizzazione di Roma. Quanto sta a cuore a Bergoglio -mi chiedo- la Capitale del nostro paese considerando il suo amore per le periferie del mondo e per gli ultimi? non sarà che il suo modus operandi -ispirato da una sistematica quanto trasgressiva insofferenza verso il protocollo- può in qualche modo incoraggiare i suddetti bivacchi non distanti dal Vaticano e lesivi del decoro urbano anche e soprattutto in presenza di una giunta capitolina brava solo a farsi e disfarsi sulla pelle dei cittadini, donde quella sinergia in negativo di cui sopra fra la Raggi e Francesco che peraltro non si parlano? e qui risulta impossibile non osservare che il papa-alfiere della misericordia potrebbe cercare il dialogo con la Sindaca, dopo l’intransigenza a suo tempo mostrata nei confronti del malcapitato Ignazio Marino…
Ripeto: non da vaticanista e spero con rispetto ho inteso esplicitare brevemente osservazioni che faccio tra me. Regressive, in salsa caput mundi? può darsi. Eppure in medio stat virtus, sentenzia la Scolastica riferendosi all’Etica Nicomachea; laddove Bergoglio mi pare un rivoluzionario sotto sotto isolato all’interno della Chiesa (talché sorrido ancora per le acrobazie verbali di Andrea Riccardi nella citata trasmissione di venerdì sera: acrobazie a mezza bocca peraltro, masticate a fatica, a significare eloquentemente lo stato confusionale di clero e credenti per il “ciclone” Bergoglio, guarda caso caro a molti orfani della sinistra italiana, me compreso). Io in questa città ci vivo e lavoro (a parte la patinata Grande Bellezza di Sorrentino) e con amarezza e sconcerto guardo al tempo della mia giovinezza allorché era un privilegio abitare a Roma…oggi è leggermente diverso fra buche, incendi, rifiuti, indecenze varie e tante aziende che voltano le spalle a…Gabbianopoli. Ma si sa, invecchiando si diventa passatisti e noiosi ed anche patetici. Non me ne voglia papa Francesco, che sicuramente non fa di proposito quello che ho detto; trattandosi, lo ripeto, di una figura di rara umanità ma comunque da non mitizzare per politica vedovanza (per converso interrogandomi nel mio caso a tutto tondo sul suo pontificato e affidandomi in ultimo al giudizio storico).
Andrea Mariotti