Mesi addietro, una mia amica che stimo molto mi ha chiesto una poesia sulla “donna d’oggi”. Le ho risposto di sì con non poche perplessità, dovute alla rischiosità del tema; nel senso del pericolo di una (cattiva) retorica nella quale mi sarei potuto imbattere strada facendo. Ma, ieri sera, con spirito di leggerezza, eccomi a scrivere versi di stretta osservanza petrarchesca (affidandomi in sostanza al procedimento stilistico della astrazione lirica, che trova nell’autore del CANZONIERE un maestro di insuperabile purezza). Lascio ai visitatori del presente sito ogni possibile valutazione circa il risultato da me raggiunto. Io posso soltanto affermare che è stato dolce abbandonarmi, in questa occasione, alla sirena dell’intimità lirica; rivisitando “il MADRIGALE…una forma breve di poesia per musica, elaborata nel Trecento con lo sviluppo della polifonia profana…gli esempi più antichi sono i quattro inseriti da Petrarca nel CANZONIERE” (cito da Pietro G. Beltrami, GLI STRUMENTI DELLA POESIA; pag.128; Bologna, Società editrice il Mulino, 1996). Ed ecco i miei versi:
MADRIGALE
I tuoi lunghi capelli sono fregi
d’una bellezza antica, misteriosa;
di quante lotte sèrbano la storia!
ragionar teco d’altri sortilegi
che finemente spandi come rosa,
mi attirerà le spine oppure gloria?
ti canto, donna; ascolto la tua voce
onirica e silvana, vaga e atroce.
Andrea Mariotti, poesia inedita del 14 agosto 2010
Caro Andrea,
grazie infinite per questo madrigale con versi di una liricità e di una delicatezza immensa.
Il tuo scritto è un poetare sulla figura femminile di tutti i tempi!!! Inoltre implica una descrizione della donna che rimane fortemente impressa perchè ogni parola sottintende un universo di emozioni e significati.
Un saluto, Angiolina.
Grazie per le tue parole, cara Angiolina. Spero davvero che la mia rivisitazione del madrigale trecentesco esprima qualcosa ai lettori d’oggi; del resto non mi sono mai nascosto l’importanza di Petrarca in merito alla nostra grande tradizione lirica. La sua purezza d’eloquio attraversa secoli e secoli di poesia…la stessa sezione dei Mottetti, nelle Occasioni di Montale, è con tutta evidenza una forma di petrarchismo di ritorno, mediato ovviamente dalla forte personalità del poeta ligure. Un saluto.
Andrea
“Donna d’oggi”
Dai tuoi versi sento la musicalità del Petrarca e vedo emergere una donna universale: poche parole raccontano tutto il nostro mondo fatto di storie individuali e collettive vissute in contesti diversi per tempi e per luoghi.
Grazie per la piacevole lettura che mi hai offerto.
Saluti
Franca
Viaggi proprio su tutti i registri, amico mio caro, e viaggi a tuo agio, come se il madrigale, il sonetto e il verso libero fossero stili di semplice impatto. Hai riportato alla luce una forma poetica tanto lirica, quanto desueta, dandole, com’è tua caratteristica precipua, connotati moderni. La donna petrarchesca è rimasta nel ‘300. Tu canti, con spirito arguto e dolce al tempo stesso, la femminilità con le sue grazie e con le lotte combattute per affermare i propri diritti; canti la complessa psiche della donna e la sue capacità d’essere lieve, soave e al tempo stesso difficile, ‘spinosa’, nella vita e nell’amore. Esprimi, a mio modesto avviso, i dubbi e le consapevolezze acquisite sull’universo femminile con il garbo e l’ironia che sono i tratti salienti del tuo poetare. “La voce vaga e atroce” è il riassunto dell’ossimoro che pervade tutto il madrigale ed è il riassunto della donna, non più dea, ma realtà quotidiana con la quale scontrarsi, pagando scotti altissimi.
Da donna ti ho letto con particolare interesse e con una forma di sofferenza interiore che, non posso negartelo, era anche un pò controcanto.
Immensa la mia stima per le tue potenzialità artistiche: in otto versi hai saputo riassumere l’intera tua visione della donna moderna! Complimenti e un abbraccio!
Grazie, cara Maria, per il tuo lucido e gratificante commento riguardo al mio madrigale. Lucido in quanto ho consapevolezza “d’autore” in merito alla chiusa del testo. “Vaga e atroce”, ossia la seconda delle due endiadi che suggellano l’ultimo dei miei versi, diversamente dalla prima, si risolve infatti in un ossimoro: un doveroso ossimoro, direi, avendo ripreso in mano il madrigale col distacco critico che la modernità poetica impone (considerando il peso del petrarchismo lungo tutto il corso della nostra grande tradizione lirica). Un abbraccio. Andrea
Grazie a te, Franca, per questo tuo intervento sul mio blog dopo la vigilia di ferragosto condivisa a Toffia nel nome di Pasolini; al proposito del quale avrai notato la mia insistenza nel ricordare la sua squisita educazione letteraria (a fondamento dei suoi “strappi” poetici). Foscolo fu il suo “duce” durante l’infanzia, ma Carducci e Pascoli gli furono maestri di stile, nell’adolescenza. Come dire che la stessa maleducazione esigerebbe, in tutti i campi (mala tempora currunt!), almeno l’ombra del suo contrario. Saluti anche da parte mia. Andrea
Un flash back nella mia anima, caro Andrea. Un tesoro che sembrava perduto, ma tu hai saputo sapientemente far riaffiorare dalla mente, un tempo rievocativo comparato alla bellezza di oggi.
La musica fa da sottofondo a questi versi. Le immagini perfette della chioma
di una donna che si chiami Laura o abbia altro nome, perfettamente proiettata nella bellezza moderna che fa chiedere in tutta la sua intrecciata lunghezza, se il cavaliere, ne ricaverà dolcezze o spine. E’ una figura di donna che, forse, mai è cambiata e l’uomo si chiedeva e si chiede, se l’incanto di una testa riccioluta, la dolcezza della sua voce può essere comunque
dolce o amara, dare amore e essere costellata , oggi, di quella stessa adorazione di un tempo. Il “vaga e atroce” lascia molti contrasti nella tua visione personale. Vorresti forse nel tuo cuore che tutto fosse come a quei tempi, e svegli i tuoi sensi verso una modernità che sfiora la realtà, con nostalgia e un fiore di rammarico.
Francesco Petrarca ti ringrazierebbe, perchè egli, più di Dante, aveva un’idea
completa della femmina, e riusciva a vederne e chiedersi quanto di femminile ci fosse in lei, oltre l’aspetto esteriore. E’ infatti considerato da tutti il poeta del Trecento più moderno. Scusa, concludo con un plauso a te
e un grazie per volere essere in fondo io stessa la dolcezza da spargere dando gloria al mio uomo.
Pensavo, cara Patrizia, ad un bellissimo articolo di Mattia Feltri apparso sulla Stampa della domenica scorsa (se non ricordo male), leggendo le tue riflessioni intorno ai miei versi. Emblematico il senso di tale articolo, il cui titolo, in apparenza frutto di un gioco di parole, esprime con amara presa di coscienza cosa forse è già avvenuto nel nostro Paese: un mutamento antropologico al ribasso, e cioè il tramonto dell’ Est(etica), per citare alla lettera il suddetto titolo (con riferimenti precisi ai nostri governanti). Dunque la parola estetica contiene la parola etica! forse noi poeti lo sappiamo o dovremmo saperlo da sempre (senza per questo voler fare del facile moralismo, irrigidendo il corso della poesia nel tempo passato, presente e futuro). Così, in sintesi, concordo da lettore con quanto hai scritto sui miei versi, laddove accenni ai “molti contrasti” nella mia “visione personale”, suggellati dall’ossimoro di chiusa; nel senso che, l’eleganza del madrigale non neutralizza lo smarrimento attuale di noi uomini di fronte alla complessità crescente dell’universo femminile. Ma, in tempi come questi, del tramonto dell’Estetica -come abbiamo appena ricordato- la mia umiltà di uomo ha voluto riconoscere tale smarrimento non rinunciando (da poeta) allo splendore del verso; anche e soprattutto per fare un dono al lettore . Un caro saluto.
p.s. L’editoriale odierno del Corriere della Sera, di Claudio Magris, insiste sulla volgarità di chi dovrebbe darci il buon esempio (avvelenando di fatto la nostra società).
“ONIRICA E SILVANA”, “VAGA E ATROCE”.
Ossimoro audace che centra l’essenza dell’universo femminile. Forse il più misterioso nel suo raccogliere, custodire, liberare. Dà morte per riportare alla vita. Ciao. Mirka
La sera prima di parlare in pubblico di Pasolini, nella fattispecie della sua poesia civile, ecco la mia ispirazione “dettarmi” imperiosamente il Madrigale…esiste prateria più vasta della poesia, continuo a chiedermi con intatto stupore? Ciao.
Andrea
Caro Andrea,
sei riuscito in maniera sublime a far rivivere la donna petrarchesca che credevo relegata tra i fantasmi angelici del ‘300.
L’ultimo verso di ogni singola terzina – dipinto con una tinta garbatamente moderna – proietta l’anima del sommo Francesco nell’Empireo dei nostri giorni vestendola di maliziosi colori.
Il distico mi lascia dolcemente attonito:
ONIRICA – SILVANA – VAGA – ATROCE .
Come meglio tratteggiare le preziose peculiarità femminee con gustosi (quanto esaustivi) termini in antitesi tra loro?
Da oggi mi libererò della ” Nova angeletta sovra l’ale accorta… ” (in perfetta sintonìa con le tue impeccabili rime) e sarà ” I tuoi lunghi capelli sono fregi…” a prendermi per mano!
Un “CIAO” carico di sincera, amichevole stima!
Roberto
Benvenuto nel mio sito, caro Roberto: le tue parole mi fanno onore, giacché in esse percepisco la stima verace per i miei versi sgorgati all’improvviso in una serata faticosa. La stima di un poeta che, non diversamente da me, sente la metrica della nostra grande tradizione non come una gabbia, bensì come uno strumento potente per gli slanci della fantasia. Un affettuoso saluto con stima pienamente ricambiata. Andrea
Carissimo amico,
ci siamo sentiti poco fa, mi hai annunciato la tua nuova composizione, ti ho assicurato che l’avrei letta domani, ma ero troppo curiosa… ed ora sono davvero entusiasta. Nei commenti a questo tuo “madrigale” leggo che ha colpito soprattutto la delicatezza con cui hai trattato il tema della donna eludendo abilmente le insidiose trappole della retorica, elegante o spicciola che sia. Concordo, è ovvio, pienamente, anche perché troppo bene, e da troppo tempo, conosco la raffinata misura della tua poesia.
Ogni lettore, lo sappiamo bene, si lascia toccare da note liriche che fanno vibrare una parte, quella più scoperta in quel determinato momento, del suo cuore. Il mio ha vibrato per l’armonia di versi perfettamente curati, per la sobrietà di un dettato sincero, ma non immediato, piuttosto meditato a lungo e poi, finalmente, espresso. Ma, dato che credo di conoscerti per quell’intesa silenziosa e rispettosa che si è creata tra noi, ho potuto percepire dentro le parole, al di là delle parole, la nota di tristezza per quel perduto ideale femminile che la tua incomparabile sensibilità insegue da tempo. Un ideale perduto, a cui non puoi rinunciare. Un ideale non avulso dalla realtà, ma difficilmente raggiungibile in “questa” realtà materialistica che ti opprime.
Così, la forma antica e aulica del madrigale, lo sforzo tecnico della composizione, ti hanno aiutato a non far trapelare, in versi così belli e misurati, l’amarezza del tuo cuore. Eccetto che per chi bene ti conosce.
Con la mia stima e il mio affetto, in attesa di altri “madrigali”
Rina
Benvenuta nel mio sito, carissima Rina. Non nascondo l’emozione che mi procura il tuo commento, lucidissimo nel cogliere l’umanità sottesa al madrigale. Per sobrietà e ritegno, essendoti occupata tu della prefazione del mio libro Spento di sirena l’urlo, non ho mai sollecitato finora un tuo intervento sul blog. Ma stasera mi sono preso il coraggio di chiamarti, per la grande stima che nutro verso la tua intelligenza critica che è tua e soltanto tua. Chi mi conosce, sa che affermo questo senza l’ausilio degli archi; piuttosto, perché lo penso veramente. Un ringraziamento quindi per l’onore che mi hai fatto e un saluto affettuoso. Andrea
Caro Andrea, Petrarca e i petrarchisti (abilità letteraria e capacità inventiva a parte) non mi hanno mai convinto perché cantano un mondo che esiste solo sulla carta o sulla punta della loro penna. Dov’è Laura? E’ inesistente, come è assente Euridice nella poesia di Orfeo, il mitico cantore dell’evasione onirica. Questo mondo di sospiri non mi appartiene, e non credo perché io sia un rozzo materialista, quanto perché credo profondamente nello spirito, in quello spirito che non si limita ad aleggiare fuori delle cose, ma che nello stesso tempo intride e permea di sé ogni realtà. Dove la donna degli Stilnovisti è un’astrazione idealistica, la donna petrarchesca è un’astrazione sentimentale, intimistica, ma in entrambi i casi siamo fuori dalla realtà. Quanto è più bella la poesia trobadorica, dove la donna lontana sospinge il poeta a lottare per averla, facendolo uscire dai sospiri amorosi per fargli abbracciare la realtà! E quanto più affascinante, nella poesia omerica, la fede di Odisseo che affronta ogni periglio per navigare verso la sua Penelope! E’ vero: dove per la psicologia femminile l’amore è un dono, per la psicologia maschile è una conquista, e la conquista pone inevitabilmente lontana la meta da conquistare. Questo è risaputo e va bene, purché l’uomo faccia di tutto per abbreviare le distanze, non per ingigantirle oltre misura. Il tuo madrigale è stupendo, perché registra puntualmente, con la straordinaria finezza che ti appartiene, la lotta tra sogno e realtà. Da un lato la gentile vaghezza di un passato che tutto sommato ci è caro, inghirlandato di evasivi sogni e nobili idealità, dall’altro l’ombra tutta contemporanea di una sempre più oscura, turbolenta e magnetica realtà. La donna che appare in questi versi leggiadri, ariosi e direi tutti italici, è come sospesa tra il vago, irrealistico sospiro che la sua figura produce nell’animo maschile, e la sua più autentica realtà, tutt’altro che tranquillizzante (come del resto ogni altra realtà). L’idealismo svanisce, come è giusto che sia, per far luogo ad un crudo realismo, dove affiora quella terrestrità della donna, che è in grado di richiamare il cielo e che troppo a lungo è stata emarginata dalla nostra civiltà.
Benvenuto al mio caro amico Franco (di cui peraltro è possibile leggere una recensione al mio Spento di sirena l’urlo, in questo stesso blog). “Rubando” la definizione ad una comune amica, cosa dire di Franco, poeta, filosofo e saggista di razza? che, da scrutatore d’anime (tale definizione è anche il titolo di un romanzo di Georg Groddeck), ha saputo individuare profondamente le “ragioni” tempestose di una poesia in apparenza scorrevole come il mio madrigale: a livello umano, oltre che letterario. Ringrazio dunque caramente questo mio prezioso amico per le sue riflessioni che costituiscono, a conti fatti, un piccolo e concentrato saggio sui miei versi.
Andrea
Caro Andrea,
il tuo “Madrigale” è molto interessante: cattura, dello stesso, quell’atmosfera che – non solo sul piano fonetico e formale – riesce intensamente a creare. Ciò avviene, a mio modo di vedere, essenzialmente per due ordini di motivi che definirei antinomici.
Il primo: la capacità, da te dimostrata, di saper egregiamente coniugare al presente una forma poetica, solo apparentemente legata al passato, per attualizzarne i contenuti comunque perenni, comunque immortali.
Il secondo (fortemente connesso all’oggetto del poetare): l’attento tuo sguardo sulla figura femminile che, ciò nonostante, resta inafferrabile nella sua intricata e bellissima complessità.
Già l’incipit è chiara celebrazione dell’universo-donna: quei suoi capelli lunghi, simbolo “d’una bellezza antica, misteriosa” come la vita, così troppo spesso contraddetta dalla storia; quei lunghi capelli (chissà perché, li immagino neri) che pungono e tuttavia spingono a cogliere la rosa.
E il distico finale, nel quale il canto si scioglie come serenamente rassegnato all’accoglimento di lei nella sua totalità, nel suo essere contemporaneamente madre e figlia, musa e amante.
Petrarchesca astrazione lirica? Perché no. Ma il canto, qui, viene dal cielo come dalla terra.
Sandro
Attendevo il tuo commento al mio madrigale, caro Sandro: davvero non poteva mancare la tua voce fra tutte quelle che si sono pronunciate su questa mia lirica così bene accolta. E l’impressione che ho ricevuto nel leggerti, è quella di una qualità cartesiana delle tue osservazioni; che mi paiono chiudere il cerchio, efficacemente, dei commenti al testo. Un saluto cordiale. Andrea
Ciò che colpisce più di tutto in questa poesia è quel lieve senso di mistero percepito dal poeta intorno alla figura della donna. A mio modesto avviso si potrebbe dire che qui non si tratta di una sola, ma della donna in generale, come se il poeta si trovasse di fronte a un’opera d’arte che la rappresenta, e lui la scruta, partendo dall’alba dei tempi fino ai nostri giorni. Quei’ lunghi capelli’ che’ sono fregi di una bellezza antica’ la dicono lunga sull’erotismo che spesso è la chiave migliore per accedere a tutti i paradisi che questa portatrice d’amore è in grado di donare, ma che sta anche all’uomo saper gestire. Il poeta si chiede se gli porterà spine o gloria e, per via del rispetto che si deve a una certa continuità è giusto che lui si interroghi su questo anche se, nel profondo del suo cuore, egli sa perfettamente che saranno tutt’e due le cose. La donna moderna comunque (che per qualche ragione che non saprei individuare con esattezza è sempre presente in questa poesia), è portata alla luce con estrema efficacia e fa pensare al fatto che nonostante l’evoluzione e le lotte sostenute per ottenere l’uguaglianza coi maschi, pari diritti, ella abbia mantenuto nello spirito e nei sentimenti quelle caratteristiche che le appartengono e non la fanno differire affatto da quella di otto o più secoli fa. Riguardo a te, Andrea, aggiungo che l’idea di aver voluto esporre determinati argomenti scegliendo la formula del madrigale, forma poetica e musicale ormai abbastanza desueta, sia in questo caso molto appropriata. Ma è lo sguardo del poeta sul suo essere Onirica e Silvana, Vaga e Atroce, che fa riflettere il lettore e che volendo lo porta a pensare ai versi del Petrarca, a uno di quei quattro madrigali contenuti nel Canzoniere, che inizia con ‘ Perch’al viso Amor portava insegna, mosse una pellegrina il mio cor vano…’ Dove ugualmente il poeta insegue metaforicamente una fanciulla per una selva, ma a un tratto sente una voce che lo fa desistere e dopo aver avvertito il pericolo e avervi rinunciato, torna alla sua dimora ‘quasi a mezzo ‘l giorno’. Al di là di come siano stati interpretati i versi del Petrarca nel corso dei secoli, ella è per certi aspetti irraggiungibile e c’è una presa di coscienza in tutto questo, ed è quella sul fatto che la donna è così e che forse è bella proprio per questo. Grazie a te, Andrea, per aver saputo con pochi versi portare alla luce un’intera dimensione. Con stima, Roberto.
Benvenuto anche a te, Roberto, nel mio blog. Come giustamente osservi, ho scelto per i miei versi una forma poetica desueta, quasi arcaica. Ma se la donna moderna è comunque presente in essi in modo costante e quasi inspiegabilmente (secondo la tua percezione di lettore), bene, questo vuole dire che l’autore ha contemplato la bellezza femminile non passivamente, bensì problematicamente, nel corpo a corpo con la fascinazione musicale che tali antiche forme poetiche diffondono. Infine, essendo tu un narratore, non potevi fare un’osservazione più lusinghiera ad un poeta; nel momento in cui lo hai riconosciuto capace di dire molto con poche parole. Un grazie di cuore dunque, Roberto, contento da parte mia di leggerti ancora in questo blog. Andrea