Ieri sera ho ricevuto e volentieri propongo ora la seguente mail da parte della redazione del Laboratorio Leopardi (Università La Sapienza)…a/m:
Cari amici e collaboratori,
abbiamo il piacere di segnalarvi un bell’articolo uscito oggi sulla “Domenica” del Sole 24 Ore (“Giacomo merita il meglio”) in cui Armando Massarenti cita i più recenti “studi seri” su Leopardi contrapponendoli a quelli “improvvisati”.
Nella lista rientrano molti lavori che conosciamo bene, perché sono nati all’interno del Laboratorio Leopardi:
Franco D’Intino e Luca Maccioni, Leopardi: Guida allo Zibaldone (Carocci)
Valerio Camarotto, Leopardi traduttore, 1. La poesia (1815-1817) e 2. La prosa (1816-1817) (Quodlibet)
o con il contributo del Laboratorio Leopardi:
- Leopardi, Inno a Nettuno. Ode adespotae 1816-1817, a cura di Margherita Centenari (Marsilio)
o sono stati presentati nei nostri seminari:
Christian Genetelli, Storia dell’epistolario leopardiano (Con implicazioni filologiche per i futuri editori) (LED) (presentato il 2
dicembre 2016 da Lucio Felici insieme all’edizione di Margherita Centenari, presentata a sua volta da Christian Genetelli)
o infine sono opera di studiosi che collaborano fattivamente con noi:
Lucio Felici, L’italianità di Leopardi (Pacini Fazzi)
Paola Italia, Il metodo di Leopardi (Carocci)
L’orgoglio per il lavoro svolto dal Laboratorio, che mobilita tante energie positive, non deve farci trascurare che l’articolo di Massarenti accompagna la pubblicazione di una bellissima conferenza del filosofo John Gray, premiato alla 42sima edizione del Premio Nonnino, presieduto dallo scrittore (premio Nobel 2001) V.S. Naipaul.
John Gray, allievo del filosofo Isaiah Berlin, ha scoperto il pensiero di Leopardi grazie all’edizione inglese dello Zibaldone (2013), che ha subito recensito (26 settembre 2013) sul “New Statesman”.
Potete leggere questo testo di singolare penetrazione a questo link:
http://www.newstatesman.com/books/2013/09/barbarism-reason
Per chi non avesse avuto occasione di leggere la “Domenica” riproduciamo qui per intero l’articolo di Massarenti.
Un cordiale saluto
La Redazione
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Armando Massarenti
Giacomo merita il meglio
«Singolare destino, quello di Giacomo Leopardi, che in vita ha dovuto difendersi da chi lo attaccava ingiustamente, come lamentava in una lettera all’amico Louis De Sinner, nel 1832: “È stato soltanto a causa della viltà degli uomini, che hanno bisogno di essere persuasi del valore dell’esistenza, che si è voluto considerare le mie opinioni filosofiche come il risultato delle mie personali sofferenze e ci si ostina ad attribure alle circostanze materiali della mia vita ciò che si deve soltanto al mio pensiero. Prima di morire voglio protestare contro questa invenzione della debolezza e della volgarità e pregare i miei lettori di applicarsi a distruggere le mie osservazioni e i miei ragionamenti piuttosto che accusare le mie malattie”.
Erano bei tempi in confronto agli attuali. Ora Leopardi, che di detrattori ne ha ben pochi, essendo anzi al centro dell’universale riconoscimento della propria grandezza dopo la traduzione in inglese dello Zibaldone, deve piuttosto difendersi da certi suoi ammiratori che, ahinoi, diventano bestseller trasformandolo in un autore sdolcinato e superficiale.
Non resta che affidarci ai criteri che avrebbe adottato lo stesso Leopardi, cioè distinguere il grano dal loglio, gli studi seri da quelli improvvisati. Concentriamoci sui primi. Per esempio la Guida allo Zibaldone scritta da Franco D’Intino (uno dei curatori dell’edizione inglese) e Luca Maccioni (Carocci). Oppure la Storia dell’epistolario leopardiano (Con implicazioni filologiche per i futuri editori), di Christian Genetelli (LED), o i due volumi di Valerio Camarotto, Leopardi traduttore, La poesia (1815-1817) e La prosa (1816-1817), (Quodlibet). E poi la recente edizione dell’Inno a Nettuno. Ode adespotae 1816-1817 (a cura di Margherita Centenari, Marsilio) e Il metodo di Leopardi di Paola Italia (Carocci). Per i filosofi del diritto è fortemente consigliabile Ius Leopardi, Legge, natura, civiltà (a cura di Laura Melosi), mentre il libro di Lucio Felici si dedica assai produttivamente a L’italianità di Leopardi (Pacini Fazzi editore, Lucca). Per un confronto delle prospettive di diversi studiosi si veda Io nel pensier mi fingo (Seminario leopardiano a quattro voci) con Pier Vincenzo Mengaldo, Rolando Damiani, Luigi Blasucci e Isabella Adinolfi (Il Melangolo).
I libri – scriveva il nostro Giacomo nel Dialogo di Tristano e di un amico – “che ora per lo più si scrivono in minor tempo che non ne bisogna a leggerli, vedete bene che, siccome costano quel che vagliono, così durano a proporzione di quel che costano. […] Io ho biblioteche intere di libri che sono costati quali venti, quali trenta anni di fatiche, e quali meno, ma tutti grandissimo lavoro. Leggiamo questi prima, perchè la verisimiglianza è che da loro si cavi maggior costrutto; e quando di questa sorta non avrò più che leggere, allora metterò mano ai libri improvvisati”».