Il 12 settembre 1981 moriva a Milano Eugenio Montale. Del nostro grandissimo poeta (Nobel per la Letteratura nel 1975) propongo la seguente poesia:
Siamo alla solitudine di gruppo,
un fatto nuovo nella storia e certo
non il migliore a detta
di qualche Zebedeo che sta da solo.
Non sarà poi gran male. Ho qui sul tavolo
un individuo collettivo, un marmo
di coralli più duro di un macigno.
Sembra che abbia una forma definitiva,
resistente al martello. Si avvantaggia
sul banco degli umani perché non parla.
poesia di Eugenio Montale dal Quaderno di quattro anni, 1977
I versi di Eugenio Montale, di singolare purezza lirica, -tratti dalla raccolta”Quaderno di quattro anni”- che oggi (12 settembre!) poni alla nostra attenzione, Andrea, colpiscono per l’ironia sottile, impietosa, quasi sprezzante con cui l’autore rappresenta “la solitudine dell’uomo”, la sua condizione di “non esistenza” in un mondo dove tutto e’ incerto, provvisorio, irreale…motivi cardine della poesia contemporanea di cui Montale rappresenta una delle voci più alte e illuminanti.”Per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”: questa la motivazione con cui fu conferito a Montale, nel 1975, il Premio Nobel per la Letteratura. Un caro saluto.
Appassionato cultore come tanti della poesia di Montale, Fiorella, ho preferito non santificare il poeta “sublime” (quello naturalmente delle prime tre sillogi): credendo più opportuno ricordare, del grande Genovese, versi della vecchiaia soltanto in apparenza più “bassi”; ché condivido appieno le tue osservazioni stilistiche rispetto alla lirica in oggetto…così vera, attuale, “tagliata” per i nostri ingloriosi tempi egemonizzati dal flautus vocis. Un caro saluto