A cento anni esatti dalla morte di Guido Gozzano (9 agosto 1916), è dolce rileggere una celebre sestina (dalla signorina Felicita ovvero La Felicità):
III
Sei quasi brutta, priva di lusinga
nelle tue vesti quasi campagnole,
ma la tua faccia buona e casalinga,
ma i bei capelli di color di sole,
attorti in minutissime trecciuole,
ti fanno un tipo di beltà fiamminga…
mi piace rammentare qui tre memorabili enunciati critici a proposito del poeta piemontese scomparso a soli trentatré anni: “Operaio delle muse” per Emilio Cecchi; “Egli fu il primo dei poeti del Novecento che riuscisse ad attraversare D’Annunzio” secondo Eugenio Montale; “…e intanto, e per contro, l’insorgere realistico del prosaico, del parlato, denunzierà la miseria concreta delle cose, l’impossibilità di una redenzione estetica della vita”, il giudizio di Edoardo Sanguineti intorno al peso dell‘ars gozzaniana. Sempre nella signorina Felicita Gozzano dirà più avanti:
L’alloro…Oh! Bimbo semplice che fui,
dal cuore in mano e dalla fronte alta!
Oggi l’alloro è premio di colui
che tra clangor di buccine s’esalta,
che sale cerretano alla ribalta
per far di sé favoleggiar altrui… (109-204)
ogni accenno a Gabriele D’Annunzio è in questo caso fortemente voluto. Senza nascondersi ovviamente i limiti della poesia di Gozzano, incapace a parere di Montale di cantare con la profondità lirica di Pascoli e dello stesso D’Annunzio, è pur vero che nel Nostro dobbiamo riconoscere un maestro d’ironia. Gozzano ci è caro, insomma, per quell’abbassamento di voce che trova una sua specifica e fertile collocazione nell’humus letterario del tempo in do maggiore (per esprimerci musicalmente in merito all’evidente egemonia dannunziana; in quanto I Colloqui che includono la signorina Felicita vengono pubblicati nel 1911). Ma il bello è questo: la geometrica e impeccabile insistenza critica di Montale nel “leggere” non del tutto generosamente Gozzano mi ricorda-con un occhio alla letteratura musicale- il rude voltar le spalle del giovane Beethoven ad Haydn una volta giunto -il genio di Bonn- a Vienna: appunto per poter diventare Beethoven; molto dovendo però a conti fatti alla sapienza compositiva dell’autore della Creazione…ebbene si pensi, tornando a Montale, a mo’ d’esempio, a “Tu chiedi se così tutto vanisce/ in questa poca nebbia di memorie…”; dalla Casa sul mare, poesia inclusa negli Ossi, laddove è facile individuare -per tacere dell’intonazione- in vanisce, uno stilema gozzaniano per eccellenza. La riflessione critica intorno all’opera di Guido Gozzano è naturalmente imponente e prestigiosa. Mi limiterò a proporre ai visitatori del blog una piccola supposizione non del tutto peregrina, credo, circa l’influenza e l’attualità del poeta delle “rose/ che non colsi” anche sui cantautori italiani del nostro tempo (più o meno recente) come ad esempio Francesco Guccini: le “stoviglie color nostalgia” evocate nella canzone Incontro (dall’album Radici, 1972), non sono forse scopertamente debitrici nei confronti della signorina Felicita (verso 110 per essere precisi)?
Andrea Mariotti
I tre enunciati critici da te ricordati, Andrea, sulla figura di Guido Gozzano -di cui ricorre quest’anno il centenario della morte- danno in modo esemplare la misura dell’ars poetica gozzaniana nelle sue peculiari caratteristiche: il fascino crepuscolare per il “mediocre quotidiano”, l’antidannunzianesimo, la visione ironica del mondo non priva di un leggero senso di utopismo. Ho trovato davvero interessante il tuo “ardito” accostamento Montale-Beethoven circa il loro atteggiarsi nei confronti -rispettivamente- di Gozzano e di Haydn. Per quanto riguarda l’attualita’ del poeta delle”…rose/che non colsi”… delle cose che potevano essere e non sono/ state…” e la sua influenza sui cantautori italiani di oggi, ritengo che non se ne possa negare l’evidenza: ne è la prova l’espressione da te citata di Guccini le” stoviglie color nostalgia” nella canzone “Incontro” che ci rimanda alla “stoviglia semplice e fiorita” de “La signorina Felicita” di Gozzano. Un caro saluto.
Ti sono grato, Fiorella, per l’apprezzamento rivolto al mio succinto scritto su Guido Gozzano nel centenario della morte; soprattutto per quanto riguarda ciò che mi sono sentito di dire a proposito di Beethoven/Montale giustapposti ad Haydn/Gozzano…d’altronde Montale studiò da baritono in gioventù presso il maestro Sivori, non dimenticando più tardi il suo impegno di critico musicale per il Corriere della Sera. Ma tornando a Guido Gozzano, non faccio mistero del mio amore per la sua poesia intrisa d’ironia e sapiente nella sua cadenza metrica. L’attualità di Gozzano mi pare davvero fuori discussione, come del resto la sua durevole influenza su poeti e cantautori. Raccontare in versi fu la forza del poeta torinese, e questo muove l’animo del lettore quasi irresistibilmente. Un caro saluto