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LA TRAVERSATA DI MONTE MARIO A ROMA.…O DELL’ELOGIO DELLA LENTEZZA

 

 

Vedere le macchine bloccate in direzione di Ostia, sulla Cristoforo Colombo, causa la bella giornata. Ma si va grazie al cielo nella direzione opposta, verso l’Eur, per prendere la metropolitana sino alla fermata “Ottaviano”; raggiungendo infine piazza Maresciallo Giardino laddove poco distante è uno degli ingressi della Riserva di Monte Mario. Ovviamente grazie alla Rete possono essere attinte tutte le notizie relative al passato geomorfico del rilievo ricoperto dal mare. Depongo qui com’è giusto il tono impersonale, mosso ieri mattina dalla forte curiosità di verificare un percorso già fatto a febbraio scorso in numerosa compagnia e alla mercè di una guida capace di un complicato andirivieni non sfuggito a chi scrive. Bene. Una volta entrato nella Riserva, son salito in direzione di Villa Mazzanti, degli inizi del secolo scorso e sede del Parco (naturalmente chiusa!); circondata da un bel giardino e in posizione panoramica, con la cupola di San Pietro in suggestiva evidenza. Riprendendo il cammino, eccomi all’altezza di un cancello alla base del Museo Astronomico e Meteorologico con annesso quello Astronomico e Copernicano (che si può raggiungere dal lato opposto di via Trionfale, attraverso il viale del parco Mellini apprezzato a suo tempo da Goethe per gli squarci paesaggistici fino ai Colli Albani). Non ho visitato ieri il suddetto Museo, interessato come ho detto alla verifica della traversata del rilievo la cui sommità (metri 139) è punto geodetico del meridiano di Roma. Oltrepassato detto cancello, mi sono finalmente trovato sul sentiero n.215 segmento della celebre via Francigena. Ben presto ho raggiunto la scuola elementare Giacomo Leopardi e costeggiandola per strada malmessa, ho toccato un altro punto superbamente panoramico (alle mie spalle Villa Stuart) per lo scenario dei monti e di gran parte della città; con ponte Milvio proprio di fronte e l’affascinante sinuosità del Tevere. Era sopportabile ieri il caldo, l’aria non afosa e dunque gambe in spalla! dal punto panoramico appena descritto, ho proseguito per stretto sentiero in direzione del Don Orione, raggiungendo ben presto uno slargo; da qui, piegando ad angolo retto a sinistra, una bella discesa all’ombra con tanto di invitante panchina mi ha suggerito la sosta per un frugale pranzo. Ripreso il cammino, ho trovato un interessante pannello descrittivo del monte, molto frequentato subito dopo l’Editto di Milano del 313 d.c. nei periodi di pestilenza per implorare da parte della popolazione il perdono divino. Ebbene, tornando al presente, a questo punto della traversata mi è sembrato di trovarmi a cento chilometri da Roma, per il fitto lecceto cangiante al sughereto e il silenzio fattosi più profondo: il pendio scosceso ha fatto il resto, giustificando le mie pedule da trekking nonché i bastoncini. Ritrovato un cartello indicatore del sentiero 215 al termine di questo tratto decisamente impegnativo, costeggiando una fabbrica dismessa, ho poi individuato un sentiero poco visibile che mi ha fatto raggiungere un delizioso punto ombreggiato con sabbia ai miei piedi, una piccola panchina, lo stadio Olimpico in basso non distante e, più in lontananza, protetto in parte dalla vegetazione, il profilo di Villa Madama, il cui progetto iniziale è di Raffaello (1518). Da tale luogo particolarmente piacevole un sentiero a sinistra conduce al Cimitero Monumentale dei Francesi (dove sono sepolti i caduti della Seconda Guerra Mondiale e da me visitato lo scorso febbraio); ieri chiuso per via dell’orario tardivo. Sicché ho proseguito verso destra per provare poco dopo un’emozione antica: la cupola di San Pietro improvvisamente in lontananza secondo un’inedita prospettiva; così come (mi è piaciuto immaginarlo) la vedeva forse un pellegrino della Francigena avvicinandosi a Roma. Non mi stancherò di pensare al bene prezioso di camminare in mezzo alla natura e alla storia, riattivando un vissuto per l’appunto antico in chiave antropologica; un vissuto sinonimo in senso nobile della lentezza; all’interno del quale l’immaginazione torna ad esercitare la sua potestà rispetto al profluvio odierno delle immagini digitalizzate. Tant’è che subito mi sono rifatto “contemporaneo”! un mio tweet così concepito diffondeva infatti la foto del Cupolone in lontananza sovrastante lo stadio Olimpico: “Marx redivivo, si sarebbe sinceramente chiesto quale l’oppio dei popoli al cospetto di tale panorama…”. Da questo punto del percorso fino al Ministero degli Esteri non c’è voluto molto… traversata completata quindi, in una di quelle giornate in cui, soli con se stessi, si è semplicemente umani.

 

Quando li piedi suoi lasciar la fretta,/ che l’onestade ad ogn’atto dismaga…”, PURGATORIO; III, 10-11

 

Andrea Mariotti, 19 giugno 2016

 

P.s. il testo in oggetto è apparso in data 20/6/2016 sulla Rivista on line Sportwork.net (a.m.)

 

 

6 commenti su “

  1. Francesco

    Tutta l’ammirazione e un pizzico di invidia per la bella escursione. E’ possibile intuire e percepire molto del profondo giovamento, che il camminare offre al cogitare, arte fine dei passi leggeri e degli sguardi che sanno am-mirare lontano. Basta relativamente poco per entrare in armonia con la natura e lasciarsi permeare dalla vitalità ancestrale che sebbene silente (vista la vasta urbanizzazione del nostro vivere) pulsa nel nostro emisfero emozionale.
    Un caro saluto
    Francesco

  2. andreamariotti Autore articolo

    Il fatto è, Francesco, che nonostante la buona volontà e la consapevolezza, anche noi cresciuti sui libri dobbiamo fare i conti con la Vita digitale dei tempi attuali, qui citando da parte mia alla lettera il titolo dell’importante e profetico saggio del 2007 di Vittorino Andreoli. Mi ricordo ancora il mio incontro con lui al Salone del libro di Torino, vivamente impressionato dalla sua insistenza nel succitato libro a proposito della modificazione delle masse bio-plastiche del nostro cervello (per via naturalmente di applicazioni, internet veloce sui nostri telefonini trasformati in smartphone). Ecco, il mio resoconto della traversata di Monte Mario altro non vuol essere se non un modesto invito rivolto a me stesso e agli altri a cercare di non smarrire mai quell’umanità non frettolosa che ci nobilita, anziché togliere punti. Un tempo non troppo lontano in un’ora facevamo tre-cinque cose piuttosto che dieci o venti. Per quanto mi riguarda, non riesco più attualmente ad ascoltare un’opera di tre ore libretto alla mano come facevo dieci, quindici anni fa. Di ciò me ne rammarico, con passatismo forse un po’ eccessivo, ma le tracce in mp3 di questa o quell’opera di Mozart e di Verdi da ascoltare tramite smartphone non mi consolano, cosciente come sono di un contagio emotivo cui è impossibile sottrarsi, oggi.
    Un caro saluto a te

  3. monica martinelli

    Ebbene sì, ogni tanto un pò di lentezza ci vuole! Riprendersi il proprio tempo e il proprio spazio come è giusto che sia…anzichè essere sempre trascinati dai vorticosi ritmi quotidiani e urbani. Certamente ricreativa e salutare la tua bella escursione, in questa descrizione che ci trasporta in un sano contesto storico-culturale di questa città in cui vorremmo vivere se non altro più umanamente.
    Saluti

  4. andreamariotti Autore articolo

    Proprio così, Monica: più a misura d’uomo vorremmo questa nostra città…qui si tratta di una vivibilità quotidiana messa duramente in forse. Eppure, come testimonia la mia traversata, nel cuore di Roma c’è questo antico rilievo tutto da scoprire o riscoprire…un caro saluto

  5. Fiorella D'Ambrosio

    “Camminare in mezzo alla natura e alla storia, riattivando un vissuto…all’interno del quale l’immaginazione torna ad esercitare la sua potesta’…”. Con quanta efficacia queste tue parole, Andrea, esprimono il bisogno di liberarci dalla prigionia degli automatismi sociali e culturali per entrare nella sfera dell’immaginazione, intesa come “intuizione”, la vera vocazione dell’uomo, uno dei rimedi -anche se illusorio- al problema della felicita’. Scriveva il Leopardi:Il piacere infinito che non si può trovare nella realtà, si trova nell’immaginazione, dalla quale derivano la speranza, le illusioni… Un caro saluto. Fiorella

  6. andreamariotti Autore articolo

    Proprio così, Fiorella, tant’è che scrivendo la mia nota non potevo non pensare alla pagina 168 dello Zibaldone laddove Leopardi afferma testualmente che “l’immaginazione è il primo fonte della felicità umana”. Noi poeti custodiamo questo bene prezioso col dovere di diffonderlo il più possibile senza estetismi. Un caro saluto

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