Breve lettera a Franz Joseph Haydn
Caro Franz Joseph, è la prima volta che ti scrivo qui, nel mio blog. Per esprimerti la mia profonda gratitudine in merito al potente antidoto che mi hai donato -amando la tua musica da tanto tempo- una mattina di inizio giugno di due settimane fa. Alludo all’ascolto del tuo quartetto per archi op.33 n.1, dal meraviglioso terzo movimento: quanto mi occorreva per compensare l’immondo gracchiare delle cornacchie sempre più opprimente al risveglio e davvero specchio degli sgraziati, disarmonici tempo che viviamo. Parlo di tali odiosi pennuti questa sera che stanno mandando in onda sul canale televisivo Iris il celebre, geniale (e speriamo non troppo profetico!) film di Alfred Hitchcock Gli Uccelli (1963). Tant’è. Da decenni sono vinto dallo esprit de géométrie dei tuoi quartetti per archi: ricchi d’una purezza compositiva di cui ne sa qualcosa W.A.Mozart, che non a caso a te dedicò i suoi più belli. Domenica scorsa peraltro, guardando in tivù la partita di calcio Germania-Ucraina, valida per gli Europei 2016 mi sono chiesto, nel momento in cui veniva eseguito l’Inno tedesco: “quanti penseranno ora al poco adagio-cantabile da cui esso è tratto, ossia il secondo movimento con variazioni del tuo quartetto op.76 n.3 Imperatore?”…sicché, in tutta evidenza, è un momento della mia esistenza in cui la tua musica risulta per me a dir poco preziosa, caro Franz Joseph. Adesso che il tempo della bruttezza è inesorabilmente all’apogeo, come intuito da Milan Kundera nel suo famoso romanzo L’insostenibile leggerezza dell’essere (1984). Nella tua lunga vita, Franz Joseph, fosti capace di sprigionare il tuo genio musicale nonostante la condizione subordinata presso l’alta aristocrazia asburgica. Poi tentasti l’avventura londinese, donde le tue ultime, stupende sinfonie. Eppure -non tralasciando (ci mancherebbe altro!) il sublime tuo Oratorio Die Schöpfung– sono i tuoi quartetti d’archi a salvarmi dalle cornacchie. Essi mi portano in casa il silenzio (pieno di musica) della montagna che amo parecchio, in virtù del suddetto esprit di cui il tuo comporre è dotato in modo eccelso. E tutti urlano, oggi, inconsapevolmente, fin dal mattino, all’atto di prendere un caffè in competizione con le cornacchie. In conclusione, caro Franz Joseph, non a caso la mia lettera ha preso le mosse dall’opera 33 n.1: nel volume intitolato Haydn, a cura di Andrea Lanza, Il Mulino, 1999, si può leggere il capitolo Strategie di coinvolgimento nei Quartetti op.33 di Gretchen A. Wheelock; laddove proprio la suindicata opera appare mossa da un umore “stravagante e donchisciottesco”. Stammi bene, impagabile Franz Joseph.
Andrea Mariotti
Ho riascoltato ieri sera la melodia profonda e complessa del Quartetto op.76 n.3, da te citato -Andrea- nella “lettera aperta” al grande compositore Franz Joseph Haydn, punto di riferimento dello stile classico di fine 700 e padre indiscusso del Quartetto d’archi. E, mentre mi deliziavo nell’ascolto, pensavo che la musica – da me infinitamente amata- e’ davvero “una delle vie per le quali l’anima ritorna al cielo” (Torquato Tasso). Un caro saluto. Fiorella
Bentornata a questo blog a Fiorella D’Ambrosio, preziosa collaboratrice di esso! squisita la citazione in calce alla sua riflessione sul grande Haydn, al quale ho scritto per sete di Bellezza (compresa quella del silenzio…)