Biblioteca comunale degli Intronati di Siena
Sala storica
giovedì 28 aprile, ore 17.00
presentazione di
Gaspare Polizzi
Io sono quella che tu fuggi
Leopardi e la Natura
Edizioni di Storia e Letteratura
venerdì 29 aprile, ore 17.00
presentazione di
Lucio Felici
L’italianità di Leopardi
e altre pagine leopardiane
Maria Pacini Fazzi editore
presiede Antonio Prete
saranno presenti gli autori
(con vivo piacere propongo ai visitatori del blog l’articolo del prof. Roberto Barzanti relativo alle suddette presentazioni, apparso sul Corriere di Siena in data 25/4/2016…a.m.):
Conto alla rovescia per l’attesa due giorni dedicata a Leopardi
La due giorni leopardiana organizzata dalla Biblioteca comunale degli Intronati sotto la guida di Antonio Prete muove da due titoli – da due autori – che occupano una posizione di rilievo in una bibliografia ormai smisurata.
Giovedì 28 aprile (alle 17 nella sala storica) sarà la volta del testo di Gaspare Polizzi sul rapporto tra Leopardi e la Natura (“Io sono quella che tu fuggi”, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma). Venerdì 29 (sempre alle 17) si discuterà il volume di Lucio Felici “L’italianità di Leopardi” (Maria Pacini Fazzi, Lucca 2015), una raccolta di saggi che tocca temi poco esplorati. “Quando parlava della luna – ha scritto Calvino – Leopardi sapeva esattamente di cosa parlava”. La curiosità di “filosofo naturale” si radicò nel poeta-pensatore di Recanati fin dalla prima giovinezza. Basterebbe citare l’eruditissima “Storia dell’astronomia”, composta nel 1813 da Giacomo quindicenne (e comparsa a stampa solo nel 1888). L’indagine sui miti va di pari passo in lui con l’esegesi di brani della letteratura classica dal taglio scientifico. Gli interrogativi che sfociano in limpide cadenze liriche sorgono da una riflessione che punta a capire razionalmente il moto degli astri e i fenomeni celesti. Gaspare Polizzi si è soffermato a più riprese, con risultati di penetrante acume, su Leopardi uomo di scienza, “philosophe” e “savant”, erudito che cerca la verità e vuole darle riferimenti reali e verificabili. E la natura dell’uomo si manifesta ben lontana dalla concezione abbracciata all’inizio di un lungo e tormentato cammino speculativo: “Vogliono che l’uomo – scrive nello “Zibaldone” (3773) – per natura sia più sociale di tutti gli altri viventi. Io dico che lo è men di tutti, perché avendo più vitalità, ha più amor proprio,e quindi necessariamente ciascun individuo umano ha più odio verso gli altri individui sì della sua specie sì dell’altre, secondo i principi da me in più luoghi sviluppati”.
Lucio Felici ha lavorato nell’editoria per più di quarant’anni e si deve alla sua appassionata tenacia se alfine vide la luce presso Garzanti l’edizione critica dello “Zibaldone”, predisposta a prezzo di un defilato e umile lavoro da Giuseppe Pacella. Felici prese in mano il progetto, dopo il rifiuto di Adelphi, nel 1988: “Fu una sfida contro il tempo e il perfezionismo” ha confessato. Aver condotto in porto, tra tante difficoltà, quell’edizione è considerato da Lucio l’impegno più importante della sua vita tra i libri, quello che l’ha più segnato. “Nel quadro della leopardistica contemporanea – ha osservato autorevolmente Luigi Blasucci – Lucio Felici è una stella di prima grandezza”. La sua fatica, infatti, non si è limitata alla dimensione editoriale, ma si è allargata a quella di organizzatore di cultura e di critico. Il libro ora presentato è la terza raccolta di saggi sul grandissimo poeta e filosofo, dopo “L’Olimpo abbandonato” (2005) e la “La luna nel cortile” (2006), sfornata da Felici. Che è stato docente di letteratura italiana in diversi Atenei ed a lungo coordinatore del Comitato scientifico del Centro Nazionale di Studi Leopardiani. E sorprende ancora per la varietà di punti di vista adottati e le acquisizioni nuove esposte con piana chiarezza. L’idea di Italia sostenuta da Leopardi ha un timbro che sarebbe stato sviluppato in chiave politica da Carlo Cattaneo: è un’Italia plurale, fatta di culture differenti, ma riconducibili ad una radicata e feconda eredità classica. Le “società strette”, le “patrie” possono esercitare una funzione positiva e incentivare legami di solidarietà – è il messaggio della “Ginestra” – se diventano anelli di un’“umana compagnia”, snodi di una “social catena” in grado di contrastare il male che sta nel mondo e di battere la vorace bestialità degli egoismi. Insieme a commenti sulle tematiche alte toccate da Leopardi, Felici allinea pagine solo all’apparenza classificabili come minori. Si vedano in “Paesaggi in carrozza” le osservazioni che illustrano la condizione del viaggiatore Leopardi e le fuggevoli inquadrature che scorrevano dal finestrino, talvolta evocate in versi di fantasticata geologia. Se la memoria diretta e abituale si stilizza nei “monti azzurri” delle “Ricordanze”, altrove luoghi ben riconoscibili della traversata appenninica – il passo del Furlo, ad esempio – contribuiscono a disegnare dantescamente orridi scenari drammatici.
In una conclusiva intervista Lucio Felici, che ha curato un’edizione elettronica di tutto Leopardi uscita presso Lexis nel 1998 e ormai divenuta un pezzo d’antiquariato, si sbilancia in preziose indicazioni, utili per i giovani immersi nella Rete con acritica fiducia. È una fase di allarmante rischio. “Quando fu inventata la stampa – avverte –, le persone colte disdegnavano le edizioni a stampa e continuavano a comperare e a usare i codici, le copie manoscritte, perché la stampa inizialmente era un disastro, piena di errori. La situazione, oggi, è più grave perché edizioni corrotte o sbadate hanno con il web, una diffusione e fruibilità senza precedenti. Ci sarà molto lavoro per i filologi, che si dovranno convertire, perché dovranno penetrare nella mutevolezza, nella labilità della rete: è chiaro che il filologo delle carte e degli scartafacci di continiana memoria rischia di diventare anacronistico”. Dunque anche una lezione di moderna e innovatrice filologia ci viene offerta con esemplare spregiudicatezza. La diffidenza non paga. E i testi si possono sviscerare a piacere, ricavandone in un batter d’occhio forme e occorrenze, sequenze di parole, concordanze e indici alfabetici, decrescenti e inversi, incipitari ed explicitari. C’è da farsi irretire in una confusa serie di files, in legami e rimandi che chiedono più che mai padronanza di mezzi e precisione di obiettivi. Per non perdersi in quell’ipertesto ante litteram che è lo “Zibaldone”. Non un compiaciuto diario in bell’ordine, ma un accumulo di dati da penetrare in un andirivieni curioso, labirintico, aperto.
ROBERTO BARZANTI
«Corriere di Siena», 25. 04. 2016