SIMILE
Ancora a tre quarti la luna d’aprile
non ha slegato le corrusche file
del verno; ancora trepida e sottile
ansima presso l’algido mantile
dell’alba e fra il suo proprio stile
di cielo e di terra mette altro monile
d’aria e di luce: quasi un cortile
fermo, stretto, se non covile
riposto, comodo e quasi vile
riparo…prosegue un tempo puerile
oltre
ogni giorno d’aprile
splende più largo e sottile
poco prima del vespero, febbrile
astro
aprile gira due diverse lune
e altre sfere stellari, basse tra le dune
di tenerissimo trapunto lume
che stende sopra il disastro.
Aprile fugge e lascia una gloria
di sé, lampante scoria
della propria fobia, sulfurea e ria
di lampi sottilissima grafia
dove il cavallo è più piccolo del cavaliere
sceso a inginocchiarsi: stupito e accorto vuol vedere
perché si lamenta e si toglie al reale piacere
di montarlo e di correre, perdere o trattenere
tutte intorno le alte, accostate sfere
per il suo quadrupede andare e le criniere
ondose e splendide acute sonagliere
dei finimenti e di tutte quelle altre schiere
di terra e di viandanti tra le pedestri miniere,
chiodi, quei piccoli maestri del paniere
tinto di ocre, e di altre azzurre e nere
tinture, di cuoio un angoloso forziere
alla cinta tra le piaghe e il penitenziere.
Aprile vuole apparire
sempre estenuato a spartire
se stesso in due: simile
a un agnello e a un puledro,
animale fino e gentile.
poesia di Paolo Volponi tratta da Con testo a fronte, Einaudi, 1986
La lirica che oggi, Andrea, proponi sul tuo blog -tratta da “Con testo a fronte”- e’, a mio avviso, tra le più belle composizioni in versi di Paolo Volponi e tra le più rappresentative della originalita’ della sua poesia. Volponi, attraverso un lungo percorso di ricerca e di sperimentalismo “solitario” e’ giunto al distacco dalla tradizione lirica e alla conquista di una sempre maggiore liberta’ di versificazione e di scelte tematiche. Un artista controcorrente, isolato forse nel panorama letterario del Novecento, ma degno di essere ricordato per l’impegno civile posto nella sua produzione letteraria, rigorosa e appassionata testimonianza della realtà del suo tempo. Un caro saluto.
In questa lirica di Volponi sussiste a pare mio, Fiorella, una osmosi miracolosamente allo “stato nascente” fra poesia e prosa. C’è l’ossessione del poeta per la rima in “ile” (sappiamo del profondissimo amore di Paolo Volponi per quella in “ale” dal Canto notturno leopardiano) e c’è, naturalmente, tutta la statura del narratore di razza vincitore per ben due volte -se non vado errato caso unico nella storia del Premio- dello Strega. Per tacere della storica, illuminata esperienza di Volponi accanto ad Adriano Olivetti, al tempo di un “capitalismo illuminato” incarnato dal grande imprenditore…ma Volponi conseguì pure il Premio Viareggio come poeta. Parliamo davvero di un grande e completo scrittore sperimentale forse non ancora conosciuto e valorizzato a dovere. Io me lo ricordo, Paolo Volponi, nel 1991 seduto in un bar nei pressi di piazza Trilussa a Roma…come inavvicinabile…aveva perduto il figlio due anni prima, nel 1989, in un incidente aereo a Cuba. Non osai parlargli. Accarezzai la sua figura (di spalle, come irrigidita) con amorevole sguardo. Un caro saluto a te.