Con vivo piacere presento il seguente scritto, tratto da I poeti e la crisi a cura di Giovanni Dino; 2015, Fondazione Thule Cultura:
Qualcosa di concreto da fare
Chi in maggiore, chi in minore misura, siamo tutti responsabili del sistema corrotto nel quale viviamo. Ne è responsabile la casta, in quanto toglie a tutti il pane quotidiano. Ne è responsabile il popolo, in quanto ben lieto di farsi arruolare da questo o da quello in cambio di qualche mollichina. Tutti contribuiamo con i nostri comportamenti (a prescindere dalle idee professate) alla formazione e al consolidamento di un determinato sistema sociale. Di regola si crede che il popolo sia avulso da ogni arrivismo, da ogni ansia di arricchimento sfrenato, ma è un luogo comune. E’ pura retorica, pura utopia. Non è così purtroppo, e i movimenti popolari sono spesso corrotti in partenza, in quanto pilotati per fini già programmati di egemonia. Nessuno è realmente innocente, nessuno pensa al bene comune. Ne segue che, per cambiare le cose, dovremmo tutti indistintamente modificare i nostri comportamenti, ciascuno nella propria sfera d’azione, nel proprio modesto orizzonte quotidiano.
Politica ed antipolitica non caveranno un ragno dal buco se non si sottoporranno a questa priorità assoluta. Se riuscissimo a fondare tutto sull’autocritica, le cose si metterebbero in ordine nel giro di ventiquattrore. Indubbiamente la perfezione non è di questo mondo, ma sarebbe senz’altro un mondo migliore quello che potrebbe scaturire da tale diffusa autodisciplina. O noi riscopriamo il nostro individuale equilibrio, oppure è la catastrofe a livello collettivo. E le sette piaghe d’Egitto diventano uno zuccherino. Siamo noi i responsabili del nostro destino. Utopia? Non direi, se ci si appella all’impegno personale e diretto nel ristretto ambito della propria esistenza giornaliera. Utopistico è pensare di poter risolvere i problemi ponendosi sotto una bandiera, qualunque essa sia, vomitando slogans e proclami di natura collettiva. E’ un astratto e comodo bla-bla, uno scaricare su altri le proprie responsabilità, presumendo di essere i soli onesti contro un mondo di depravati che ordiscono per mandarci in rovina.
Non voglio dire che gli altri non abbiano colpe (ci mancherebbe altro!), ma solo che ognuno ha le proprie e che dovrebbe pensare a se stesso (al proprio equilibrio, intendo, non alla propria santità), barcamenandosi tra il bene ed il male. Auspicare che tutti facciano questo è utopistico, ma spingere affinché siano tanti a farlo è realistico, e il mondo migliorerebbe in un baleno. Se è assurdo pensare di cambiare il mondo, concreto è tentare di modificare noi stessi, di prendere in mano la nostra vita e smetterla di commiserarci, pretendendo sempre dagli altri dei comportamenti dando poco o nulla come esempio personale. Non è un predicozzo da quattro soldi quello che sto facendo, bensì l’indicazione di una via semplicissima, per quanto impervia, per tentare di uscire dalla crisi. L’individuo è il bandolo. Se si vuole che cambi la società, è l’individuo che deve cambiare, rifiutando il lavaggio del cervello e assumendo, nel rispetto di tutto e di tutti, il comando del proprio cammino. E’ questa, a mio parere, l’unica vera rivoluzione da fare.
Franco Campegiani
Condivido ampiamente questo invito, suggerimento o forse di più questo pensiero critico, di Franco Campegiani, sulla nostra società e suoi i modelli, che impongono stili di vita individualistici. Ritengo che ben vengano tali interventi, che mettono in discussione la crisi e il ruolo individuale, anzi dovrebbero avere una più ampia diffusione, addirittura sarebbero da proporre nei talkshow televisivi, ma questa è utopia!
La raccolta sulla Crisi a cura di Giovanni Dino, offre la possibilità di leggere tante voci di poeti, che danno pane per accendere e meditare sulla nostra quotidianità.
Prendo in prestito i versi di Ferruccio Brugnaro :
“Il mio grido è una ferita angosciosa
una grande ferita.[…]
Non chiedetemi, non chiedetemi
di soffocarlo…
tratti dalla silloge Le follie non sono più follie ed. Seam
Grazie anche ad Andrea per questa proposta di lettura.
Un caro saluto
Francesco
Grazie da parte mia, Francesco, per il tuo commento. Avevo ascoltato lunedì scorso la lettura di Franco Campegiani dello scritto che poi il giorno dopo mi è tornato in mente. Segno buono ovviamente; e per questo mi ha fatto piacere poterlo presentare ai visitatori del blog. Un caro saluto
Ti sono grato, Andrea, per aver voluto pubblicare il mio scritto, dopo averne ascoltato la lettura presso il liceo classico “Socrate”, nel corso di una presentazione della citata antologia. A mio parere sono gli individui a formare la società e non è vero il contrario. Ringrazio anche Francesco per le sue stimolanti considerazioni. Un abbraccio fraterno a entrambi.
Franco
Mi ha fatto davvero piacere pubblicarlo, il tuo scritto, caro Franco, avendolo trovato non poco stimolante. Contraccambio da parte mia il tuo fraterno abbraccio