Caproni

 

Grazie alla segnalazione della signora Silvana, figlia del grande poeta, sono venuto a conoscenza della nuova edizione einaudiana (febbraio 2016) del “TERZO LIBROe altre  cose di Giorgio Caproni (prima pubblicazione da parte dello stesso editore nel 1968). Una silloge decisamente “voluta” dal poeta, a suo tempo; al di là, cronologicamente parlando, del famoso Congedo del viaggiatore cerimonioso (1965) e prima di quello che per me (e non soltanto per me) rimane il libro più alto del grande Livornese, ossia il Muro della terra (1975). La silloge in oggetto, tratta in gran parte dal Terzo libro del Passaggio d’Enea (1956) come puntualizzava lo stesso Caproni, intendeva nel 1968 “riconsiderare” il cammino percorso fino al punto di ideare una vera e propria autoantologia con poesie scelte dal Seme del piangere (1959), dal suddetto Congedo e arricchita di versi inediti. Rammentato pure il saggio a conclusione del libro odierno di un notevole studioso di Giorgio Caproni qual è Luigi Surdich, sarà il caso di riproporre qui la poesia del 1964 inclusa nella raccolta e riportata nella copertina della pubblicazione einaudiana (poesia poi definitivamente compresa da Caproni nel già citato Muro della terra):

 

Arpeggio

 

Cristo ogni tanto torna,

se ne va, chi l’ascolta…

Il cuore della città

è morto, la folla passa

e schiaccia -è buia massa

compatta, è cecità

 

poesia di Giorgio Caproni

 

2 commenti su “

  1. Fiorella D'Ambrosio

    Eccoci di fronte ad una delle poesie più rappresentative della raccolta “Il muro della terra” di Giorgio Caproni: il titolo e’ ripreso da una locuzione dantesca (“Ora sen va per un secreto calle,/ tra ‘l muro de la terra e li martiri…”Inf.X,vv.1-2). La terra, dunque, è la citta di Dite, che rappresenta il mondo intero, l’esistenza universale. Il poeta denuncia il vuoto, la solitudine della vita, lo spaesamento dell’uomo, l’inappartenenza, la sua incapacità a “perforare il muro della terra” per accedere a qualche certezza o speranza al di là del “muro”. Ne consegue una disperazione calma, senza sgomento, espressa in versi brevi o brevissimi raccordati fra loro da sottili rispondenze musicali e caratterizzati da levità, incisività e chiarezza espressiva, come si addice ad un grande poeta, quale Giorgio Caproni. Un caro saluto a te, Andrea.

  2. andreamariotti Autore articolo

    Bello questo tuo commento, Fiorella, a ricordare la matrice fortemente dantesca del capolavoro poetico del grande Livornese, ossia il Muro della terra…e non dev’essere stato proprio un caso il chiudere gli occhi, da parte di Caproni, il 22 gennaio 1990, sui versi del primo canto del Purgatorio. Rammenterai come a fine di dicembre scorso io non abbia avuto remore nell’esprimere tutto il mio amore per la poesia di un autore che ora viene considerato, da “molti critici…insieme a Montale, il maggiore poeta italiano del Novecento” (così come leggo nell’edizione einaudiana recentissima). E del resto la signora Silvana Caproni mi ha parlato della fama crescente del grande Giorgio nei paesi sudamericani, per tacere di quelli europei dove Caproni gode di altissima considerazione. Un caro saluto a te e un ringraziamento per il tuo puntuale e rigoroso intervento.

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