ALL’ INVERNO MANCATO
neppure di un’aspra tramontana
ti sei degnato stavolta! ohi, verno,
di Marzo folle potresti servirti ora
per sorprenderci a stento? ma l’onta
ti si ascrive dei Giorni della Merla
con primaverile vampa: dove ti sei
cacciato? tu come pungente ricordo?
noi, per le polveri sottili, a salmodiare
intanto ad petendam pluviam giocando
alla bisogna a pari e dispari e blocchi
totali; ché l’emergenza è l’anima del rock!
poesia inedita di Andrea Mariotti, febbraio 2016
Cosa dire caro Andrea, con questi versi intercetti un comune sentire, ed esprimi in modo eccellente il disagio per il mancato inverno.
Un caro saluto
Grazie, Francesco, per il tuo commento. Effettivamente mi sembra di poter dire che mai come quest’anno stiamo sperimentando la coerente, implacabile mancanza del freddo di cui in tutta evidenza sussiste la necessità (per una serie infinita di ragioni che sarebbe superfluo elencare). Un caro saluto a te
La poesia, che si apre con un “richiamo” sottilmente ironico all’Inverno Mancato, per le sue “inadempienze”, si sviluppa in una serie di interrogativi divertenti per espressività, inquietanti e problematici nei contenuti. La chiusa, di finissima intonazione satirica, raccoglie con rigorosa essenzialità la nostra ineludibile invocazione ai “Celesti” per l’attesa, salvifica pioggia. Complimenti, Andrea! I tuoi versi, ricchi di concretezza, hanno la capacità di sintetizzare in lirica visione pensieri e immagini e di coinvolgere emotivamente il lettore. Un caro saluto. Fiorella.
Ti ringrazio vivamente per il tuo denso commento, Fiorella, che valorizza una poesia all’interno della quale la traboccante indignazione (credo non soltanto mia), mi ha spinto di fatto ad una commistione lessicale forse più ardita del solito fra antico e moderno, termini familiari contrapposti ad altri strettamente letterari (ciò mi pare evidente soprattutto all’altezza del secondo verso, “stavolta/…verno”). Del resto anche l’arcaica preghiera evocata si scioglie nel rock…chissà, il “barocchismo” della poesia vuole esprimere in qualche modo questa nostra acuta destabilizzazione anche metereologica (e non di poco conto!). Un caro saluto
Possiamo ben dire, Andrea, che la nostra è una cultura dell’emergenza, del pericolo. E il rischio – intuizione geniale – è proprio l’anima del rock. Siamo sull’orlo di un collasso planetario e forse non ci resta altro da fare che accettare senza battere ciglio, magari ridendoci su, le conseguenze della nostra insipienza, da padroni del destino che con grande determinazione ci siamo cuciti addosso. Come vestito insostituibile, come una seconda pelle. Il tono di questi versi è paradossalmente vaticinante e satirico: una vera novità. Savonarola e Cecco Angiolieri fusi in un unico respiro. Un caloroso abbraccio.
Nel concordare appieno con te, Franco, in merito ai nostri non esaltanti destini, lasciami ringraziarti per la tua critica fruizione di una “vera novità” riguardo ai miei versi. A te che frequentemente hai sottolineato il potenziale ironico di tanta mia poesia, non è sfuggito nel testo in oggetto quella che a ben guardare non è più ironia, ma satira allo stato puro nel volermi rivolgere all’inadempiente inverno (per tacere ovviamente delle umane castronerie dalle conseguenze sempre più devastanti, purtroppo). Un caloroso e forte abbraccio
La concisione concettuale e stilistica, il pungente e amaro sarcasmo con cui il poeta denuncia le tante anomalie del mancato inverno caratterizzano questa lirica davvero notevole per intensita’ e concretezza. Complimenti vivissimi all’autore Andrea Mariotti.
Ringrazio sentitamente Lilli per questo commento che disegna con acume il profilo della mia amarissima Musa alla base dei versi in oggetto (di cui umilmente ho percepito la vocazione corale all’atto di scriverli).
Concordo con tutti gli apprezzamenti e i commenti. Complimenti sinceri, caro Andrea, per questo tuoi versi così originali e arguti, dove la componente classica è perfettamente coniugata con quella moderna, con quello strepitoso verso finale! Ironia, satira senz’altro, ma ci vedo anche un rassegnato disappunto per ciò che ci è stato sottratto dalla natura..qualcosa di molto naturale appunto come L’inverno..
Un caro saluto
Questa tua lettura della poesia mi induce a riflettere, cara Monica, in quanto hai còlto nel profondo, credo, parlando di un “rassegnato disappunto per ciò che ci è stato sottratto dalla natura”; tant’è che comincio a pensare di aver scritto una elegia “mascherata”, ossia vigilata, “protetta” dal sarcasmo (e quindi tutt’altro che sdolcinata) in merito al nostro essere penalizzati dalla mancanza della stagione invernale. La parte finale del secondo verso della poesia sembra darti pienamente ragione: “…ohi, verno…”; laddove in tutta evidenza non c’è compiacimento letterario bensì mestizia nel rivolgermi fraternamente al grande assente personificato come un amore uscito ormai dalla nostra vita. Già nel commento precedente al tuo si era parlato giustamente a parer mio di una lirica; ora le tue parole arricchiscono con intelligenza la fruizione della poesia e di questo ti sono grato (contento dell’attenzione da essa ricevuta avendola da parte mia scritta con tutta la mia passione civile). Un caro saluto
Una poesia terribile che con perfetta manovra di strumenti classici ripropone al lettore la consapevolezza del quasi assoluto vuoto del nostro tempo cadenzato dal frastuono delle discoteche e gli echi vicini delle bombe sostituti ormai del canto degli uccelli. Amaramente complimenti. Mirka
Grazie a te per il tuo commento…non dev’essere un caso che a distanza di qualche giorno dalla nascita di questi versi io abbia provato un forte impulso a rileggere il Pasticciaccio di Carlo Emilio Gadda; laddove, come ben sappiamo, il risentimento amaro dello scrittore produce un miracolo linguistico in quanto a commistione lessicale di termini “alti” e “bassi”, adozione del “romanesco” e non soltanto di esso per quanto concerne i gerghi dialettali.