Non tutti gli anni ho rammentato nel presente blog la ricorrenza della scomparsa di uno scrittore da me letto con particolare fervore in gioventù, ossia Dino Buzzati (che moriva per l’appunto a Milano il 28 gennaio 1972). Di Buzzati -nato a Belluno nel 1906- però ho riletto di recente la preziosa raccolta di prose brevi intitolata In quel preciso momento, vero e proprio “laboratorio” del narratore del Deserto dei Tartari e dei Sessanta racconti. Da essa, ho estrapolato la seguente pagina; davvero un “coriandolo di poesia”, riferendomi alla celebre recensione che del libro in oggetto fece Eugenio Montale (apparsa sul Corriere della Sera del marzo 1951):
CHE COSA SEI, CREATURA?
“Che cosa sei, creatura mia? Un grazioso granellino di polvere sperduto nell’universo. Così solo, semplice e sprovveduto. Se succedesse qualcosa non potresti far altro che nascondere il capino sotto l’ala e lasciarti portar via. Sento il tuo piccolo peso sulla palma della mano, come leggero! Saltelli qua e là, cinguetti, dolce è trattenerti. Ma, per quanto io stringa, tu non entri in me. Uno strato infinitesimo d’aria ci divide sempre, mai e poi mai potremo superarlo. Fuori di me rimarrai dunque, con tutti i tuoi curiosi misteri. Sorrisi, abbracci, cari sguardi, quante inutili fatiche. Mai ci raggiungeremo. Isole solitarie siamo, seminate nell’oceano, e immenso spazio le separa. Baci, giuramenti, lacrime; sono come piccoli ponticelli, ridicoli stecchi che noi tendiamo dalla riva per valicare gli abissi. E ogni giorno si ripete questa assurda storia. L’unica è forse lasciare la propria isoletta, abbandonare la bella casa tra le palme, i libri e le rose, musica e sogni, gettarsi a nuoto, verso una delle altre isole lontane, che ci sembrano stranamente prossime e invece quanto spazio di mezzo; almeno a una di esse. Temo però che anche questo non servirà a niente. A nuoto, così da soli, sul mare immenso? Mai e poi mai arriveremo all’isoletta straniera, fosse pure tra le meno lontane; e ci troveremo stanchi, gelati e tristi nel gregge infinito delle onde, non avremo neanche più forze per ritornare. Tutto inutile, dunque? Tentiamo, tentiamo. Laggiù all’orizzonte sulle acque amare, deserte, naviga certe sere Dio con una sua barchetta, invisibile passerà accanto a te che nuoti disperato (può darsi benissimo) e ti toccherà con la sua mano“.
Dino Buzzati
P.S. il suddetto accenno al mio giovanile fervore in merito alla lettura dei libri di Dino Buzzati non può stare senza la sottolineatura doverosa della qualità di una prosa -quella dello scrittore bellunese- di cristallina chiarezza; laddove lo “stregonesco” e il “favoloso” che memorabilmente la intridono risultano in tutta evidenza lo stilema di una inquietudine profonda, “nordica” (com’è stata definita) dell’animo buzzatiano: una inquietudine che vale quale un calice amaro della nostra letteratura, a ben guardare.
La pagina di prosa breve, tratta dalla raccolta “In quel preciso momento” di Dino Buzzati, della cui trasposizione sul blog mi compiaccio, Andrea, riassume emblematicamente la visione della vita, che l’uomo trascorre soffocato dalla noia e dalla solitudine, sempre nell’attesa vana che accada qualcosa di straordinario, un evento significativo nello scorrere monotono e irrecuperabile del tempo che permetta di dare un senso all’esistenza. E sono proprio questi i temi ricorrenti nella produzione letteraria dello scrittore bellunese: l’assurdo come realtà, la vita come inutile attesa “…radiografia dell’esistenza umana attraverso il suo insensibile trascolorare, con le sue speranze eluse e rinviate, mentre ci conforta l’illusione che il buono della vita debba ancora arrivare….”(F.Gianfranceschi). Un caro saluto. Fiorella
Un ringraziamento particolare a te, Fiorella, per il tuo commento che propone una citazione preziosa nella sua lucida concisione; atta a far comprendere in profondità il mondo interiore di Dino Buzzati. Un caro saluto