lo struzzo ” E’ uno struzzo, quello di Einaudi, che non ha mai messo la testa sotto la sabbia”: queste parole di Norberto Bobbio sanno di fierezza; di questi tempi, medicamentosa. Nell’augurare buona Pasqua a tutti, eccomi a presentare una mia breve lirica del 1995 che stasera ho riletto con piacere:

LAUDATE DOMINUM

peso dei libri e
libri a peso, ecco
i gloriosi struzzi
presso grissini e uova:
sursum corda,
Silvio rimembra ancora!

Andrea Mariotti, poesia del 1995, poi inclusa in Lungo il crinale, 1998, Bastogi Editrice Italiana.

2 commenti su “

  1. Pio Ciuffarella

    Caro Andrea, la tua breve quanto graffiante orazione sorprende e offende come un’imprecazione. Brucia come uno schiaffo in pieno volto. (Non sai quanto vorrei fosse vera quella mano e quella guancia, sazia e imbellettata). È un doloroso grido che echeggia nel deserto dell’indifferenza e dell’opportunismo. Disturba, infastidisce, come un seccante e, purtroppo, vano ammonimento. L’hai scritta ieri ed è già la storia di quello che una volta era chiamato il “Bel Paese”. Poeta e amico, i tuoi versi sono destinati a restare verdi, almeno fino a quando lo strapotere politico-economico non potrà rinunciare al controllo dei media. Gli ingenui Caroselli, con i quali la nostra generazione è cresciuta, già coltivavano in grembo il seme di quel male che oggi avvelena la nostra anima, che acceca le coscienze. Con questo non intendo dire che tutto il male, il mostruoso della nostra società, nasce dalla TV, anzi, credo che il male e il bene accompagnino l’individuo ancor prima di ogni esperienza sensibile. Ho precisato perché non vorrei attirarmi le ire di chi onestamente lavora per la televisione o per i media. Ciò nondimeno, i professionisti del settore ammetteranno che la gran parte dei programmi televisivi sono uno specchio dei nostri barbari tempi, quando non offrono, a loro volta, altre inaspettate realtà, forse emozionanti, divertenti, ma false ed illusorie. Nel 1928, ad Ustica, era confinato Antonio Gramsci. ( Mi chiedo quanti dei nostri ragazzi, studenti o meno, ne hanno mai sentito parlare? Chissà? ) Ebbene, a proposito dei “gloriosi struzzi” riportati nel tuo prezioso componimento, mi sembra utile ricordare che quest’uomo, insieme ad altri condannati politici, organizzava corsi scolastici per insegnare a leggere e a scrivere ai proletari del posto, così si chiamavano i poveri e gli sfruttati d’allora, i quali, diversamente dagli sfruttati di oggi, possedevano già una cultura, quella contadina e i contadini, si sa, sono saggi, sono sapienti: sono gli scienziati della Terra. Ma questo è un altro discorso. Gramsci, dei proletari, diceva,: “… è un dovere non essere ignoranti, se vogliono essere protagonisti della politica e creatori di una nuova società.” Peccato che la cultura contadina sia scomparsa e che, al giorno d’oggi, essere istruiti non conta quanto essere ricchi. Infine, dubito che Silvio, esperto di palinsesti e di comunicazione (in assenza di comunicato), possa rimembrare: il potere ha memoria solo dei fasti del passato, infatti, tende a imitarne la liturgia e a riviverne il delirio. Dalla cultura prende solo ciò che ritiene essenziale al profitto e alla propria sopravvivenza, ovvero il sapere tecnologico e finanziario e quanto altro occorre per convincere i dubbiosi sulla giustezza delle scelte operate da pochi illuminati per il bene di tutti. Un poco di psicologia può bastare per congelare gli ultimi neuroni ribelli. E a cosa serve la filosofia se non ha creare degli scettici infelici? Meglio la religione, almeno conforta e alimenta la speranza, elevando così l’uomo dalla materialità, con serena accettazione della realtà. O anche l’arte, che è pura bellezza, sublime incanto, soprattutto quella prodotta fino al diciannovesimo secolo, tutto il resto è da prendere con estrema cautela. (Pare che alcuni bio-ingegneri stiano studiando come la sindrome di Stendhal possa essere trasmessa tra gli uomini da un provvidenziale virus geneticamente modificato). La storia non occorre, anzi, è dannosa, perché ci soffoca: è troppa! Quanti secoli di storia abbiamo accumulato nelle biblioteche, nei musei, nelle chiese, nelle cineteche, nei pensieri e, ogni giorno che passa, se ne accumula di continuo dell’altra: scorie sempre più difficili da smaltire. D’altra parte, l’unica cosa che la storia ci insegna è che essa non ha mai insegnato nulla. La storia non ha mai dato consigli, a nessuno. Tantomeno al Silvio, o ai Silvi, di turno. Infatti, ogni giorno la storia si ripete fedele a se stessa, nei secoli dei secoli: stesse ignoranze, stesse debolezze, stessi vizi, stesse ingiustizie, stesse violenze. Ogni giorno nasce un Gesù, e ogni giorno l’umanità crocefigge un Cristo, un Socrate, un Thomas More, un Giordano Bruno, un Mahatma Gandhi, una Rosa Luxemburg, un Oscar Romero, un Antonio Gramsci, un Pier Paolo Pasolini. L’elenco è lungo. Ma qui mi fermo, anche per rispetto di tutti quegli sconosciuti, senza storia, vissuti comunque liberi e coerenti con la propria verità e che, probabilmente, non sono morti ammazzati, sono morti e basta; sono semplicemente scivolati fuori da questa realtà, in silenzio, così come ci sono venuti, senza tanti clamori.
    Ti sono sempre grato e per sempre tuo amico.
    Pio Ciuffarella

  2. andreamariotti Autore articolo

    Un ringraziamento speciale, caro Pio, per l’attenzione che hai rivolto ai miei scarni versi del 1995 riproposti in questo sito il venerdì prima di Pasqua. Infatti, non un commento ho da te ricevuto, quanto piuttosto una vasta meditazione socio-antropologica profonda e suggestiva che, al pari del tuo precedente intervento su Ungaretti, arricchisce non poco il mio blog. In effetti mi sembrava di essere stato un po’ troppo provocatorio di venerdì santo, coi miei succinti versi dedicati al nostro demiurgo di riferimento (dal ‘ 94, ormai, in forma diretta)…tant’è. Giustissimo poi il tuo accenno allo statuto sempre verde dei miei versi, a fronte di un contesto così miseramente stagnante come quello del nostro paese, dal punto di vista socio-politico e non solo. Tuttavia, mi sento di aggiungere questo: mosso da una forte indignazione e da foschi presentimenti, nel ’95 mi sono rimesso a fare il verso all’ adorato Leopardi, chiudendo la mia poesia. Cosa avrà voluto suggerirmi la mia ispirazione al riguardo? Che qualcuno non dorme, non si addormenta come potremmo far noi avendo in mente l’ incipit squisito della leopardiana A Silvia? Non faccio mistero, al dunque, del mio particolare amore per l’ultimo Leopardi, quello che scuote le nostre coscienze con la sinfonica Ginestra, laddove pietas e sarcasmo, lirismo altissimo sono un tutt’uno. Ti abbraccio e ti ringrazio profondamente, nobile e ispirato amico, e, nel congedarmi, lascio ancora una volta la parola al poeta della Ginestra, per comprenderci meglio: “…ai saggi insulta/Fin la presente età, che in conoscenza/ Ed in civil costume/ Sembra tutte avanzar; qual moto allora,/ Mortal prole infelice, o qual pensiero/ Verso te finalmente il cor m’assale?/ Non so se il riso o la pietà prevale” (versi 195-201).
    Andrea

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