Venerdì 5 marzo, in via G. Tagliere 3 (seconda abitazione romana di Pier Paolo Pasolini, accanto al carcere di Rebibbia), il V Municipio ha inteso festeggiare il compleanno del poeta (5.3.1922); riaprendo per l’occasione uno spazio dove maturarono (1951-53) i poemetti delle CENERI DI GRAMSCI. E’ stato quindi toccante, per me, declamare in tale luogo versi pasoliniani come questi, tratti dalla GUINEA (1962): ” L’intelligenza non avrà mai peso, mai, /nel giudizio di questa pubblica opinione.”; di fronte a tante persone ma soprattutto avendo accanto “Tarzanetto”, ossia Paolo Pilati, uno dei ragazzi dello storico bar Necci (tuttora esistente nel quartiere romano del Pigneto, dove furono girate diverse scene del film ACCATTONE). Dedico dunque a Pasolini (in questi giorni in cui un fondamentale capitolo “scomparso” del romanzo PETROLIO sembrerebbe in mani non precisamente “filologiche”) la poesia che ho scritto ieri; sviluppo ritmico e amaramente ironico, credo, delle mie considerazioni sul consumismo premesse ai versi sul monte Gennaro del febbraio scorso:
SAMSUNG
Defunto il vecchio schermo,
ho corso come un folle alla tua
conquista, battendo sul tempo
la folla orante dei tecnoparadisi
sparsi lungo il G.R.A. romano.
Ma illuminandoti d’immenso,
la sera non mi hai fatto levitare;
perché ventiquatt’ore bastano
per renderti preistorico, mio caro
Ellecciddì! ed al tuo primo male,
subito in discarica; ho l’ordine brutale.
Andrea Mariotti, poesia inedita, 6 marzo 2010.
GRANDE
emozione quella che devi aver provato, Andrea, ripercorrendo quelle antiche orme. Era quasi ovvio che la tua anima sensibilissima e pasoliniana potesse trarre nutrimento per ispirati versi anche se resi amari dai Tempi infidi e di “ricotta” melma. Bravo. Mirka
Grazie innanzitutto per il tuo apprezzamento dei miei versi, Mirka. Ad essere sinceri, in tal luogo, più che l’emozione è stata in me prevalente l’indignazione, evidentemente di matrice pasoliniana, assistendo ad una insulsa fiera della vanità dopo le parole introduttive dell’assessore alla cultura. E chi reclamizzava la propria associazione, e chi il proprio spettacolo teatrale…e Pier Paolo, di cui è stato ricordato anche giustamente il furore agonistico come calciatore? Ebbene Pier Paolo, lama affilata, si è servito della mia gola per scagliare contro “la borghesia più ignorante d’Europa” la sua poesia implacata. Perché Pier Paolo è stato soprattutto un grande poeta civile, come sappiamo bene.
Un abbraccio. Andrea
Prima di commentare la poesia sono andato a leggermi la premessa al “Gennaro”: le “sicure modificazioni bioplastiche del nostro cervello” mi hanno fatto riflettere a fondo. Siamo anche noi nel vortice, amico mio, e il pensiero ne paga le conseguenze peggiori. Tutto va consumato in fretta e ciò che muore o non è al massimo dev’essere subito scaricato.
Vengo, però, alla tua (e al tuo) “Samsung”: ritengo che l’ironica quanto amara constatazione di ciò che accade sia il fulcro della tua poesia nella quale proprio i due versi centrali raggiungono la vetta del sarcasmo in un accostamento ungarettiano, di rara efficacia, che – per inversa analogia – s’impone prepotentemente all’attenzione: “Ma illuminandoti d’immenso / la sera non mi hai fatto levitare”: belli, veri, icastici.
Sandro
Caro Andrea, “la folla orante dei tecnoparadisi”, verso di straordinaria potenza sarcastica contrapposto con la stessa abilità poetica al “ventiquattr’ore bastano/ per renderti preistorico”. Giochi da funambolo dei versi sul trapezio degli ossimori e dei controcanti, che tanto plauderebbe e plaude Pier Paolo.
Siamo figli di una storia di vento. L”ora e subito’ senza prospettive, senza la reale posssibilità di formulare progetti, sogni.
Sei la coscienza di ognuno di noi. Ancora e sempre grazie, amico mio. Ti abbraccio forte.
Grazie, Sandro carissimo, per aver valorizzato col tuo lucido commento quello che era sembrato anche a me, da subito, nei miei versi, un “acuto” della mia ispirazione di poeta civile. Laddove la luce della coscienza, della nostra coscienza di consumatori (a nostra volta merce di scambio) è colta nella sua opacità sempre meno reattiva, dati i tempi. In effetti in questa mia ultima poesia sono stato “agitato” da un forte sarcasmo, con l’acquirente tutt’altro che al riparo da esso. Un abbraccio. Andrea
Grazie, Maria, per aver evidenziato, a proposito di questi miei ultimi versi, la musica che ostinatamente difendo, come poeta; anche in questo caso in cui il sarcasmo -come dico a Sandro- è stato travolgente. Tu sai quanto io ami Mozart; e dunque mi ricordo sempre delle sue parole al padre in occasione della nascita del RATTO DEL SERRAGLIO: “la musica deve rimanere musica”; e così, ecco la mia “folla orante dei tecnoparadisi”, fluida scansione poetica della nostra imperante sottocultura che non ci risparmia, a deprecarla. Un abbraccio forte. Andrea
Caro Andrea,
questi sono versi molto incisivi e forti: “defunto il vecchio schermo”, “tecnoparadisi”; nello stesso tempo però non manca la vena lirica: “ma illuminandoti d’immenso/ la sera non mi hai fatto levitare”. Ecco riesci come al solito a creare un tuo modo di scrivere, dove il disappunto per la mancanza di conoscenza e di sensibilità moderna vuole essere un invito ad immergersi nel mondo della vera “Arte”.
Con tanta stima Angiolina
Cara Angiolina, purtroppo la tua sensibilità di lettrice aveva omesso la negazione, nel citare i miei versi, che sono poi quelli di Ungaretti capovolti sarcasticamente per esprimere il nostro delirio consumistico. Non importa, l’essenziale è che tu abbia riconosciuto la mia voce non conciliante, abrasiva -direi- nel rievocare un sabato pomeriggio che volentieri avrei dedicato alla mia persona. Ti ringrazio per la stima che nutri per la mia poesia. Andrea
Caro Andrea,
non so se sono stata una lettrice disattenta. Solo volevo sottolineare come nel tuo pessimistico vedere la società attuale ci sia posto anche per un Ungaretti capovolto, ma a mio parere sempre lirico.
Grazie. Angiolina
Cara Angiolina, io mi sono riferito alla citazione dei miei versi; sulla tua libertà di interpretazione dei medesimi ovviamente hai tutte le tue ragioni. Anche quelle che riguardano diciamo così l’impermeabilità lirica di Ungaretti (nonostante la mia sconsolata dissacrazione). Ancora un saluto.
Andrea