Chiamandomi forse fuori dal coro, dirò che fin dalla sera in cui ho veduto l’ultimo film di Nanni Moretti, Mia madre, ho sintetizzato in un tweet il mio disappunto per un lavoro cinematografico povero di dignità estetica e del tutto privo di ritmo. E’ nelle cose, purtroppo, che più di talvolta ci si ritrovi nella condizione di impotenti e consapevoli osservatori della fine atrocemente lenta della propria madre. Ma questo, di per sé, non giustifica un film; necessitando esso -a maggior ragione in relazione a tale dolorosa esperienza da rappresentare – di un’impennata dell’autore in grado di trasfigurare (non in chiave vuotamente estetizzante!) la trama proposta. Ebbene, nulla di quanto appena vagheggiato si realizza nell’opera in oggetto del regista romano: capace di tediare e opprimere per due ore lo spettatore con irritanti e goffi “salti” da un set dove il suo alter ego Margherita Buy dirige un film socialmente “impegnato” alla sala d’ospedale in cui la madre dei due protagonisti sta morendo (Moretti impersona infatti un ingegnere in aspettativa consapevole e saggio, raffrontato alla nevrotica Buy che non ne imbrocca una). Non basta in sostanza nel film iterare fino alla noia “non capisco…” (con le parole e le facce dei due) per elevare un monumento di valore paradigmatico ai difficili, spiazzanti tempi attuali; così come recensioni fin troppo benevole hanno a conti fatti sostenuto (suscitando in chi scrive quasi il senso di un civico dovere nell’andare a vedere Mia madre). Il problema è sempre lo stesso: Moretti non ha ancora imparato (in età non più giovanile) a farsi da parte; privo com’è di quella capacità che in letteratura potrebbe valere quale abile uso del correlativo oggettivo; e non basta il suo sdoppiarsi nella Buy per farci del tutto dimenticare il morettismo a dir poco d’annata: intriso di narcisismo spiacevolmente chioccio ancora imperversante nella seconda parte del precedente film Habemus papam, a parer mio il più potente e profetico dei lavori del regista romano (con un magistrale Michel Piccoli davvero capace d’incarnare il senso della umana inadeguatezza… papa mancato a spasso per Roma, nella formidabile prima parte dell’opera; e cioè prima che la palla passi più decisamente allo psicoanalista- Moretti carico di sussiego nello sviluppo del film). Dato a Cesare quel che è di Cesare, ovvero non volendo dimenticare neppure Il Caimano (più lontano negli anni e anch’esso per certi versi profetico), eccoci di fronte al Moretti attuale e a mio avviso involuto di Mia madre. Un Moretti che giustamente non ha vinto, a Cannes, per me. Può darsi che vi sia dell’acrimonia, in questa mia nota, nei confronti del regista romano. Mi assumo però il rischio in questione e rimango aperto alle obiezioni. Del resto è una questione di forma, quella che pongo, tutt’altro che formale (non si tratta di un gioco di parole). In breve: uno scrittore deve essere chiaro, un comico far ridere e via dicendo. Ebbene il regista Moretti, profondo a dismisura, non ha ancora imparato per suo conto dopo decenni un minimo d’invenzione figurativa, nei suoi film; e si capisce a questo punto come, in mancanza di ciò, con argomenti tetri e battute non indimenticabili, il film in oggetto lo si voglia archiviare dentro di sé abbastanza in fretta; peccando forse di superficialità?… sarà. Confido nel fatto che qualche visitatore del presente blog possa ritrovarsi in quanto qui ho scritto.
P.S. Mi è capitato di vedere, successivamente all’articolo in oggetto, l’ultimo film di Paolo Sorrentino (atteso al varco dopo l’Oscar) intitolato Youth, La Giovinezza: ebbene, per quanto mi riguarda, quale miglior riscontro a sostegno di ciò che ho rimproverato a Moretti in termini d’una (storica) povertà estetica delle sue opere? seguendo il film di Sorrentino, infatti, devo riconoscere d’essere rimasto positivamente colpito dalla consapevole “leggerezza” (non superficialità) con quale il regista affronta una tematica tutt’altro che radiosa; con grande, dico grande invenzione figurativa (e se vogliamo, una certa prolissità, a onor del vero…una pecca tutto sommato perdonabile a Sorrentino, autore di un film -quest’ultimo-per me superiore alla Grande Bellezza; vedi articolo del 9.3.2014 nel presente blog).
Ciao Andrea, non ho ancora visto il film “Mia madre” di Nanni Moretti pressoche’ignorato a Cannes, da quanto mi risulta, e devo dire che nessuna delle recensioni in merito da me lette, mi ha particolarmente sollecitata a farlo, quanto la tua analisi così lucida, puntuale e di profondo rigore critico. Come sempre! Saprò darti presto il mio giudizio. Un caro saluto,Fiorella
Un ringraziamento, Fiorella, per questo tuo attestato di stima verace nei miei confronti; tale da suscitare in te una spinta maggiore a vedere il film in questione. Sono pertanto curioso di sapere cosa potrai pensare di esso. Ti saluto caramente