Ripensando alla tempesta d’acqua di ieri a Roma come altrove (era vento fortissimo di libeccio ma fa lo stesso), ecco questa poesia del primo, indimenticabile Montale:
Scirocco
O rabido ventare di scirocco
che l’arsiccio terreno gialloverde
bruci;
e su nel cielo pieno
di smorte luci
trapassa qualche biocco
di nuvola, e si perde.
Ore perplesse, brividi
d’una vita che fugge
come acqua tra le dita;
inafferrati eventi,
luci -ombre, commovimenti
delle cose malferme della terra;
oh alide ali dell’aria
ora son io
l’agave che s’abbarbica al crepaccio
dello scoglio
e sfugge al mare da le braccia d’alghe
che spalanca ampie gole e abbranca rocce;
e nel fermento
d’ogni essenza, coi miei racchiusi bocci
che non sanno più esplodere oggi sento
la mia immobilità come un tormento.
poesia di Eugenio Montale, tratta da Ossi di seppia (1925)
Mi piace accostare la lirica di Montale che ci proponi, Andrea, ad un’altra -sempre della raccolta “Ossi di seppia”- di vaghissima grazia: Maesrtrale. Assistiamo al passaggio dal tormento dell’uomo aggrappato ad uno scoglio, che cerca invano di resistere ai venti “avversi” (la prima) alla quiete di un’anima incantata nella contemplazione della natura distesa in una “ebrietudine tarda”, immemore dei dolori sopiti nel suo vecchio “tronco”(la seconda)…il pensiero non può non andare a “La quiete dopo la tempesta” del grande Leopardi! Fiorella
Hai ragione, Fiorella, nel citare la poesia Maestrale, da me appena riletta dopo aver visualizzato il tuo commento; a suo tempo avevo proposto nel presente blog Tramontana, sempre dagli Ossi…ma davvero Maestrale è pittura poetica di rara perizia di quel gran signore della parola che è stato Montale. E concordo con te circa il richiamo a Leopardi. Che piaccia o meno, i poeti maggiormente “normativi” del nostro Ottocento e Novecento risultano per l’appunto Leopardi e Montale, volendo tacere della densità di pensiero e della profonda bellezza dei loro versi. Un caro saluto
Eccezionale!
Sino ad ora, per uno che come me ha “quasi” sempre composto in rima e in particolare utilizzando la forma del sonetto… è da prendere in esempio un componimento dove versi metrici differenti sono sapientemente mischiati e amalgamati come a rendere un’eufonia. Per arrivare a un simile traguardo, senza l’aureo suono della rima, credo sia necessario un lirismo pazzesco.
Quanto al contenuto:
Un’agave, una pianta immobile in contrapposizione a uno scenario dove tutto scorre e tutto è inafferrabile, come del resto inafferrabile è il tempo.
“La vita è come acqua tra le dita”, non la si può trattenere…
Vorrei maturare anch’io uno stile paragonabile, il più possibile, a quello appena letto.
La poesia non è solo tecnica.
Un saluto al Dottor Mariotti.
Francesco Dettori
Benvenuto a questo blog, caro Francesco. Il tuo schietto commento a fronte della bellissima lirica in oggetto mi spinge a suggerirti, se posso, di metabolizzare per così dire il poeta “normativo” per eccellenza del nostro Novecento, ossia Montale; un poeta che come pochi a parer mio insegna severità e densità di pensiero (tali da richiamarmi -per associazione di carattere figurativo- alla mente l’austera bellezza della pietra serena delle chiese fiorentine, volendo alludere all’altezza di stile del grande Genovese). Un cordiale saluto a te