Piagnucoloso no, ma lacunoso sì, a parer mio, il film Pasolini di Abel Ferrara (sugli schermi dal 25 settembre scorso). Non che esso non abbia un suo fascino (penso alla credibilità della muscolare e nervosa magrezza dell’attore Willem Dafoe -non al suo doppiaggio!- nei panni del grande scrittore e regista; nonché a un momento alto e toccante come l’urlo soffocato dl Adriana Asti nel ruolo di Susanna Colussi, madre di Pier Paolo, nell’apprendere la notizia della fine atroce del figlio). Ma urge chiedersi subìto: può il film di Ferrara essere utile per un giovane d’oggi intenzionato a conoscere almeno in parte Pasolini? qui risponderei del tutto negativamente; in quanto il Pasolini di Ferrara risulta a mio avviso troppo schiacciato senza forza retroattiva su opere pur fondamentali di Pier Paolo come Salò e Petrolio; e, per altri versi, sulla sua omosessualità (non a caso, nel film in oggetto, il massacro dell’Idroscalo è dovuto a ignoti aguzzini decisi a dare una lezione coi fiocchi al “frocio”; con Pino Pelosi a completare l’opera -nel modo che ci hanno ufficialmente raccontato- e cioè passando con l’Alfa Gt sul corpo ormai esanime dello scrittore). Nel suo voler rispettare, Abel Ferrara, il mistero degli umani (ma con frequenti rimandi -guarda caso!- al “dentro” di Pier Paolo, in quel primo giorno di novembre del 1975, in cui Pasolini incontrò persone, rilasciò una memorabile intervista a Furio Colombo e via dicendo), ecco che il regista americano finisce per consegnarci un prodotto di lusso innegabilmente professionale ma in sostanza estetizzante e confuso. A Marzia Gandolfi che nella sua recensione su Mymovies.it ha lasciato ampiamente intendere l’apprezzamento per uno stile personale anche elevato nel raccontare l’ultima giornata di vita di Pasolini, vorrei obiettare una cosa, fra le tante che mi vengono in mente dopo aver veduto il film di Ferrara: pur non attendendo ovviamente da esso chissà quali rivelazioni circa la morte atroce del poeta, perché non dare -dico io- un altro taglio alla “diversità” di Pier Paolo, fin troppo epidermica e scontata nell’opera di Ferrara? perché non suggerire con finezza e autentico spirito di ricerca che proprio l’omosessualità di Pier Paolo può avere spinto per decenni il grande scrittore e regista a guardare ben oltre le apparenze, a parte l’innegabile e proteiforme suo talento? purtroppo, nel film di Ferrara, detta omosessualità di Pasolini non è conoscenza integrata e radicata in uno spirito corsaro e luterano; piuttosto un notturno, scandaloso braccio slegato dell’esistenza di Pier Paolo, che continua così a morire “com’altrui piacque” (Inf., XXVI; 141)… da trentanove anni, ormai.
Da studioso fine e profondo come sei di Pier Paolo Pasolini, questa tua lucida critica di un film forse solo nato come intenzione del regista a far conoscere l’uomo Pasolini, i suoi tormenti umani e politici, il suo genio,la verità del suo assassinio coi suoi veri mandanti, mi obbligano a prenderne immediata visione, o almeno in tempi brevi. Ti ringrazio per aver dato una smossa a una mia naturale venatura di pigrizia che, pur con motivazioni valide che giustificano assenze importanti come queste non manca mai. Mirka
Da appassionata di Pasolini ho assistito alla proiezione del film di Ferrara e per commentarlo potrei dire tante cose, ma mi limito ad una parola sola che credo esprima bene il mio pensiero: abominevole! Come ho già scritto in risposta ad un articolo apparso su http://www.rbcasting.com, ci tengo a dire che sono uscita dalla sala amareggiata e “arrabbiata” non poco. Credo che Ferrara abbia compiuto una profanazione. Un film che chi ama Pier Paolo non può certo approvare e chi lo conosce poco non può riuscire a comprendere nè tantomeno ad apprezzare, per come PP è stato descritto. Lo trovo un film eccessivo e nello stesso tempo vuoto. Molti attori sono assolutamente fuori parte: impensabile immaginare di poter sostituire Eduardo con Ninetto Davoli, inutile e sprecata la presenza di Mastrandrea, che pure è attore apprezzabile, la Betti resa una “macchietta”, Scamarcio e l’attore che interpreta Pelosi non ne parliamo proprio; si salvano solo la Asti, grande attrice e amica di PP, e il protagonista Dafoe che ce l’ha messa tutta, anche se non ha saputo restituire l’immensa forza di PP. Anche la voce del bravissimo Gifuni non è coerente con quella di PP e lo fa apparire estraneo e lontano. Per il resto solo sesso usato male: l’orgia di Porno-Teo-Kolossal che da sola niente ci dice del messaggio alto contenuto in questa sceneggiatura, il pratone della Casilina di Petrolio e la scena in macchina che nulla trasmettono del sesso “politico”, ma lo relegano solo a basso e sterile commercio o vizio. Niente ci arriva dell’anima, della vita e della multiforme arte di Pier Paolo. Nessuna opinione aggiunge un battito alla vuota rappresentazione della sua violenta esecuzione. Una vera offesa, uno sfregio, oltre che un film mancato. Molto meglio dedicare due ore ad una qualsiasi delle opere di Pasolini che sprecarle nella visione di questo basso prodotto commerciale.
Oggi si torna di nuovo a parlare della figura di PPP, del nuovo film di Abel Ferrara dal titolo Pasolini, in programmazione nelle sale dal 25 settembre scorso.
Il film in questione è stato da me visionato alla sua prima, in un noto cinema romano. Ecco le mie asciutte impressioni.
Primo spettacolo; spettatori in sala circa quindici, occhi fissi sullo schermo un po’ ingiallito dal tempo. Conto i minuti mentre si proiettano le pubblicità che indifferenti sfilano davanti ai miei occhi. Finalmente le luci si spengono del tutto (sono emozionato), sul grande schermo appare un solo titolo: Pasolini e, tra le prime immagini, subito riconosco quelle di Salò o le 120 giornate di Sodoma, ultimo lavoro di Pier Paolo, ma…non capisco, non comprendo la scelta di questa sequenza iniziale. Il tempo trascorre tra alti e bassi, positive le scene di vita quotidiana: il pranzo in famiglia, la partita di pallone, l’inseparabile “lettera 22”, ma ben presto la pellicola e l’entusiasmo sbiadiscono sempre più. Il film mi appare vuoto, scarno, un copia e incolla, un puzzle dalle tessere mancanti. La visione continua, nel cuore ho ancora speranza in qualcosa di diverso, in una verità ancora nascosta. Quattro persone in sala, si alzano e se ne vanno borbottando parole incomprensibili. Siamo quasi alla fine del film, l’Alfa GT arriva all’idroscalo, scena discutibile…Improvvisamente, rabbia e frustrazione (forse già intuita) pervadono la mia mente: non è possibile, mormoro tra me e me, la consueta e misera versione dei fatti. L’ipotesi più semplice, più accreditata, la spedizione punitiva, la sonora lezione, le botte al frocio, al “diverso”. Il massacro si è compiuto, una odiosa ed inadeguata musica commentano la scena, mentre il corpo di Pier Paolo Pasolini schiacciato dalla sua stessa auto, giace senza vita sulla fredda sabbia del litorale di Ostia. Si accendono le luci, vola qualche fischio e leggo sul volto degli spettatori solo delusione e nulla più.
Caro cineasta, davvero pensi che Pasolini sia solo sesso e immoralità?
Ciò che ho scritto può essere opinabile ma sono le mie personali valutazioni e considerazioni.
Aspetto con piacere, se vorrai, Mirka, le tue impressioni sul film di Ferrara. Un caro saluto
Il tuo commento, Grazia, nella sua radicalità, non concede alcunché al film di Abel Ferrara; e come tale doverosamente lo pubblico avendo già scritto di mio quel poco, pochissimo di positivo che posso aver riscontrato nel lavoro in oggetto (il cui difetto maggiore e non poco grave, in sintesi estrema, rimane -come già da me evidenziato- quello del mancato rispetto della integrità umano-artistica di Pasolini).
Anche questo commento, Massimo, al pari di quello di Grazia, esprime una valutazione estremamente negativa di un film troppo personale e opinabile; anzi, minato da quel grave difetto (scusate se è poco!) cui ho accennato: il mancato rispetto della integrità di una figura di uomo e di artista (Pasolini) meccanicamente scompigliata da Abel Ferrara senza troppi problemi.