Riletto a distanza di anni un classico dei classici: IL GRANDE INQUISITORE, episodio saliente dei Karamazov di Dostoevskij; secondo Freud -che dedicò nel 1927 al romanzo un saggio intitolato Dostoevskij e il parricidio– fra i capolavori assoluti della letteratura mondiale (e non soltanto secondo Freud, ovviamente). Com’è noto ai tanti lettori del suddetto, stupendo episodio raccontato da Ivàn Karamazov al fratello Alljòsa, Lui “passa ancora una volta fra gli uomini in quel medesimo aspetto umano col quale era passato per tre anni in mezzo agli uomini quindici secoli addietro”. Per la precisione a Siviglia, ora; non senza fare i conti, subìto, con “il cardinale grande inquisitore in persona…un vecchio quasi novantenne…dagli occhi infossati, ma nei quali, come una scintilla di fuoco, splende ancora una luce.”. Il vecchio non ci pensa due volte a far imprigionare il Figlio di Dio, di fronte al quale, “nel vecchio edificio del Santo Uffizio”, inizierà la sua dura requisitoria, il cui leitmotiv è il seguente: “Perché sei venuto a disturbarci?”(il giorno precedente il cardinale grande inquisitore aveva fatto bruciare “quasi un centinaio di eretici”). Manca naturalmente lo spazio, qui, per citare con ampiezza tale eccezionale episodio dei Karamazov (da leggere o rileggere anche al netto del romanzo, in caso); sarà sufficiente, al riguardo, riportare questa meditata esclamazione dell’anziano prelato rivolta al “Prigioniero”: “Oh, mai, mai essi potrebbero sfamarsi senza di noi! Nessuna scienza darà loro il pane, finché rimarranno liberi, ma essi finiranno per deporre la loro libertà ai nostri piedi…Comprenderanno infine essi stessi che libertà e pane terreno a discrezione per tutti sono fra loro inconciliabili, giacché mai, mai essi sapranno ripartirlo fra loro! Si convinceranno pure che non potranno mai nemmeno esser liberi, perché sono deboli, viziosi, inetti e ribelli…dispone della libertà degli uomini solo chi ne acqueta la coscienza”. Di fronte a queste terribili parole dell’anziano cardinale, il nostro pensiero va per esempio al saggio del 1933 di Wilhelm Reich (allievo di Freud), Psicologia di massa del fascismo (come nasce e perché si diffonde il misticismo organizzato); ma, naturalmente, si tratta solo di uno degli innumerevoli nessi che il romanzo di Dostoevskij (dal respiro immenso) spinge a istituire. Concludo precisando che la foto qua sopra, mia, scattata tempo addietro all’interno della chiesa romana di San Lorenzo in Lucina, permette di osservare lo splendido, espressivo busto marmoreo di Gabriele Fonseca (1668-73) dovuto al Bernini (foto da me già proposta nel presente blog; archivi di luglio 2013, a “commento visivo” del memorabile sonetto di Giovanni Della Casa:”O sonno…”;LIV; Rime).
Dostoevskij. Mai uomo combattè i suoi demoni e ne scrisse. L’emozione attiva che suscita sempre in chi legge, obbligando il lettore a scavare le proprie potenzialità nascoste.
Il misticismo…pulsioni sessuali represse e talmente forti da portare a visioni del tipo Teresa d’Avila o alla santa Inquisizione. Ottimo articolo Andrea. Un abbraccio, Mirka
Si legga o si rilegga Dostoevskij, è difficile non beccarsi quaranta di febbre, come minimo, e forse non soltanto in senso strettamente figurato…Un abbraccio