La foto qua sopra, mia, è stata scattata la settimana scorsa nel pomeriggio in cui l’ostinato maltempo d’inizio mese ha concesso finalmente una non risibile tregua, dopo giorni e giorni di piogge intensissime. Un cielo romano al tramonto si osserva nella foto, forse efficace per tentare di esprimere visivamente l’emozione della forte conflittualità superbamente superata nella sinfonia n. 5 in do minore op.67 di Beethoven, da me riascoltata ieri sera. Segnalo, al riguardo, sulla Rete, il nuovo portale della RAI (classica.rai.it) laddove, per l’appunto ieri sera, mi sono imbattuto nella esecuzione della suddetta sinfonia da parte di Antonio Pappano, direttore stabile presso il Parco della Musica di Roma. Ebbene, una volta di più, a parte l’egregia direzione di Pappano di questa universale partitura, sarà il caso di ribadire che la Quinta, davvero, rappresenta il mondo del genio di Bonn in modo irrevocabile. Sì, irrevocabile, essendo la sinfonia n. 5 mirabilmente concisa, come non sempre (anzi, quasi mai) accade nella musica di Beethoven. Ovviamente tale qualità è stata esaltata a dovere; ma non risulterà ozioso, credo, di questi tempi, insistere in proposito. Distratti, ansiosi come siamo, sempre a corto di tempo, ecco che con la Quinta abbiamo veramente la possibilità di compiere un viaggio indimenticabile nel regno della Bellezza non temporalmente dilatato. Cosa pretendere di più? lascio da parte, naturalmente, le oziose dispute circa il “Destino che bussa alla porta”, in relazione alle prime memorabili battute della Quinta. Beethoven, soprattutto questo Beethoven, come ha ricordato Pappano, è, in sintesi, parte integrante della nostra anima.