2013-12-05 20.28.22

Eccomi con piacere a parlare sia pure brevemente dell’ultimo romanzo di Dacia Maraini, Chiara di Assisi (Rizzoli, 2013; già alla seconda edizione). Ero infatti fra il pubblico presente sabato scorso 30 novembre nella libreria romana LA NUOVA EUROPA-I GRANAI, pronto ad accogliere come tutti con un caloroso e meritato applauso la scrittrice. Un pubblico numeroso e attento, aggiungo, nell’ascoltare i ragionamenti della Maraini attorno al suo libro ed anche le sue pacate e argomentate risposte alle domande che le sono state fatte nella parte conclusiva dell’incontro. Bene. Devo dire che ho letto nei giorni passati il romanzo tutto d’un fiato, trovandolo a dir poco splendido e toccante, oltre che debitamente documentato. Non devo certo essere io, qui, a sottolineare il magistero narrativo della scrittrice italiana più conosciuta al mondo (volendo alludere, in particolare, alla quotidiana concretezza della vita claustrale evocata con grande finezza ed efficacia nel romanzo). No, d’ altro intendo parlare, nel presente scritto. Ossia della autentica ispirazione percepibile a mio avviso in ogni pagina del libro della Maraini; ché il “personaggio” della Santa di Assisi, ha sicuramente bussato alla porta della scrittrice. La quale, tuttavia, non si è limitata all’accoglienza diciamo così di mestiere; immedesimandosi di contro con Chiara e la sua disobbedienza a tutto ciò che poteva frapporsi come ostacolo ad un progetto di vita consacrato alla Povertà (conditio sine qua non della libertà interiore necessaria per il contatto più intimo con lo Sposo Celeste). Molte sono le pagine del romanzo intrise di una disarmante freschezza nel cogliere la santità di Chiara (frammista, tale freschezza, a un pacato ma tenace illuminismo di fondo che non guasta, nella sua sobrietà; anche per dare conto al lettore di un’epoca suggestiva e crudele, laddove il mistico slancio di Francesco e di Chiara è storicamente risultato un capolavoro politico, considerando la coeva “crociata degli albigesi” del 1208, voluta da quello stesso papa, Innocenzo III, che approvò la prima regola orale dell’ordine francescano). Ma accanto alle tante pagine del romanzo frutto come detto di autentica ispirazione e sottile equilibrio narrativo, ritengo giusto segnalare un acuto, a parer mio, del libro della Maraini: precisamente a pagina 159, dove “Il sacrificio di Chiara” è afferrato veramente con l’intelligenza del cuore da parte della scrittrice, nel momento in cui viene chiarito (annominazione spontanea) di quale natura fosse tale sacrificio: l’inabissamento del prigioniero nelle acque profonde di una libertà inaudita e vincente. E, ancora, a suggello del suo bellissimo romanzo, ecco la Maraini ricordarci con voce sommessa come, “seguendo le indicazioni di Chiara”, si possa mettere in discussione quel principio aberrante (nonché di gran moda nei tempi attuali) in base al quale l’amore coinciderebbe con il possesso dell’altro. Non voglio aggiungere annotazioni ulteriori, per non guastare al lettore il godimento spirituale ancor prima che strettamente narrativo di un libro in una parola sola elevato, di cui Dacia Maraini ci ha fatto dono (mia la foto qua sopra del celebre dipinto della Santa di Simone Martini, riprodotto in una piccola tavoletta lignea che ho in casa).

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