A distanza di trentotto anni esatti dalla tragica scomparsa di Pier Paolo Pasolini, vorrei qui riflettere sull’ultimo libro di poesia, Trasumanar e organizzar (1971) del grande scrittore e regista. Nel 1971, per inciso, veniva pubblicata una importante raccolta di Eugenio Montale, Satura; quasi ovvio che l’attenzione della critica fosse catalizzata da quest’ultimo libro, rispetto a quello dell’eretico Pasolini (senza per questo voler disconoscere le novità rimarchevoli presenti in Satura, a fronte delle precedenti “stagioni” dell’impegno poetico del grande Genovese). Ciò, comunque, procurò non poca amarezza a Pasolini, che molto aveva investito non solo emotivamente ma anche sul piano dello stile in Trasumanar e organizzar (si pensi, intanto, al titolo dantesco scelto dal poeta per il suo libro: “Trasumanar significar per verba/ non si poria…”; Paradiso, I, 70-71). Ci si potrebbe in qualche modo stupire, a proposito dell’impegno stilistico trasfuso in Trasumanar e organizzar dal poeta delle Ceneri che, com’è noto, all’inizio degli anni Settanta, per sua stessa ammissione, era ormai un intellettuale piuttosto scettico circa la centralità della poesia. Ma, naturalmente, piaccia o non piaccia ai tanti detrattori che tuttora non mancano della poesia pasoliniana, stiamo qui parlando di una esperienza poetica saliente del nostro Novecento, quella di Pasolini, appunto; sorretta da una finissima educazione letteraria che sarà bene tenere presente anche per comprendere, una volta per tutte, il consapevole, accentuato intento antipoetico dei versi di Trasumanar e organizzar; laddove tale intento viene a conti fatti percepito, dal lettore sensibile e intellettualmente onesto, come un dono di autentica e struggente poesia. Peraltro questo movimento dell’impura, contaminata poesia di Pasolini che finisce per risultare così toccante è stato debitamente valorizzato da Fernando Bandini nella sua corposa introduzione a PASOLINI, Tutte le poesie, i Meridiani, Arnoldo Mondadori Editore; Tomo primo, Il “sogno di una cosa” chiamata poesia; come del resto da Franco Cordelli, nella prefazione all’edizione garzantiana di Trasumanar e organizzar, Gli Elefanti, prima edizione 2002. Ora tanto Bandini quanto Cordelli (senza escludere Enzo Siciliano), insistono giustamente sull’umiltà dell’ultimo Pasolini, in poesia; nel senso che, abbandonati i fasti della terzina dantesca rivitalizzata a suo tempo dal Pascoli e quasi scagliata dal nostro poeta contro il Novecento “ermetico” in Le ceneri di Gramsci (1957), La religione del mio tempo (1961) e Poesia in forma di rosa (1964); abbandonati tali fasti, stavamo dicendo, ecco quest’ultimo Pasolini realizzare i suoi affondi antilirici senza più enfasi, con spirito disilluso, talvolta ironico e parodistico (seppure all’occorrenza profondamente tragico, vedi fra tutte la poesia Patmos). Il risultato finale di tale atteggiamento verso la poesia, in chiave stilistica? ebbene, la scomparsa degli enjambements non sempre felici delle terzine ora assenti; in favore di un evidente discorrere “in forma di prosa” (e non più di rosa, se ci si passa l’espressione) che, in Trasumanar e organizzar, finisce per dare luogo a un vero e proprio informale poetico, con versi largamente ipermetri destinati alla recitazione. Semanticamente parlando poi, in base a quanto sopra accennato, come tacere di un balenio della poesia non cercata ma trovata in profondità, e da questa stessa profondità pronta a risalire fino al cuore del lettore ostinato (nel leggere e rileggere) e fondamentalmente libero, non condizionato dagli estetici pregiudizi delle “anime belle” della poesia? I citati studiosi di Pasolini hanno anche insistito, a proposito di Trasumanar e organizzar, sulle non poche poesie intrise di “bontà” raccolte nel libro; un libro nel quale, in sintesi, non è più l’interiorità a piegarsi alla forma ma piuttosto il contrario (qui rammentando un fertile enunciato di Alessandro Piperno, Premio Strega nel 2012; enunciato incluso nell’ articolo apparso sul Corriere della Sera del 18.2.2008 in merito alla Certosa di Parma di Stendhal). Essendo ovvio dover sottoporre a strenuo esercizio di pensiero critico proprio ciò che maggiormente si ama, nell’arte, sarà innegabile riconoscere a questo punto che il “grido” più memorabile della poesia civile di Pasolini “L’intelligenza non avrà mai peso, mai,/ nel giudizio di questa pubblica opinione…” risulta frutto costante d’estrapolazione da un poemetto del 1962, La Guinea (incluso nella raccolta Poesia in forma di rosa, del 1964) fatto di terzine sovente estetizzanti, monotone e in stato di materiale poetico per così dire inerte, rispetto all’erompere del suddetto “grido”, stupendo e vero; e che vale l’autobiografia di una nazione, in chiave gobettiana. Da quanto finora osservato si ricava la complessità, come pure la presenza di dislivelli stilistici, all’interno del percorso poetico di Pasolini. Ma, sempre per motivi di costante esercizio critico del pensiero, non si dovrà neppure esaltare a dismisura la “bontà” delle ultime poesie di Pasolini; per non assecondare a conti fatti un revisionismo fin troppo riduttivo e retroattivo, inteso a banalizzare quella “poesia della ideologia” centrale nelle Ceneri e ben memorabile (nonostante i limiti formali accennati): ché, tale revisionismo, va ad integrare, guarda caso, quella vera e propria damnatio memoriae gravante tuttora sull’eretico Pasolini e alla quale, inconsapevolmente o meno, prestano oggi ausilio curatori di tomi e intellettuali più che raffinati, esiziali, al dunque; tesi all’egolatria prendendo a prestito la poesia e più in generale l’eredità culturale di Pasolini. Tutto ciò premesso intendo presentare, oggi 2 novembre, in funzione non riduttiva ma interrogativa, una breve e famosa poesia tratta per l’appunto da Trasumanar e organizzar (mia la foto qua sopra per così dire di “fortuna”, scattata ieri mattina nel parco non distante dalla mia abitazione):
COMUNICATO ALL’ANSA (UN CANE)
Ahi, cane, fermo sul ciglio della via Prenestina
che si guarda di qua e di là prima di attraversare la strada.
Non ha nulla da ridire: accetta tutto.
Non ha dignità da difendere, a causa della sua bontà.
Ecco quindi la mia conclusione:
la rassegnazione non ha niente da invidiare all’eroismo.
poesia di Pier Paolo Pasolini, da Trasumanar e organizzar, 1971
p.s. dedico questo scritto ai pasoliniani miei amici Federica Caggioli, Grazia Gasparro, Massimo Mancini, Silvio Parrello e Simona Zecchi; ma, soprattutto, alla memoria di Angela Molteni recentemente scomparsa (ideatrice e curatrice infaticabile del sito web nato come Pagine Corsare e ora raggiungibile all’indirizzo pasolinipuntonet).
L’articolo in oggetto è stato pubblicato dalla rivista letteraria I Fiori del Male, Quaderno quadrimestrale di Poesia Cultura letteraria e Arte, anno IX, n.58, maggio-agosto 2014.
Grande Pier Paolo Pasolini in questa dimensione sociale d’un dramma umano sintetizzato in questi secchi versi senza appello di replica.
Mirka
Un sentito ringraziamento, caro Andrea, per aver dedicato anche a me e a Massimo questo tuo intenso scritto, ispirato dall’evento odierno ed elaborato con sensibilità e sapienza. Altrettanto encomiabile e di notevole spessore è stato il tuo intervento durante la commemorazione di questa mattina all’Idroscalo di Ostia, sia per la toccante declamazione di “Versi del testamento” che per il dono della lirica di tua composizione. Credo sia questo il modo migliore, per noi sinceri estimatori della persona e dell’opera di Pasolini, di onorarlo con partecipazione e generosità. Con lo stesso spirito e con lo stesso amore Angela Molteni si dedicava al suo sito pasoliniano; per questo, dopo averla ricordata durante la celebrazione odierna, mi unisco a te nel sottolineare il suo impareggiabile impegno.
Un abbraccio, Grazia
Mi sembra proprio che sia così, Mirka: versi di una secchezza estrema, in fondo rarefatti nel loro posarsi con sensibilità unica sull’umile cane della Prenestina; che degli “ultimi” si fa allegoria trasparente e palpabile.
…e quella tua foto ne dà piena rappresentazione. Un abbraccio Andrea e complimenti per questa dettagliata e splendida recensione. Mirka
Accolgo a mia volta con sentimenti di sentita gratitudine il tuo commento, cara Grazia, dopo la condivisione della giornata di ieri in memoria di Pier Paolo, all’Idroscalo di Ostia. Come sai, non ho conosciuto Angela Molteni di persona; ma ho profonda, limpida coscienza di cosa abbiamo recentemente perduto in termini di umano valore e specifica, appassionata competenza relativa al patrimonio culturale lasciato da Pier Paolo; e da Angela potentemente trasmesso e rilanciato. Un abbraccio
Carissimo Andrea, ti ringrazio anch’io profondamente, per esserti ricordato di me e della mia piu’ grande passione : P.P.P. Una passione che mi riempie di una “disperata vitalita’, di un amore incredibile per la vita e mi dà ogni giorno la possibilita’ di confrontarmi con persone non comuni, non banali, scialbe. Ho avuto il privilegio di conoscerti e il piacere di dialogare con te a lungo e spero di incontrarti nuovamente a Gennaio, quando tornero’ a Monteverde. Ora, come ora , mi sto dedicando alla saggistica. E anche qui “il naufragar m’e’ dolce in questo mare”……… a presto caro Andrea, un abbraccio.
Grazie, Mirka: di fronte a una poesia complessa e ustionante come quella di Pasolini, occorre più che mai non dare nulla per scontato; ragionando piuttosto, ponendosi dei dubbi. Un abbraccio
Accolgo questo tuo commento vivamente toccato, cara Federica, e sai da cosa? dal tuo dichiarare senza mezzi termini qual è la tua più grande passione: Pier Paolo Pasolini; i cui versi, immagini, articoli corsari procurano febbre intellettuale e morale nelle persone più sensibili e acute della generazione successiva alla mia. Questo è motivo di grande conforto per me poeta e per tutti coloro che sinceramente si impegnano, con cosciente umiltà, alla costruzione di senso nel nostro tempo barbaramente aggredito dalle sotto-sotto culture. Un caro abbraccio e a gennaio prossimo, quando tornerai a Roma ricca come sempre di pasoliniana febbre.
Carissimi, intervengo con una mia poesia di qualche anno fa, scritta in occasione di una mostra, dedicata a Pasolini, che si tenne al Trullo. Questa poesia fa parte della mia raccolta “incauta magia del mentre”, del 2012:
Insudiciarmi di vita
In queste borgate
In queste strade rumorose
In questi cumuli di terra e foglie secche che tappano i tombini
Da lì con un prodigio risalire
E muovere la vita con le mie gambe fino ad esserne vittima
Fino a fondermi in lei come io solo posso farlo
E nascere nuovo al mondo
Morendo all’apparenza
Per non cedere uno solo dei miei attimi
All’attesa.
20 novembre 2009
Un abbraccio
Claudio
Con piacere ricevo questa poesia di Claudio Fiorentini (che ringrazio) dedicata a Pasolini. Colgo qui l’occasione per informare brevemente i visitatori del blog della mia visione riservata, lunedì scorso 4 novembre, del film, sempre dedicato a Pasolini, Un intellettuale in borgata (cinema Trevi in Roma); regia di Enzo De Camillis, con Silvio Parrello e la partecipazione straordinaria di Leo Gullotta. Del suddetto fim mi riservo ovviamente di parlare a tempo debito.