Domenica scorsa, lungo un bellissimo sentiero di montagna (le querce come campanello d’allarme), ecco per terra quello che volgarmente è chiamato anche L’Angelo Sterminatore (50 grammi di esso, ingeriti, portano a morte quasi certa): si tratta del fungo osservabile nella foto qua sopra, da me scattata con imperizia, forse; ma non fino al punto di non consentire l’identificazione del micidiale frutto della terra. E dire che da tempo immemorabile questo fungo viene scambiato per un agarico, una russula o un tricoloma, da cercatori improvvidi: un errore che conduce alla morte, senza che la medicina possa in alcun modo intervenire. Questo il “cappello” (per rimanere in tema) onde presentare una mia brevissima lirica di undici anni fa (ispirata per l’appunto dall’osservazione del fungo che prima d’ogni altro occorre conoscere) :
Phalloides
ha il fegato in appalto,
quel figlio di tignosa.
La madre come sposa
fino al blocco renale.
Andrea Mariotti, poesia del 2002, poi inclusa in Spento di sirena l’urlo, 2007, Ibiskos Editrice Risolo.
Carissimo Andrea, come spesso purtroppo accade nella vita, anche i funghi possono mostrare il loro “rovescio della medaglia”. Come alcune persone, che all’apparenza sembrano essere OK, se “esaminate” con attenzione rivelano la loro vera natura ingannatrice. I funghi possono rappresentare una vera minaccia mortale, se non si è ha una giusta conoscenza nel settore. Per poterli raccogliere in quasi totale tranquillità, bisogna essere in possesso di un particolare patentino, il quale viene rilasciato dopo il superamento di un corso della durata di 12 ore. Gli organi preposti al rilascio sono le ASL, gli enti locali, le associazioni micologiche e gli enti privati autorizzati. Credo che poi la pratica, con un gruppo micologico, completino la preparazione. Visto il tema della discussione mi sono permesso di comporre (con la cenere sulla testa) dei rudi versi in onore dell’Angelo Sterminatore (Vesevo):
Di funghi in cerca io mai me ne andrò
ne tantomeno coglier vorrò
ma quell’immago così menzognera
rivela alle membra una certezza più vera:
“Se nell’Amanita mi imbatterò, io col Phallo(ides) lo coglierò”.
Un abbraccio Massimo
Carissimo Massimo, ho apprezzato i tuoi versi spiritosi, volti ad attenuare il mio macabro “scherzo” poetico. In verità, in svariati anni di escursioni in montagna, mai mi ero imbattuto in tante letali tignose come domenica scorsa, lungo l’ampio sentiero nel bosco con predominanza di cerri. Un cenno sullo spessore etimologico della parola funghi: i Romani li designarono per l’appunto fungi, da funus e agere, cioè procacciatori di morte. Ecco perché concordo con la chiusa dei tuoi versi! un abbraccio
noi che dobbiam sfamarci andiam per funghi
e pur riconoscendo tignose da porcini
rischiamo di finire in ospedale
perché la pioggia è acida, ed uccide
Ironicamente amaro, quest’oggi vi saluto così
Meilleures salutations
Claudio
…per non parlare della cellulosa, Claudio, come sai presente in ogni fungo, commestibile o meno, sì da renderli comunque pesanti alla digestione…grazie per il tuo intervento.