Non c’è che dire: risulta piuttosto indaffarata nel parlare al cellulare, l’anziana signora da me fotografata quest’oggi pomeriggio, subito dopo la conclusione della partita di calcio Roma-Lazio : con la mano destra stringe come vediamo una bandiera, i cui colori non sembrano quelli laziali…scattando la foto, il mio pensiero è peraltro corso a Erasmo da Rotterdam, al suo celebre ELOGIO DELLA FOLLIA; laddove, nelle prime pagine di esso, se non ricordo male, si parla del “rimbambimento” dei vecchi (nel senso che tornano a essere dei bambini). In breve, con la foto qua sopra, provo a offrire ai visitatori del blog l’immagine in fondo di grazia fanciullesca che l’anziana signora mi ha suggerito, quest’oggi pomeriggio, nel vederla camminare quasi a passo di marcia e la bandiera al vento, prima di rivolgerle la parola. Ma questo breve articolo non potrebbe concludersi senza rammentare, per rimanere in tema, una bella e famosa poesia di Umberto Saba:
GOAL
Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce,
con parole e con la mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
La folla -unita ebbrezza- par trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l’odio consuma e l’amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.
Presso la rete inviolata il portiere
-l’altro- è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa –egli dice- anch’io son parte.
poesia di Umberto Saba tratta dal Canzoniere (1900-1954); ultima di una serie di Cinque poesie per il gioco del calcio (1933-4).
Caro Andrea,
il tuo articolo e la foto a corredo, “semplice” immagine di un gioioso inneggiare alla vittoria della squadra che incarna la propria fede calcistica, hanno solleticato la mia mente e suscitato riflessioni su due argomenti in particolare: il calcio e i vecchi.
Credo che il calcio, vissuto con vero spirito sportivo, senza violenze dentro e fuori dal campo, potrebbe avvicinarsi alle immagini che di questo gioco hanno dato molti grandi poeti e scrittori. Ne ricordo alcuni a partire da Umberto Saba, da te citato, che, rapito da questo sport, lo prende a modello di unione per il raggiungimento di un fine comune, strumento con cui, sia pure in condizioni antitetiche, partecipare ai momenti belli dell’esistenza, sentendosi parte di un’entità unica.
Anche Pier Paolo Pasolini, mirabile ala destra, ama e pratica questo sport per tutta la vita e ne parla in molte occasioni fino a descriverlo con le seguenti parole: «Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro».
A sottolineare il valore sociale del calcio concorre il poeta brasiliano Carlos Drummond De Andrade che, parlando del grande calciatore Mané Garrincha (Manoel Francisco dos Santos), analfabeta soprannominato allegria della gente, angelo dalle gambe storte, lo ricorda come “un povero e semplice mortale che aiutò un paese intero a sublimare le sue tristezze”. Sempre Garrincha è citato nella frase con cui lo scrittore Edilberto Coutinho afferma la sua intenzione di continuare a scrivere di calcio: «Perché lo scrittore scrive sempre delle sue passioni. E l’uso che in certi casi le dittature fanno del calcio non invalida il gioco, la forza magica della sua bellezza e della sua emozione. Che continuano a prevalere. Perché il calcio, come la letteratura, se ben praticato, è forza di popolo. I dittatori passano. Passeranno sempre. Ma un gol di Garrincha è un momento eterno. Non lo dimentica nessuno».
Lo stesso Giacomo Leopardi, prende spunto da una partita di pallone, (benché molto diversa dal calcio trattandosi di pallone col bracciale), per comporre la sua canzone del 1821 A un vincitore nel pallone, nella quale rivolgendosi al suo coetaneo e conterraneo Carlo Didimi lo acclama come “magnanimo campion”. Lo celebra quasi come un eroe epico per l’energia e la vitalità che animano la sua azione sportiva, paragonate alla carica profusa dai giovani greci nel compiere le loro grandi imprese.
Infine, nel soffermarmi sulla figura dell’anziano, o meglio del vecchio, nel mondo contemporaneo, vorrei ricordare dapprima due toccanti canzoni: “Spalle al muro” di Mariella Nava, portata al successo da Renato Zero, e “I vecchi” di Claudio Baglioni, per poi menzionare un testo di Adolf Guggenbühl-Craig, psichiatra e analista junghiano, dal titolo “Il vecchio stolto e la corruzione del mito” (Moretti & Vitali Editori), che ho trovato significativo. In questo volume l’autore, nel ricondurre il manifestarsi dei percorsi dell’anima alla verità dei miti, mette il lettore in guardia contro la loro corruzione e deformazione, in assenza dell’osservazione della verità opposta. Egli analizza alcuni miti del nostro tempo quali, ad esempio, l’uguaglianza, il nazionalismo, il progresso e, infine, esamina il mito del vecchio saggio, anch’esso dannoso e corrotto, ormai degenerato in luogo comune. Il suo suggerimento è proprio quello di guardare anche al suo opposto: l’immagine di un vecchio “stolto”, mattacchione, libero di non capire, di non avere poteri o obblighi sociali, libero di godersi gioiosamente la sua vecchiaia, grazie alla conquistata “stoltezza”.
La signora ritratta nella tua foto sembra realmente volersi appropriare, con semplicità ma con determinazione, del diritto di essere libera di manifestare la sua gioia per la vittoria della squadra del cuore, fuori da quei canoni, ormai consunti, che la inchioderebbero ad atteggiamenti più consoni alla “saggezza” della sua età.
Un saluto, Grazia
Cara Grazia, sono davvero lieto per aver suscitato in te il desiderio di scrivere un commento così bello, e di ampio respiro. A beneficio di tutti i visitatori del blog. Ti ringrazio, in particolare, per quanto hai rammentato a proposito del rapporto di Pier Paolo Pasolini con il calcio, nonché della citazione della canzone leopardiana del 1821. Se l’anziana signora sapesse…non ho fatto neppure il tempo a chiederle il nome, domenica scorsa, l’attimo fuggente era già trascorso, essendosi radunata in breve una piccola folla incuriosita e divertita per il suo fanciullesco aplomb. Ti rinnovo la mia gratitudine per questo tuo generoso intervento…a tutto campo!