Di fronte a questo Grande Rosso (così mi è venuto in mente di intitolare il dipinto dell’artista Claudio Fiorentini che si può osservare in foto), non vorrei dilungarmi, qui, in tentativi fin troppo banali di chiedermi: “cosa avrà voluto dire in particolare Fiorentini con questa sua opera?”… del resto mi sono astenuto dal fare una domanda del genere all’autore, subito dopo il mio “impatto” con il quadro. Intanto ringrazio Claudio Fiorentini che, lo ricordo, è anche poeta e fertile narratore, per avermi in qualche modo “guarito” –quel pomeriggio di due settimane fa in cui mi sono recato a casa sua- da una fastidiosa cefalea dovuta al caldo e alla tensione lavorativa della giornata. Diversi suoi dipinti, quel pomeriggio, Claudio ha sottoposto alla mia attenzione; e, di sicuro, la cefalea accennata dev’essermi passata in quanto vivificato dal dispiegarsi, ai miei occhi, della fantasia di un artista costantemente in viaggio. Quasi sul punto di congedarmi da lui, ecco poi il mio sguardo posarsi sul Grande Rosso in oggetto (la cui osservazione, in foto, con il consenso dell’autore, offro ai visitatori del blog)… eppure, a pensarci bene, più di qualcosa mi è venuto in mente, quel pomeriggio, avendo davanti agli occhi il dipinto di Fiorentini…proverò qui a riassumere, brevemente. Amante sviscerato della musica di Mozart, ho come visualizzato sul momento una di quelle porte nelle quali si imbatte il Principe Tamino, nelle sue difficili prove iniziatiche per conquistare l’amore duraturo di Pamina (nel Flauto Magico, ultimo capolavoro operistico di Mozart). Contestualmente a tale visualizzazione, ho pure ripensato a quello splendido libretto di OSHO, L’amore nel Tantra (edito in Italia da Mondadori), laddove viene proposto con limpidezza un cammino di liberazione a un tempo personale e universale: “Il Tantra è una benedizione così squisita che tutti dovrebbero conoscerlo, goderne. La sublimazione, la spiritualizzazione del sesso che il Tantra permette, deve divenire patrimonio collettivo”. All’amico Claudio Fiorentini va in conclusione il plauso per i frutti molteplici della sua creatività, di cui il Grande Rosso è a mio avviso dimostrazione eloquente (qui accanto, nel presente blog, è possibile visitare il sito dell’artista “cliccando” su l’estroso Claudio Fiorentini).
N.B. Accludo oggi (3/9/13) al presente articolo un testo critico di Franco Campegiani inviatomi ieri, a parer mio davvero illuminante in merito all’esperienza figurativa di Claudio Fiorentini:
L’arte materica di Claudio Fiorentini
L’esperienza artistica di Claudio Fiorentini, eclettico autore, già noto in campo letterario come poeta e narratore, si svolge entro il solco della ricerca materico-informale, interna al versante impressionista/espressionista della moderna cultura visiva. Si fondono infatti, in questa poetica, ritmi geometrico-costruttivistici, processi cinetici e neoplastici, unitamente a polimaterismi densi, alludenti ad un’arcana energia composta di contrasti e di armonie. Le superfici screpolate e grumose, in modo che i rilievi colpiti da luci radenti formino chiaroscuri da paesaggio lunare, rientrano a pieno titolo nel clima visivo suddetto.
E’ la poetica della distruzione della forma (intesa come forma di un contenuto) per lasciare che essa (la forma) significhi solo se stessa attraverso la materia di cui è composta. Sabbia, legno, stucco, sacchi, vinavil. Scarti industriali e oggetti trovati in natura. Sgocciolature e liquefazioni di colori: il tutto usato con abilità e vivacità coloristica sorprendenti. L’esecuzione è gestuale e rapida, ma non è casuale, a parer mio – come si ama generalmente dire in questi casi – bensì affidata al prorompente e misterioso flusso creativo della vita, di gran lunga più intelligente della schematica e disarmonica ragione umana.
Dopo secoli e millenni di Antropocentrismo, la cultura postmoderna, in tutte le sue forme, ha decretato la fine del razionalismo umano. Si sbaglia a pensare che l’unico sbocco possibile di tale rivolgimento stia nel Nichilismo, il quale in fondo non è che una forma di Antropocentrismo rovesciato. Io credo che il più vero ed autentico destino di questa rivoluzione stia nel Cosmocentrismo, ovvero nella scoperta-riscoperta dell’appartenenza dell’uomo all’universo in cui vive e dei rapporti di alleanza che è chiamato a stabilire con il creato intero. È dentro questi orizzonti che io amo vedere la psicologia creativa di Claudio Fiorentini.
Il vortice è un simbolo ricorrente in questo sperimentalismo fatto di lacerazioni e strappi, crateri e spigoli, eruzioni e risucchi, magmi ottenuti con le tecniche e gli elementi più vari. Ma non è il nulla ciò che l’artista intende evocare, bensì la ciclicità metamorfica e rigeneratrice della vita, utilizzando materie povere e riciclando scarti ed avanzi della vita naturale, scampati all’azione divoratrice del tempo, unitamente a residui e rottami di cose che hanno avuto una lunga consuetudine con le culture umane. È un rimettere in gioco, un ridonare vita ad un mondo altrimenti perduto, destinato a una misera estinzione. Da qui il giuoco compositivo/scompositivo nei guizzi pittorici di Claudio Fiorentini.
Evidenziare i processi degenerativi della materia, la loro consunzione, il loro ridursi graduale a polvere e a terriccio informe, coincide con il provvidenziale tornare a capo, con la vertigine del primo giorno, con i processi costruttivi della materia stessa e della vita. Così l’inizio e la fine s’incontrano in quest’occhio fotografico, teso paradossalmente a cogliere il perire e rinascere perenne delle cose. Potremmo dire di trovarci nel brodo dell’energia quantica, e quelli di Fiorentini sembrano realmente essere i fotogrammi di quel mondo subatomico dove cosmos e caos, scompiglio e ordine, si presentano l’uno nell’altro, inseparabilmente uniti tra di loro.
La morte è solo apparente, se la vita è “fiore che nasce vive e muore / E nel frattempo è seme“, come scrive, in L’incauta magia del mentre (Kairòs Edizioni), il poeta Claudio Fiorentini, catturato dall’unicità dell’attimo fuggente, dalla bellezza drammatica di tutto ciò che vive e muore, per poter tornare in altre forme vitali: “Noi che viviamo il soffio della morte / Nel fugace ritroviamo l’ansia / Di scoprire / Che anche il minimo soffio di vento / Mai si ripete”. Tutto è sempre nuovo in virtù del fatto che tutto continuamente si logora, si estingue e muore. I “rossi” di Fiorentini sono emblematici. Sembrano spenti, a dispetto del vitalismo folgorante della sua visione artistica, perché portano il ricordo di moti tellurici sopiti, ma pronti a riesplodere in qualsiasi momento della storia del pianeta su cui viviamo.
Vorrei sottolineare il valore fortemente evocativo di questa poetica nata nel segno di memorie geologiche dimenticate e capace di dissotterrare eventi ancestrali, pulsioni ed elementi del caos e dell’ordine primordiali. Il senso delle tavole chiodate, delle porte blindate, delle borchie, dei recinti e degli steccati che spesso ricorrono nelle opere di Fiorentini, potrebbe essere quello della protezione di un tesoro nascosto, della difesa di un segreto, in attesa che qualcuno possa arditamente scoprirlo ed aprirne i sigilli per farne espandere all’esterno le delizie e i profumi. È la rivelazione degli elementi costitutivi della vita, l’evocazione dei primi mattoni del mondo: di quella segreta armonia dei contrari e di quella complementarità di tutto il vivente, incisa tra l’altro nella potenza misteriosa del sesso (yin e yang, secondo una vetusta filosofia orientale).
Franco Campegiani
Interessante accostamento, Andrea e…complimenti all’artista per quest’opera originale quanto suggestiva. E…come finale…AUGURI per entrambi; ma a te, quella lievità, così necessaria, che ti permetta, oltre al benessere fisico, l’ispirazione per le tue immagini poetiche, piccoli gioielli per gli dei e per chi ha il dono di saperle gustare. Mirka
Toccato da questo tuo commento, Mirka, non posso che accoglierlo con gratitudine profonda, per quanto riguarda la mia persona; nel momento in cui mi sento di riconoscere appieno (così come ho scritto) all’amico Claudio Fiorentini quei molteplici e stimolanti talenti che brillano in superficie nel suo sorriso aperto. Un caro abbraccio.
Carissimo Andrea,
so che ti eri recato a casa di Claudio e sono al corrente della sua potente espressività pittorica, pur non avendo ancora avuto l’onore di ammirare le sue opere… e se anche lo facessi non possiedo, purtroppo, la tua capacità valutativa. L’idea che abbia messo a disposizione un suo quadro per il nostro Concorso “Voci 2014” mi rende fiera, così come mi rende orgogliosa collaborare, nel mio piccolo, con autori della vostra portata! Mi sento una privilegiata e approfitto di quest’occasione pubblica per ribadirti il concetto.
Vi abbraccio entrambi…
Caro Andrea, grazie per aver condiviso il Grande Rosso con noi visitatori del blog. Nel guardare il dipinto a me è venuto in mente il grande filosofo Schopenhauer nel momento in cui parla del “Velo di Maya”, quale velo ingannatore che rende vana la conoscenza, per giungere alla quale bisogna necessariamente andare oltre. Così dice il filosofo. Per Schopenhauer è quindi indispensabile interrogarsi sulla vera realtà e sul vero significato dell’ esistere!!! Il dipinto di Claudio Fiorentini mi ha fatto riflettere su ciò. Angiolina.
…complimenti a Claudio, che conoscevo solo come scrittore, peraltro molto originale…e lode alle sue doti di ‘guaritore’, allora! In effetti hai ragione Andrea, il Grande Rosso (nel quale ho visualizzato una porta e una finestra) ha un effetto positivo…comunica vitalità e passione…inevitabile accostare questo colore alla gioia e all’emozione…lo associo al Bolero di Ravel…
A primo impatto, caro Andrea, è sembrato anche a me di scorgere una porta. La mia fantasia, come nel tuo caso, non è corsa al capolavoro operistico di Mozart o all’ altrettanto azzeccato esempio di Osho che, con l’opera da te citata, apre le porte al Tantra e all’Amore visto attraverso quella dottrina ( Il rosso..); bensì, volando più rasoterra, a una porta riguardante più da vicino le nostre realtà individuali a contatto con la realtà odierna , una porta dietro la quale non si sa mai bene cosa si possa nascondere. Ciò mi è dato dal rosso abbastanza sereno dei contorni e dall’ accentuato contrasto con l’elemento centrale del quadro, che trovo di un rosso quasi fastidioso, molto simile a quello di un allarme! Però mi piace! Un abbraccio!
Perché no, Loredana? alludo alla associazione che hai fatto con il Bolero di Ravel, a proposito del dipinto di Claudio Fiorentini: dipinto pieno di fascino, occorre riconoscerlo.
Mi sembra una riflessione più che condivisibile, la tua, cara Angiolina; e la dice lunga sulla forza vibrante del dipinto di Claudio Fiorentini.
Ricambio il tuo abbraccio, Maria, nel momento in cui apprendo con piacere l’iniziativa di Claudio di mettere a disposizione un suo dipinto per “Voci 2014”: giacché il suo lavoro figurativo lo trovo decisamente interessante e incisivo…vivo, in una parola sola.
Con piacere accolgo il tuo commento, caro Roberto; che, pur con venature dissonanti (e apprezzabili per questo), finisce poi per “arrendersi” alla bellezza indubitabile del dipinto di Claudio Fiorentini.
Caro Andrea, qualche settimana fa ho visitato anch’io la casa-studio di Claudio Fiorentini, ma essendo un campione di lentezza, sto ancora lavorando su una mia nota critica che da qualche parte piazzerò, ma che non mi dispiacerebbe postare su questo stesso blog, tornando sull’argomento, se sei d’accordo, magari a fine estate. Sono d’accordo con te: è banale chiedersi cosa voglia dire un autore. L’estetica contemporanea ha liberato fortunatamente l’arte dal peso del contenutismo e, sancendo il principio dell’”autonomia dell’arte”, ha di fatto sottratto la stessa da qualsivoglia dipendenza intellettualistica (“letteraria”, si dice spesso in gergo, qualora per “letteratura” si voglia intendere una forma di citazionismo intellettuale). Questa salutare liberazione, tuttavia, non deve far credere che le forme dell’arte siano vuote, o che non abbiano alcunché da comunicare, come sarebbe fin troppo facile equivocare. Ritenere che esse non “discendono” dai contenuti, è un conto. Ritenere che esse “siano avulse” dai contenuti è un altro, a mio parere. L’arte, in fondo, non è che una forma di pensiero immaginifico. Non nel senso che essa debba venire utilizzata per tradurre in immagini un pensiero, ma nel senso che in essa il pensiero si dà direttamente per immagini, di sua sponte e senza forzatura alcuna. Ed è questo il motivo che mi spinge a credere che l’arte sia una forma di pensiero più pura della filosofia, schematica per sua natura, come ogni altra forma di pensiero razionale. Intendo dire che il pensiero proprio della creazione artistica è antischematico e pertanto “incontenibile”. E’ un pensiero libero, infinito, che può soltanto balenare, ma mai essere realmente “contenuto”, catturato nelle finite formule espressive. Da qui la sconfinata gamma delle possibilità interpretative. Ciascuno interpreta un’opera secondo la propria vibrazione interiore. Per questo io trovo corretto che tu, dopo aver dichiarato di non voler spiegare che cosa l’artista cerchi o abbia cercato di dire, ti sia lasciato andare ad una tua personale ed originalissima interpretazione, seguendo la scia dettata dalla tua squillante sensibilità musicale. E’ questo, a mio parere, il lavoro che il critico è chiamato a fare. Non esiste una critica “oggettiva”, scientifica, ma esiste la pura e semplice comunicazione della risonanza che una determinata opera ha nel proprio universo interiore. Per venire all’”estroso” Claudio, genuina ed eclettica personalità creativa che ha fornito prove assai convincenti, non solo in arte, ma anche in poesia e in narrativa, vorrei qui limitarmi a sottolineare il valore fortemente evocativo del suo materismo informale, calato in ere geologiche dimenticate e capace di dissotterrare eventi primordiali, pulsioni ed elementi del caos e dell’ordine primordiale. I suoi rossi, a guardarli bene, sono, per così dire, “spenti”, nonostante il vitalismo folgorante della sua visione artistica. “Spenti”, perché fotografano moti tellurici sopiti, sia pure pronti a riesplodere in qualsiasi situazione. Avrò modo di tornare, spero, su queste interpretazioni. Intanto ringrazio te, Andrea, per questa nuova e fertilissima stimolazione di pensiero. Un abbraccio
Caro Franco, immaginavo qualche tua complessa trama meditativa in progress riguardo al lavoro figurativo del comune amico Claudio Fiorentini. Mi è piaciuto il tuo apprezzamento del mio “tocco” volutamente leggero a fronte del Grande Rosso in oggetto; giacché, questo tuo commento non fa che ribadire, con grande limpidezza e consapevolezza, le ragioni dell’arte cui occorre accostarsi senza schematismi e pregiudiziali “perché” (essendo ben altro il lavoro da compiere -come giustamente rammenti- intimamente, anche a prescindere da una critica specialistica). Mi sentirò onorato di assicurarti nel presente blog tutto lo spazio che sicuramente meriterà una tua indagine critica più articolata in merito all’esperienza estetica di un talento genuino e proteiforme qual è quello che appartiene a Claudio Fiorentini. Un abbraccio
Caro Andrea, grazie per il tuo sincero e gradito messaggio di benvenuto nel tuo interessantissimo e poliedrico blog. Come ben sai la pittura, la musica, l’astronomia, rappresentano per me il cibo per l’anima, l’oasi nel deserto, un buon analgesico (scherzo).
Esportando l’immagine sul desktop ho potuto esaminare con più attenzione il soggetto dell’artista.
Il titolo “Grande Rosso”, merita veramente di essere attribuito a questo dipinto.
Indubbiamente, dimensioni a parte, l’attenzione di chi guarda è subito catturata dalla gradevole soluzione cromatica di rosso pastello della figura centrale, circondata da una sottile linea bianca lattescente e da inquietanti, spesse linee nere, che ne delimitano la forma.
Ciò che mi ha particolarmente colpito è stata l’ immagine delle due sfere di tonalità scura, quasi simile in entrambe, poste in modo da essere in posizioni diametralmente opposte.
Di getto, si è composta nella mia mente la duplice figura della Terra proiettata nel Grande Rosso: da una parte quella immersa nella fantastica visione della nostra Galassia, calda, ma non ostile, rassicurante nella sua vitalità, costellata da un luminoso alone di giovani stelle e dall’altra, una Terra opaca, arsa, spenta che giace nel buio, nel vuoto cosmico, nella flebile immagine del riflesso negativo del Grande Rosso.
Quale di queste due immagini risulterà vincente in un prossimo futuro, in questa arcaica partita che vede come giocatori il bene e il male? A noi la prossima mossa.
Ciao e Buon Ferragosto a tutti
Caro Massimo, con grandissimo piacere ricevo questo tuo (a dir poco) interessante commento a proposito del dipinto di Claudio Fiorentini. Il quale sarà lieto, credo, nel leggere le tue osservazioni stimolate dal Grande Rosso. Torna a trovarmi spesso nel blog, caro amico! ricambio di cuore i tuoi auguri, che mi permetto di girare a tutti i visitatori del blog.
Il mio intervento ferragostano è per ringraziarvi tutti. I vostri commenti mi lusingano… acc… non dovrei dirlo, le lusinghe accrescono l’ego, occorre autodifesa, occorre trasformare le lusinghe in motivazione… e questo è il punto… prometto: lo farò!
La mia serie di rossi è del 2009, ora il mio amore per il rosso (che non è vampirismo) ha raggiunto una certa maturità, ha preso altre strade… la creatività è un continuo processo evolutivo, e meno male! Tuttavia, i miei quadri hanno una caratteristica particolare, che non sempre risalta nelle fotografie: il fondo, cioè la materia dove si stende il colore… quindi si sviluppano su tre livelli, con tre processi evolutivi diversi, e se il livello del “segno” e della linea” evolve rapidamente, il livello del “colore” ancor di più, mentre il livello di “base”, cioè il “fondo”, per intenderci meglio dirò il livello “materico”… evolve più lentamente… e già… la materia è lenta… e tra stucco murale, sabbia, sassi, bottoni e corde, l’impastatore si diverte ed osa dire che il colore è la melodia e il fondo è il ritmo… prima si stende il ritmo, poi ci si mette su la melodia… e il colore, quando si spande sulla materia, non segue solo il pennello, ma si ficca nelle fessure, cola dai rilievi, si incolla a modo suo, entra nei buchi… insomma, si fa addomesticare dalla materia, mentre il pennello ne guida il percorso…
Mi associo agli accostamenti musicali… anche se io ci metto un po’ di Art Tatum…
Tra un paio di settimane sarà on-line il mio nuovo sito, saranno visibili molti nuovi lavori, spero che vorrete visitarmi.
Da ora, invece, chiedo ad Andrea e a Massimo, l’autorizzazione a pubblicare i vostri commenti, che sanno tanto di recensione, sul sito…
Ancora grazie a tutti, e buona giornata
Claudio
Ma certo, caro Claudio, che hai la mia autorizzazione a pubblicare quanto ho scritto sul tuo Grande Rosso, così come credo non mancherà quella di Massimo Mancini. Per quanto riguarda poi i tuoi nuovi lavori, non è poca la curiosità di poterli osservare al più presto dal vivo. Un saluto cordiale
P.S. Ieri sera ho incontrato Massimo Mancini, il quale naturalmente ti autorizza con piacere a pubblicare il suo commento sul tuo sito.