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Nel dicembre dello scorso anno, ho avuto occasione di presentare (15.12.2012) una poesia inedita di Loredana D’Alfonso, scrittrice e giornalista da me stimata per la qualità della sua prosa. E’ dunque con piacere, dietro consenso dell’autrice, che propongo oggi un racconto di Loredana, a mio avviso suggestivo e compiuto sul piano narrativo nonostante la sua brevità (meglio sarebbe dire la sua concisione). Prima di dare la parola alla D’Alfonso, vorrei tuttavia richiamare l’attenzione di chi legge su una gemma formale del racconto (forse non soltanto formale, bensì strutturale). Verso la metà della narrazione leggiamo infatti, a proposito della protagonista in terza persona: “E scoprì anche che Marsiglia era dei gatti. E delle urla stridule dei gabbiani. E delle tante ragazze del Nord Africa che…”; ebbene, la gemma sopra accennata (di natura microsintattica) è il polisindeto in questo caso a “tre bracci” (E scoprì…E delle urla…E delle tante): capace di produrre una presa tentacolare atta a tenere ben strette le “maglie” della vicenda, senza dispersione di energia narrativa. Anche in virtù del suddetto, felice polisindeto potremmo spiegarci, credo, la concisione (non la brevità!) del racconto che ora senz’altro propongo all’attenzione dei visitatori del blog:

IL MARE DI MICOL

Micol era tornata a Marsiglia dopo un anno di assenza.
Forse un anno era abbastanza, era la giusta distanza emotiva per poter rivedere quei luoghi, quel mare, senza percepire il vento incessante come dei colpi di frusta.
Il vento del porto, che faceva cantare senza sosta i mille alberi delle barche a vela ormeggiate.
Era come una mano invisibile che toccava le corde di un’arpa riuscendo a far venire fuori suoni acuti e struggenti.
Era quella musica che l’aveva accolta un anno prima, quando l’emittente televisiva dove lavorava l’aveva mandata lì per sei mesi, a curare la collaborazione con una tv francese per realizzare un documentario sulla città.
Alloggiava in una casa sul porto, Micol, una donna che sembrava poco più di una ragazza, con i capelli biondi e fini, assolutamente non a suo agio in quella città selvaggia, così diversa dalla sua Firenze. La sua competenza professionale di giornalista le spianò la strada, non era facile avere a che fare con i partner francesi, un po’ supponenti e convinti di avere sempre ragione. Mentre andavano in giro per le riprese e le interviste, visi neri, mulatti, senza tempo, non sembravano fare loro caso e restavano ad intrecciare le reti da pesca e ad osservare l’eterno mutare del colore dell’acqua del mare.
A Marsiglia Micol si stupì di scoprire che il mare era dovunque, nel sale della Camargue venduto sulle bancarelle, sui panni stesi ad asciugare sui balconi del Panier, nei bicchieri, misto al Pastis sui tavolini dei bar, nel profumo salmastro che si mischiava all’odore della bouillebaisse fragrante di pesce.
Sulle scale ripide che portavano dal porto al Panier, nel sole che filtrava tra le case come una lingua di luce dorata.
E scoprì anche che Marsiglia era dei gatti. E delle urla stridule dei gabbiani.
E delle tante ragazze del Nord Africa che camminavano con il mento alto, il busto eretto, come a portare immaginarie anfore di terracotta piene d’acqua, appartenute alle loro madri. Seguendo la realizzazione del documentario, visitò anche il quartiere arabo: le si aprì davanti a sorpresa, in vicoli odorosi di cous cous e di kebab, abiti pieni di lustrini e perline che ammiccavano dalle vetrine.
Quando arrivarono, dopo una lunga salita, alla chiesa di Santa Maria de la Garde, le sembrò di toccare con mano la presenza del sacro che proteggeva il genere umano dal mare, quando era furioso. Nell’interno, appesi come giganteschi rosari, velieri di ogni tipo e dimensione, ex voto di pescatori graziati dalla tempesta.
La sera, la città era della movida, dei ragazzi e delle ragazze sfrontate, metà francesi, metà del mare.
Con mezzi guanti neri, minigonne, tacchi audaci.
Marsiglia le sembrò la bandiera del cambiamento, del movimento, sullo sfondo del mare blu cobalto sferzato dal vento che lo infrangeva in mille creste di perla.
Con la sua troupe girò con loro la città palmo a palmo e, quando il progetto a cui lavorava fu portato a termine, Micol era un’altra persona.
Ed era la persona che incontrò Francois, collega della tv locale.
Le sembrò timido e nello stesso tempo sfacciato, fragrante di sensualità, persino nella camicia che portava, non fresca di bucato, con il suo odore appiccicato sopra. Lo paragonò mentalmente ad una rosa in piena fioritura, ma nella seconda fase, quando i petali cominciano a cadere dalla corolla troppo carica. Scoprì che era più giovane di lei, ma sembrava avesse vissuto già tante vite. Gli occhi erano bacche di sambuco, sottolineati da occhiaie scure. Il poco sonno lasciava tracce ma gli regalava un fascino aggiuntivo, come di un purosangue dal mantello nero. Una sensualità prepotente ma pigra, come di una giornata di agosto, immobile nel sole velato dall’afa, stordita dal frinire delle cicale.
Francois era riluttante ad aprirsi, e apparentemente poco espansivo.
Ma dopo un pastis, dopo le riprese, cominciarono a parlare.
Più lei di lui, in verità.
Micol in Italia aveva una vita solitaria ma tranquilla, a lui non faceva piacere parlare di un divorzio feroce da cui stava cercando di uscire con fatica.
Poi i pastis divennero cene, e le cene passeggiate al porto di notte, e le passeggiate momenti che la catturarono, senza rimedio.
Ma mentre facevano l’amore, lui restava solo e distante, con la mente altrove.
Forse anche lui si era innamorato, lo si capiva dalle parole e dai gesti che gli sfuggivano come granelli di sabbia dalle dita, senza che riuscisse a trattenerli.
Ma il sentimento era rimasto incagliato in un posto del cuore che lui non voleva vedere, non voleva illuminare.
Micol non era una più una ragazzina, e conosceva le dinamiche della vita.
La decisione di ripartire senza salutarlo equivalse a strapparsi il cuore, ma lei lo fece perché sentiva che in quel momento non avrebbe potuto fare altro.
Ora era lì, un anno dopo.
Lui l’aveva chiamata e le aveva dato appuntamento dopo mesi che avevano perso i contatti.
Nelle loro passeggiate, un anno prima, erano rimasti a guardare una casa, al Panier.
Se la ricordava bene, non era bella ma particolare, con le persiane dipinte di celeste, e mazzetti di lavanda messi fuori a seccare.
Francois gli aveva dato appuntamento proprio lì sotto e quando si rividero, fu chiaro dagli occhi ora limpidi che i fantasmi non c’erano più.
Era libero.
Micol non sapeva ancora se lo era per lei, solo per lei, e se quella casa li avrebbe accolti. Ma seppe, in quel preciso momento, che, comunque fosse andata, lei non sarebbe più tornata indietro.
Lui era lì, silenzioso, commosso, con quella immensa tenerezza, con la sua prepotente sensualità che adesso non la spaventava più.
Non la turbava più Marsiglia, e nemmeno quel mare senza pace.
Ora l’aveva conquistata.
Era diventato il mare di Micol.

racconto inedito di Loredana D’Alfonso

N.B. Il racconto in oggetto è risultato finalista al concorso “Speciale Donna 2013” bandìto dalla Associazione MAREL; inoltre si è classificato al quinto posto al concorso ALBEROANDRONICO 2013, nella sezione dedicata al tema “mare e montagna”.

P.S. La foto qua sopra, mia, è stata scattata nel 2006 in Portogallo, nei pressi di Oporto; di fronte al “respiro” dell’oceano Atlantico.

10 commenti su “

  1. Loredana

    Caro Andrea, come sempre, dalle tue accurate recensioni, imparo qualcosa che ignoravo sulla mia scrittura! Il mare di Micol e’ nato cosi’, dall’emozione regalata da una città selvaggia, multietnica e particolarissima come Marsiglia. Lieta che tu abbia gradito e condiviso questo racconto che amo molto, e grazie della tua disponibilità e attenzione. Un abbraccio

  2. andreamariotti Autore articolo

    Mi ha fatto davvero piacere, cara Loredana, presentare questo tuo racconto ricco di odori, all’interno del quale si dilata l’acquatica Marsiglia e si narra di un amore non zuccheroso. Giusto mi è sembrato peraltro valorizzare la funzionalità di quel polisindeto che, come ho scritto, ci può forse spiegare qualcosa circa la segreta geometria sottesa al testo. Un abbraccio.

  3. maria rizzi

    Caro Andrea,
    ti ringrazio per l’omaggio reso a Loredana pubblicando questo suo racconto, che a mio avviso è totalizzante nella sua brevità. Marsiglia cessa di essere un luogo, acquista un’anima e diviene patria dei gatti, dei gabbiani, delle ragazze del nord – Africa e soprattutto del mare… Credo che l’immagine del mare che ‘è ovunque’ sia il punto più alto raggiunto dal brano, il più toccante e convincente. La storia d’amore è in magico surplace sull’atmosfera di questa città che acquista contorni magici.
    Le capacità della mia cara amica di affrescare paesaggi e persone con tocchi unici, in questo testo diviene incatenante!
    Vi abbraccio entrambi con gli occhi e il cuore persi in tanto mare…

  4. paolo buzzacconi

    Caro Andrea, ci sono prose talmente piene di vita da farci provare le stesse sensazioni e le medesime emozioni dei suoi protagonisti, dei momenti che ci rimangono dentro come se davvero li avessimo vissuti. Con il suo racconto Loredana D’Alfonso ci fa passeggiare per le strade di Marsiglia, respirare i suoi profumi e scoprire i suoi segreti. Quindi ci fa desiderare, sospirare ed infine accarezzare un amore fatto di poche parole e mille sguardi, ricco di quella poesia che ognuno di noi inconsciamente non smette mai di sognare. Dov’è il confine fra la realtà e immaginazione? Non è facile trovarlo. Complimenti vivissimi all’autrice e grazie di cuore a te Andrea, che ci proponi sempre cose meravigliose.

  5. andreamariotti Autore articolo

    In effetti caro Paolo il racconto di Loredana D’Alfonso racchiude vibrazioni suggestive; schivando peraltro le facili “sirene” di un the happy end dolciastro in fatale contraddizione con il sale di Marsiglia: tuttavia Micol cambia e sa attendere, mettendosi alle spalle la nobile e austera eleganza della pietra serena di Firenze… un abbraccio

  6. andreamariotti Autore articolo

    Cara Maria, ti ringrazio da parte mia per questo tuo commento che la dice lunga sulla capacità di Loredana D’Alfonso di costruire con “tocchi” essenziali una narrazione di grande resa e presa, sul lettore. Un abbraccio

  7. Roberto De Luca

    Io porrei più che altro l’attenzione sul suo saper far entrare, con estrema facilità , i personaggi nella trama dei racconti e in particolare in quella di questo racconto intriso di sale e di desiderio. Le descrizioni degli inizi sono vive e, quelle di metà racconto, direttamente gregarie dell’azione, che si nutre di quel ‘sentimento’ che infonde movimento ai personaggi. Brava Loredana! Scrivere seguendo i dettami della mente, e saper ben dosare anche l’energia proveniente dall’altro motore, il cuore…

    Un abbraccio

  8. Franco Campegiani

    Carissimo Andrea, questo racconto di Loredana è davvero felice. Mi complimento con te che lo proponi, e con lei per il particolarissimo stato di grazia creativa. Il trasporto poetico, straordinario, vibra con un flusso metaforico incessante, con una fantasia sbrigliatissima, eppure sempre sorvegliata, che non solo non toglie nulla al realismo della scrittura, ma lo rende immensamente più efficace e più vivo. Loredana sta dentro la realtà in virtù del fatto che riesce, appunto, a guardarla dentro e non si limita ad una descrizione superficiale. Pone in risalto le infinite sfaccettature del reale, che è sempre aschematico, e lo fa con pochi tratti essenziali, con illuminazioni improvvise che rapiscono. La città che lei descrive (Marsiglia) è una e mille nello stesso tempo. E’ sempre mutevole ed è sempre la stessa, in una ricchezza di significati e di segni inafferrabili, di sguardi sfuggenti, che tuttavia sono espressioni del suo unico, grande volto misterioso: il volto nascosto di un’umanità che fa tutt’uno con il mare (“blu cobalto sferzato dal vento in mille creste d’onda”). La storia d’amore della protagonista con Francois è tutta un rapimento. C’è un momento di distacco tra i due, che sono comunque chiamati a tornare sui sentieri interrotti per proseguire il cammino. Stupendo il loro sapersi affidare al flusso misterioso della vita, ai percorsi ignoti verso cui la stessa li conduce. Grazie Andrea, per questo dono luminoso.

  9. andreamariotti Autore articolo

    Grazie a te, carissimo Franco, per essere intervenuto con questo tuo denso e articolato commento che, in tutta evidenza, farà profondamente piacere a Loredana D’Alfonso.

  10. Loredana

    …e infatti mi ha fatto profondamente piacere che Micol e la sua Marsiglia abbiano rapito anche Franco, di cui conosco la cultura e l’eccelsa poetica unita alla grande conoscenza filosofica. Non solo, Franco ha anche una percezione dell’umanità e delle sue vicende, che l’ha portato ad apprezzare il ‘flusso misterioso della vita’ e i suoi ‘percorsi ignoti’. Grazie a tutti.

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