Ebbene sì, sono nato e morirò mozartiano! è da qualche mese, infatti, che sono stato per l’ennesima volta “rapito” dal genio di Salisburgo (nulla togliendo all’amore profondo che porto a Bach e Beethoven; volendo a questo punto citare, per quanto mi riguarda, i tre “sommi” della musica classica). “Classico dei classici”, Mozart -secondo la lapidaria definizione di Fedele D’Amico- è in grado con la sua musica di esprimere i sentimenti più profondi ed anche inquietanti senza alzare la voce; non retoricamente (e qui mi avvalgo di una felice osservazione del grande musicologo Massimo Mila): si pensi, per esempio, al sommesso ostinato a doppio coro “Salva me, fons pietatis” che suggella il Rex tremendae, nell’incompiuto Requiem K626. Mozart è “leggero”, anzi alato; riferimento ad hoc per quella “gravità senza più peso, ossia la leggerezza” (che non è la superficialità!), meditata da Italo Calvino nei suoi ultimi anni nelle celebri LEZIONI AMERICANE. Mi piacerà, in questo articolo, dopo decenni di appassionato ascolto della musica di Mozart, indicare ai visitatori del blog le partiture a mio avviso più elevate del Salisburghese; scegliendone “traumaticamente” soltanto dieci, al cospetto di tanto ben di Dio (laddove il seguente elenco non sarà basato su gerarchie di merito):
1): mottetto AVE VERUM CORPUS, K618 (tre minuti di musica sacra celestiale e universalmente conosciuta; del 1791, anno della morte di Mozart; l’ultima sua “maniera” di rarefatta purezza e “semplicità”);
2): dramma giocoso in due atti DON GIOVANNI, K527 (vertice di tutto il repertorio operistico non soltanto mozartiano, secondo molti, fra cui Goethe; tre ore di musica tenebrosa in cui il Salisburghese realizza, su libretto di Lorenzo Da Ponte, “una pienezza di vita veramente shakespeariana”, per dirla in sintesi con il già citato Massimo Mila);
3): sinfonia n. 40, K550: chi non conosce questa somma, tagliente sinfonia il cui primo movimento, “cantabile” a tutti gli effetti, si complica ben presto all’ascolto in una trama concisa di cupezze e inquietudini?;
4): divertimento per archi GRAN TRIO, K563, per violino, viola e violoncello (per un grande musicologo come Einstein, “Il Trio più bello e più perfetto che sia mai stato scritto”);
5): sonata n. 42 per pianoforte e violino K526, impeccabile nella forma ma vibrante di “soggettivismo romantico”; molto amata, fra gli altri, da un grande e discusso biografo di Mozart come W. Hildesheimer, (fine degli anni Settanta);
6): quintetto per clarinetto STADLER-QUINTETT K581 (clarinetto, due violini, viola e violoncello); indimenticabile per intimità espressiva e meraviglioso impasto degli strumenti; fra i quali spicca, senza eccessi, il clarinetto: strumento al quale Mozart dedicherà il poeticissimo concerto K622, nell’ottobre del 1791;
7): quartetto per archi “Haydn” n.2 in re minore K421, risalente al 1783; uno dei saggi supremi della scienza compositiva mozartiana, in onore del venerato maestro J.Haydn, a sua volta autore di stupendi quartetti per archi di geometrica purezza (sono ben noti i rapporti di reciproca stima fra i due grandi contemporanei, Haydn e Mozart);
8): marcia funebre massonica MAURERISCHE TRAUERMUSIK in do minore K477: pagina lacerante e profondissima, scelta, tanto per capirci, da Pier Paolo Pasolini assieme a quelle dell’adorato Bach per il suo Vangelo secondo Matteo del 1964 (indimenticabili davvero, nel film, le note mozartiane nel momento in cui Cristo viene crocifisso e davanti alla croce si tocca con mano la disperazione di Susanna Pasolini, madre di Pier Paolo, nel ruolo della Madonna); in ogni caso, detta marcia funebre rimane un robustissimo documento della profonda meditazione sulla morte del non più giovanissimo Mozart, provato dalle vicissitudini terrene;
9): concerto n. 20 per pianoforte K466 in re minore, creatura altissima dell’ispirazione mozartiana; giacché, a un primo movimento d’inaudito scavo, per i tempi (1785, eseguito presso la corte asburgica a Vienna; dall’orecchio fino sì, ma poco disposta, tale corte, alle novità ardite) segue l’incantevole “romanza”, cioè il movimento centrale d’una intimità espressiva senza pari; davvero trattandosi, qui, della dolcezza e della poesia che Mozart ha donato all’umanità (per intenderci, questo movimento lo ascoltiamo mentre scorrono i titoli di coda del celebre film Amadeus di Milos Forman). Non a caso, soprattutto per il primo movimento, il concerto in oggetto fu prediletto da Beethoven, fra tutti quelli mozartiani;
10): fantasia per pianoforte K475, in do minore; pagina fulminante, fra gli esempi più evidenti del genio mozartiano; in quanto, in uno spazio ridotto, melodia e dissonanze si sovrappongono in modo nervoso e concitato; tant’è che la critica d’ogni tempo ma anche gli ascoltatori più sprovveduti hanno ravvisato in questa partitura già in atto e non soltanto in potenza il pianismo beethoveniano.
I visitatori del blog amanti della musica di Mozart avranno notato le esclusioni “dolorose” da me decise per offrire la lista dei “magnifici dieci” in oggetto (“e il Requiem? e il Flauto Magico?”, si chiederanno…). Tuttavia, con una punta di presunzione da parte mia, se vogliamo, prendendo in esame le varie forme musicali tramite le quali si è espresso il genio mozartiano, ecco che, da ascoltatore attento e radicale, mi sono sentito di indicare nelle suddette partiture le vette della ispirazione del Salisburghese (mia la foto qua sopra, la classica effigie di Mozart; stampata sul contenitore dei 170 cd che raccolgono ogni nota del compositore).
Tutto condivisibile, Andrea, per scelte dei pezzi e riflessioni su quel genio “istintuale” che così bene seppe coniugare tragedia e subitanea leggerezza sorta nell’improvviso da un abbellimento proprio nell’istante che si formava e “pareva” dispiegarsi, senza appello, se non fosse per quell’arabesco floreale sorto senza preavviso nel bel mezzo.
Perchè Mozart seppe cogliere il senso della vita in quell'”insieme” che mescolandosi ci fa gioiosi e insieme tristi (magari non cogliendo ciò che ci ha portato al cambiamento di stato), rappresentante inimitabile dei giochi intrecciati che si formano sul nostro cammino, dando loro splendore mentre si trasformano e cangiano in “altro”.
Mozart restò “fedele” a se stesso, sempre e, la sua sfida fu quella di restarlo sino alla fine. In barba ai potenti, indifferente a ogni forma d’invidia, libero da ogni senso di colpa perchè sapeva d’averne pagato lo scotto morendo solo e nell’indigenza più assoluta ma…con la SUA penna in mano intinta nello spazio della SUA immaginazione che con “determinatezza” mescolava mentre l’OltrePassava. Là dove l’Immortalità lo aspettava. Bravo come sempre e, grazie per queste analisi stimolanti.
Personalmente ho sempre avuto un rapporto conflittuale con Mozart difficilissimo per me da cantare, ma di cui, ora, forse, me ne è chiara la motivazione. Ciao, Mirka
Ti ringrazio vivamente, Mirka, per aver concordato con me circa “i magnifici dieci” che a parer mio si possono individuare nella musica di Mozart. Alla tua rigorosa formazione di musicista non devono essere quindi sfuggite le ragioni in base alle quali ho cercato, nei brani scelti, un sostanziale equilibrio tra sapienza compositiva e poesia (quest’ultima sempre presente allo stato sorgivo, in Mozart). Meno che mai ti sarà a questo punto sfuggito che, tra l’incompiuto Requiem (terminato e goffamente strumentato da Sussmayer, allievo del Salisburghese e l’Ave verum corpus, la scelta non poteva che cadere su quest’ultimo, un mottetto fatto di tre minuti di musica d’altri mondi). Infine, mi è piaciuto molto il tua accenno alle difficoltà come ben sappiamo oggettive di cantare Mozart (musicista apparentemente “facile” che però non perdona i non-artisti); riguardo alla tua persona e carriera di musicista, peraltro, ecco che tale difficoltà è dipesa da motivazioni più profonde e strettamente personali (come lasci capire) e non da problemi tecnici per te insuperabili (avendo tu affrontato un repertorio musicale sovente arduo, sotto la guida di grandissimi direttori d’orchestra). Per finire veramente, hai compreso benissimo come lo spirito di Mozart torni di frequente a visitarmi, a farsi largo quasi prepotentemente in mezzo a tutto il bello che mi rallegra la vita.
Si. Credo che tu abbia colpito nel segno, anche qui. La mia difficoltà con Mozart era nel non dar-mi sino in fondo, appunto per non contra-ddire la fedeltà a una me stessa alle prese con i suoi estremi contrasti. Mi fa piacere percepirti nel contingente, in sintonia col genio “anarchico” in questione attraverso una liberata umanità che si rinnova quando torna a lui. Mirka
Mi fa piacere risponderti con le parole di S.Kierkegaard, estrapolate dal suo Enten-Eller, Don Giovanni :”Mozart immortale! A te devo tutto, è per te che ho perso il senno, che il mio spirito è stato colpito da meraviglia ed è stato scosso nelle sue profondità…”. Parole più belle, non avrei saputo trovarle (anche se forse già da me citate in precedenza nel blog; ma non importa). Un abbraccio